«Mi sono già mosso», rassicurava uno. «Ho da poco avuto conferma che tutto è andato nella direzione giusta, un grazie non formale», scriveva l’altro. A parlare non sono due comuni uomini d’affari. Il primo è l’ex ministro ed ex segretario del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) Luca Lotti e l’altro è Gianluca Ansalone, responsabile dell’ufficio relazioni esterne della multinazionale British American Tobacco (Bat), al secondo posto al mondo fra i produttori mondiali di sigarette e tra i principali finanziatori della Fondazione Open, la cassaforte del renzismo. Siamo a metà dicembre 2017. Mancano appena tre mesi alle elezioni e alla Camera sono stati presentati emendamenti sulla tassazione del tabacco sgraditi alla spa. I lobbisti sono in azione. Messaggi, telefonate, lunghe attese nei corridoi di Montecitorio. Ma Bat sembra avere qualche carta in più da giocare. Ha puntato da tempo su Matteo Renzi e può a quanto pare permettersi di scomodare l’allora suo braccio destro Lotti. Una scommessa fatta di finanziamenti a Open. In un documento interno della Bat, finito agli atti dell’inchiesta della Procura di Firenze e di cui TPI è venuto in possesso, è proprio Ansalone a spiegare al capo dell’ufficio legale Roland Barry e al vicepresidente del CdA Giovanni Carucci perché «queste donazioni» fossero così importanti.
La decisione di finanziare la Fondazione Open – specifica in un’email – «è stata in qualche modo tempestiva e strategica». E costituisce «uno strumento per avvicinare l’entourage politico di Renzi». Soprattutto «non è improprio dire che le prime due decisioni» (cioè il finanziamento di Bat alla fondazione renziana e il piano di investimento aziendale in Italia) siano un «prerequisito» per accedere al premier, come «confermato da Lotti» in un faccia a faccia a porte chiuse tenutosi a Firenze il 15 gennaio del 2016, alla presenza dei vertici del Giglio magico (Lotti, Boschi, Bianchi, Carrai) e dei principali «amici e sostenitori» della fondazione. Una struttura in cui l’ex premier – sostiene sempre Ansalone – non risulta direttamente coinvolto, ma «tuttavia è chiaro a tutti quanto egli abbia ispirato e ancora ispiri le attività della fondazione». A Bat doveva risultare talmente chiaro che, investiti oltre 170mila euro, non aveva problemi ad alzare il telefono e a chiedere l’intervento di Lotti.
Cene e dossier
I finanziamenti di Bat sono tra i principali elementi che hanno portato gli inquirenti a muovere l’accusa di finanziamento illecito all’ex presidente del Consiglio Renzi, all’ex ministro e attuale capogruppo di Italia Viva alla Camera, Maria Elena Boschi, all’attuale deputato dem Luca Lotti, all’avvocato Alberto Bianchi (presidente di Open) e all’imprenditore Marco Carrai. Sempre Ansalone, chattando con Bianchi il 14 dicembre 2017, del resto scriveva: «Stiamo disinnescando un’ultima bomba con Luca in legge di bilancio, poi ci facciamo un po’ di ferie e ci prepariamo per la campagna elettorale».
Per i rapporti con Bat e per quelli con la Toto Costruzioni, o meglio per i favori che sarebbero stati fatti ai due colossi ricambiando così le generose donazioni alla fondazione, Lotti è stato indagato anche per corruzione per l’esercizio della funzione. E con lui sono stati indagati Ansalone, Carucci e Alfonso Toto, oltre che, seppure per ipotesi diverse, lo stesso Bianchi e Patrizio Donnini, l’imprenditore che si occupa della comunicazione del leader di Italia Viva fin dai tempi in cui era sindaco di Firenze.
Il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi sono convinti che siano state predisposte «disposizioni normative» a favore della Bat e del Gruppo Toto per cui sempre Lotti (all’epoca anche segretario del Cipe) si sarebbe «ripetutamente adoperato». Una storia che parte da lontano, quando Renzi era ancora solo il primo cittadino del capoluogo toscano che ambiva a scalare il Pd rottamando la vecchia classe dirigente. Dopo una cena nell’elegante Harry’s Bar di Firenze, il 22 ottobre 2013, con i principali finanziatori della fondazione, che ancora si chiamava Big Bang, Bianchi inviò agli stessi un’email puntualizzando gli «impegni reciproci»: il pagamento di 100mila euro l’anno a testa per cinque anni, secondo la Guardia di Finanza. «Marco (Carrai, ndr) e io – sottolineò – siamo il terminale delle vostre comunicazioni a Matteo ogni volta che non fosse possibile interloquire con lui direttamente». Esplicito. Chi pagava si sentiva così libero di scrivere direttamente al leader, come fece Carucci il 26 aprile 2017, proponendo all’ex capo del governo un incontro con il corrispondente diplomatico a Bruxelles del Financial Times e precisando subito di essere rappresentante di «una società sostenitrice della Fondazione Open da 4 anni», oltre ad avere, tramite la stessa, «costanti contatti con Luca Lotti e Alberto Bianchi».
