Lettera a Salvini – Caro Salvini,
lei è il ministro degli Interni di questo Paese e non è affatto all’altezza del ruolo che ricopre. Questa realtà diventa sempre più evidente, ogni giorno che passa. Peccato che molti italiani non se ne rendano conto, ma arriverà il momento in cui questo accadrà, si spera non tragicamente.
Non vogliamo arrivare al punto di vedere ogni diritto calpestato e ogni conquista civile vilipesa. Lei, Salvini, non è degno del cognome che porta. Un cognome che potrebbe procurarle gloria e lustro e che invece lei smentisce, soprattutto in un periodo come questo, in cui migliaia di persone chiedono aiuto e noi osserviamo la sua opera e quanto lei combina ogni giorno davanti ai nostri occhi.
Ma non si vergogna? Anche noi potremmo avanzare richieste di aiuto, chi per un motivo chi per un altro, partendo dalle nostre singole esistenze. Ma nessuno di noi vorrebbe riceverlo nel modo in cui lei lo offre, seminando odio e zizzania, spargendo livore e rabbia.
Siamo sicuri che se come italiani chiedessimo una mano a lei e a molti di quelli che con lei si divertono a respingere navi e a chiudere porti, nulla cambierebbe per noi e per le nostre ferite. Resterebbero intatte, immutate. Ci sentiremmo solo più soli e più sperduti.
Di sicuro più arrabbiati, per essere stati abbandonati a noi stessi mentre lei, signor ministro, pensa a faccende che non solo non migliorano la nostra condizione ma addirittura arrecano ulteriore sofferenza ad altri esseri umani.
Diciamoci la verità: le condizioni esistenziali di molti di noi non sono affatto brillanti. Potrebbero brillare di più, così come Noi potremmo brillare di più, e invece ce ne restiamo con le mani in mano a guardare questo immondo spettacolo, persino a osannare un ministro che non ci rispetta, che si fa beffe di noi mentre dichiara di proteggerci.
Un ministro che tratta con disprezzo e noncuranza chi cerca soltanto una mano tesa. A lei, Salvini, non è mai capitato di trovarsi in situazioni di grave difficoltà? A noi, che osserviamo e guardiamo la realtà in questo modo, lei, ministro, non piace.
Perché è finto, mostruoso, perché costruisce realtà accampate sul nulla e di suo non realizza niente di costruttivo. Dov’è il suo lavoro? Dov’è il suo impegno? Dov’è il suo adoperarsi per la comunità? Un adoperarsi che non sia fatto solo di dichiarazioni e dimostrazioni di forza, peraltro ostentate a pancia e petto in fuori.
Siamo francamente stufi di assistere a questo scenario inglorioso, a questo obbrobrio, a questo scempio e violazione di qualsiasi valore umano. Alla distruzione di ogni faticosa conquista, di ogni passo compiuto lungo il percorso della civiltà.
“Umano” per noi è qualsiasi comportamento o tentativo di apertura, di visione, di considerazione nei confronti di chi con noi condivide lo spazio sulla terra e non si sia reso colpevole di crimini atroci.
Questo luogo appartiene a tutti, così come il cielo sotto il quale noi e lei abitiamo. Ha mai provato a immaginare cosa vedono gli occhi di chi si trova su quelle barche? Ha mai provato a figurarseli? Perché persino un bambino può cogliere la disperazione e lo strazio impressi su un volto, su quelli del proprio padre e della propria madre, e di chi ancora non ha raggiunto la terra e non ha alcuna certezza che questo potrà accadere.
Lei, Salvini, è un uomo malvagio e non perde occasione per dimostrarlo. È un traditore, un “marito” infedele della patria. E visto che si diverte sempre ad adoperare il termine “padre”, allora è bene ricordarle che non è in questo modo che si offre un esempio ai propri figli.
Un esempio attraverso il quale lei mostra costantemente di odiare e disprezzare l’umanità nella sua essenza. In cui lei calpesta continuamente la dignità altrui. Delle donne e di chi ha la pelle nera.
Lei, Salvini, fa questo e altro. Sempre, in qualsiasi momento. Da quando ha scalato il potere, lei tratta lo scranno su cui (metaforicamente) siede come la poltrona di casa sua. Ma governare un Paese non è esattamente come guardare la TV o una partita di pallone.
Il governo di un Paese esige responsabilità, moderazione, visione, superiorità morale. Perché il popolo non va trattato alla stregua di un gregge ma come un insieme di persone da elevare, da sollevare rispetto alla condizione di prostrazione in cui si trovano, soprattutto nei momenti di difficoltà.
Senza promettere illusioni, senza lasciare la gente affogare nell’immondezzaio etico che lei stesso si diverte a creare, ma aprendo la strada, mostrando la luce che scorti noi e gli “altri” verso un avvenire migliore.
Ma evidentemente di questo lei non è capace. Gli errori rappresentano una cifra della condizione umana – nessuno è perfetto – ma secondo il nostro giudizio e il nostro pensiero la misura è oltremodo colma.
Non vediamo pentimento né ravvedimento. Francamente, non ne possiamo più. Di lei, delle sue invettive, della sua violenza. Non riusciamo e non vogliamo più tollerarla. E se ne rende conto soprattutto chi tra noi si accorge degli effetti nefasti delle sue azioni e del clima di disgregazione etica e civile che le accompagna.
Lei, signor ministro, non può continuare così. Deve fermarsi e imparare come sia possibile imboccare un’altra strada, rivolta verso un futuro che sia degno di questo nome. Sempre che sia all’altezza del compito, sempre che lo voglia, sempre che non sia sua intenzione lasciarci alla mercé del caso, nudi e privi di qualsiasi riferimento e rispetto verso noi stessi e gli altri.
Noi non vogliamo più ascoltare parole e vedere azioni generate in simili condizioni di bestialità. Non vogliamo più assistere a questo spettacolo indecente. Non ce lo meritiamo noi, così come non se lo merita nessun abitante di questa terra che ha la sfortuna di capitare sotto il suo giogo.
Si ravveda se ne è capace, sempre che sia ancora in tempo. Saluti dalla comunità.
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