M5S dopo Di Maio: tutti i nomi in corsa
Il M5S è nell’anarchia: salta la data del 15 marzo che era stata paventata per gli Stati Generali e si discute ancora per il “dopo Di Maio”.
I pentastellati sono al bivio tra la scelta di aderire al progetto di un campo largo con il PD in chiave anti-sovranista e la “terza via” (“né a destra né a sinistra”) indicata dall’ex capo politico: durante l’assemblea plenaria dei gruppi M5S di martedì 28 gennaio è andato in scena lo scontro tra queste due visioni.
Ma chi sarà il sostituto di Luigi Di Maio? Ecco i dieci big che sembrano farsi largo.
Lo stesso Luigi Di Maio. Cambiare tutto per non cambiare niente: le gerarchie di potere sono le stesse da quando si è dimesso l’ex leader. L’impressione di molti è che si stia solo preparando per tornare.
Vito Crimi. È solo il reggente, ma rivendica “pieni poteri”. Resta in sintonia politica con Di Maio. L’esordio è stato una gaffe (non si è ricordato una delle cinque stelle), ma molti pensano che voglia consolidare il suo potere.
Roberto Fico. È l’ala progressista, a sinistra, del M5S. La carica di presidente della Camera ha stabilizzato il patto con Di Maio. E non pare intenzionato a uscire allo scoperto: meglio lavorare nell’ombra.
Alessandro Di Battista. Idolo delle folle grilline. Sempre in viaggio e in direzione ostinata e contraria. Odi et amo con Di Maio, ha flirtato a lungo con Salvini, prima di dirsi deluso. Ma il suo vero avversario resta il Pd. Non si capisce bene cosa voglia fare da grande. C’è chi dice che non si candiderà mai a leader politico e preferirà restare guerrigliero a giorni alterni.
Paola Taverna. Romana conosciuta per le sue frasi rimaste storiche (“Nun semo avvezzi a fa i vortagabbana”) e di comiziante anti Pd (“Infami, ladri, mafiosi”), per poi riconvertirsi, con tanto di laurea, in una leader quasi posata, sostenitrice di un’alleanza con i dem. Si dice lusingata di chi le chiede di candidarsi: pare la più forte alternativa a Di Maio.
Roberta Lombardi. Storica esponente M5S, ora capogruppo in Lazio, chiede di tornare “allo spirito delle origini”, che per lei consiste nell’essere “riformisti e progressisti”. Chiede una guida collegiale.
Stefano Patuanelli. È un leader che non aderisce al 100 per cento. Non ama troppo il potere ed è di idee moderate, vicine al Pd. Però, anche per queste caratteristiche, è visto come un uomo spendibile nel caso si cerchi una candidatura non divisiva.
Stefano Buffagni. Politico del Nord, governista convinto, Buffagni non si è mai allineato a nessuno, senza per questo mettersi all’opposizione. Frequenta i palazzi ma dice: “Sbagliato chiudersi nei palazzi”. Non disprezza il potere, ma dice: “Le poltrone sono un male”. Auspica a un politburo, con un leader e una segreteria a sei.
Nicola Morra. La nomina alla Commissione Antimafia gli ha dato visibilità e spazio sufficiente per rimandare il progetto di essere leader. Sulla sua regione, la Calabria si è scontrato con Di Maio: non ha votato Francesco Aiello. Da mesi organizza riunioni tra parlamentari per definire l’identità del Movimento.
Chiara Appendino. È stata evocata più volte in queste settimane, soprattutto da ambienti dimaiani, come la possibile partner di una leadership a due. Ma il suo ruolo di sindaca di Torino le rende difficile assumere impegni di vertice.