A tutta lobby
I finanziatori avrebbero subito avanzato anche richieste ben precise. In un fascicolo sequestrato due anni fa nello studio dell’avvocato Bianchi, c’è un elaborato intestato: «Un sistema di tassazione bilanciata» e un appunto scritto a mano, in cui viene precisato che quel materiale sarebbe stato consegnato da Carucci a Lotti il primo aprile del 2014. Nel documento si legge che, nel quadro della Delega fiscale appena approvata, l’azienda ritiene auspicabile «una revisione del sistema di tassazione». In un altro appunto Bianchi scriveva: «Per appuntamento British Tob. LL (Luca Lotti, ndr) è sul pezzo». E oltre a fornire una serie di «suggerimenti» i grandi «amici e sostenitori», come li avrebbe definiti la Boschi, sarebbero arrivati a interferire pesantemente sull’attività parlamentare. Abbastanza per far accendere un faro delle Fiamme Gialle sugli emendamenti a ben sette diversi provvedimenti di iniziativa governativa. L’attività di Bat era frenetica soprattutto sugli oneri fiscali. Il colosso del tabacco versava a Open e chiedeva interventi. In particolare a Lotti. Ansalone gli segnalava direttamente gli emendamenti che lo interessavano sulla tassazione, quelli del leghista Pini, degli azzurri Calabria, Giorgetti, Ravetto e Russo e dei parlamentari Bordo, Albini, Melilla, Capodicasa e Cimbo, del Movimento democratico e progressista. L’ex sottosegretario lo rassicurava e lui: «Abbiamo scongiurato una cosa devastante. Ti sono sinceramente grato».
L’ex collaboratore di Lotti, Alessandro Giovannelli, davanti all’aggiunto Turco e al sostituto Nastasi, ha ammesso di aver comunicato in diretta a Bat l’esito in Commissione Bilancio della discussione sull’emendamento Ravetto-ter, salvo aggiungere che si trattava di un emendamento «che non aveva possibilità di essere approvato» per il parere negativo dal Ministero della Salute, particolare che gli aveva riferito l’uomo delle relazioni esterne di Bat. Lo stesso che gli scriveva in chat: «Prevede una riforma abnorme di tutto il sistema fiscale sui tabacchi fatto senza una valutazione di impatto regolatorio e senza aver coinvolto l’industria e la filiera nel dibattito. Sarebbe un favore enorme al dominante di mercato, Philip Morris».
A quanto pare Ansalone avrebbe anche fornito in una nota a Giovannelli le ragioni per respingere quella richiesta dell’opposizione, utile al consigliere allo scopo di darla ai parlamentari «per difendere meglio la posizione». E Bat avrebbe interessato pure il capo gabinetto di Lotti, Nicola Centrone, su indicazione dello stesso esponente del Giglio magico: «Sta in contatto con Nicola, io sono fuori oggi e domani». Un’attività di lobbying di cui Ansalone parlava chattando con Lotti, che gli chiedeva come fosse andato l’incontro con l’allora sottosegretaria Paola De Micheli. «Non bene Luca – si lamentava il lobbista – la bozza di dm (decreto ministeriale, ndr) che vuole portare alla firma del ministro è penalizzante per gli operatori più piccoli e distorsivo della concorrenza». Stesse pressioni che Ansalone – una «lunga esperienza nel settore, essendo stato assistente di Rutelli al tempo della Margherita ed essendo stato nello staff del presidente Napolitano» – avrebbe fatto su Antonio Funiciello, attuale capo gabinetto di Mario Draghi e all’epoca del premier Paolo Gentiloni che, dopo aver ricevuto un appunto dall’uomo di Bat, rispondeva: «Sono già all’opera».
Battaglia in Europa
British American Tobacco avrebbe fatto pressioni anche sulle iniziative della Commissione europea, spingendo sul Ministero della Salute per far intervenire l’Avvocatura di Stato. Bianchi scrisse un’email all’allora ministro Beatrice Lorenzin perorando la causa: «Si tratta semplicemente di sensibilizzare l’avvocatura, un tuo intervento sarebbe ovviamente decisivo». Precisando anche che l’allora capo gabinetto del ministero, che attualmente svolge lo stesso incarico al Mef, Giuseppe Chinè, «conosce perfettamente i fatti». «Credo che aspetti input da te», concluse Bianchi. Messaggio di cui, interrogata, la Lorenzin dirà di non avere memoria, assicurando di non aver sollecitato l’Avvocatura che poi effettivamente aveva preso parte all’udienza. «Lo affermo al netto dell’inopportunità che Bianchi mandasse l’email mostratami», ha aggiunto. Alessandro Bertolini, all’epoca direttore affari legali e relazioni esterne di Bat, ha dichiarato di aver avuto più volte occasione di presentare le proposte della sua azienda a Chinè. Bat in passato ha finanziato anche l’Aspen Institute, organizzazione presieduta dall’ex ministro delle Finanze Giulio Tremonti, elargendo 50mila euro, la fondazione Magna Carta di Gaetano Quagliariello, con un contributo di 12.500 euro, Prima Persona, dell’ex eurodeputato dem Gianni Pittella, investendo 10mila euro, e Italia Protagonista, presieduta dall’ex ministro Maurizio Gasparri, concedendo 20mila euro. Instaurato un solido rapporto con Open, l’azienda in questo caso ha affidato un prestigioso incarico al dem Lorenzo Anichini, nominato il 26 aprile 2017 sindaco effettivo della spa. Come? Lo spiega al sostituto procuratore Nastasi lo stesso professionista, tesoriere durante la campagna referendaria del Comitato Basta un Sì: «Ricordo che fu Luca Lotti a dirmi che c’era la possibilità di essere nominato sindaco effettivo di Bat». Il 4 aprile 2017 la nomina di Anichini era stata annunciata con un eloquente messaggio WhatsApp inviato da Bertolini ad Ansalone di Bat: «Oggi alle 16 vedo Conzonato, per confermare la nomina di Anichini a sindaco così lo puoi comunicare a LL (Luca Lotti, ndr) che magari è contento e ci dà una mano».
Regali ai Signori del casello
Stesso schema con Toto, interessato a garantirsi gli affari con la Strada dei Parchi, la società che ha in concessione le autostrade abruzzesi. Sui contributi destinati al concessionario, il capo gabinetto di Lotti, Nicola Centrone, scrisse infatti su WhatsApp a Bianchi che, per gli interventi di ripristino e messa in sicurezza della tratta A24 e A25, il Ministero dei Trasporti aveva previsto un incremento del contributo da 58 milioni di euro. «Non sufficiente ma comunque positivo», commentò. «Nicola – scrisse il legale a Centrone – il Pef di Strada dei Parchi è stato mandato il 3 maggio al Mit, al Dipe, al Mef a Bonaretti. A questo punto urge richiesta di parere all’Avvocatura. Mi tieni al corrente please?».
La Guardia di Finanza è arrivata a sostenere che c’era un vero e proprio «sistema di sostegno di carattere legislativo» in favore del Gruppo Toto caratterizzato dalla sospensione della corresponsione di 55,9 milioni da parte della concessionaria per l’avvio di interventi urgenti di manutenzione antisismica, da un contributo di 50 milioni di euro, a partire dal 2021 e fino al 2025, per gli interventi di messa in sicurezza della tratta autostradale gestita da Strada dei Parchi, e dalla deroga che consente di evitare le procedure ad evidenza pubblica per una quota pari al 40% dei contratti di appalto in favore della spa. «Gli emendamenti finalizzati a tale scopo – aggiungono le Fiamme Gialle – sono stati presentati reiteratamente nel corso dell’iter parlamentare di eterogenei provvedimenti normativi anche a firma di membri di diversi gruppi parlamentari». In un contesto in cui «intervengono significativamente» Donnini e Bianchi, indagati per aver fatto a loro volta affari con Toto e facendo entrambi riferimento sempre a Lotti. Il presidente di Open infatti è accusato di aver ricevuto dal Gruppo Toto 801.600 euro a fronte di una «prestazione professionale fittizia» e, incassata la somma, di aver versato 200mila euro alla fondazione e altri 200mila al Comitato per il Sì al referendum sulla riforma costituzionale. Donnini poi, insieme ad Alfonso Toto, è indagato per traffico di influenze illecite in quanto, secondo gli inquirenti, si sarebbe fatto pagare da Toto circa un milione di euro «sfruttando relazioni esistenti con Lotti Luca». Denaro che sarebbe stato corrisposto attraverso Renexia spa, dello stesso Gruppo Toto, alla Immobil Green srl, amministrata da Donnini, indagato anche per autoriciclaggio, ipotizzando che per nascondere la provenienza del denaro avrebbe impiegato parte della somma ricevuta in due società attive nel settore del turismo e dell’immobiliare. Toto sarebbe stato un finanziatore caro al Giglio magico, davanti al quale non sarebbe rimasto insensibile neppure un altro importante petalo. Nella chat tra Alfonso Toto e l’ex presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, i finanzieri hanno infatti scoperto un interessamento di Maria Elena Boschi all’emendamento per aumentare il contributo alla concessionaria autostradale presentato dalla deputata dem Paola Bragantini, poi approvato nella fase di conversione della legge di bilancio 2018. L’ex governatore, girando all’imprenditore copia dei messaggi che si era scambiato con l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, mostrò quello in cui Meb aveva scritto: «Il Mit ha presentato emendamento diverso su A24 e A25». E poi: «Il Mit è disponibile a dare l’ok». Abbastanza per far ringraziare la Boschi da D’Alfonso e dirle: «Adesso alla conferenza programmatica del Pd abruzzese ho fatto un numero a tuo sostegno come solo un uomo che viene dal ‘900 sa fare».