“Devo spammare la e-news di Renzi!!!”, scriveva entusiasta nelle chat “Leopoldine” Simona Ercolani, grande comunicatrice, autrice televisiva e produttrice, quando era alla Corte dell’ex sindaco di Firenze. Il leader di Italia viva era ancora segretario del Pd, (è ancora molto potente) e, nelle carte dell’inchiesta sulla fondazione Open ci sono anche gli scambi in cui la squadra dei comunicatori al suo servizio (oltre alla Ercolani c’era anche il marito, Fabrizio Rondolino, e tanti altri) si spremevano le meningi per trovare nomi, slogan, punti di forza in nome del Capo. Una chat un po’ goliardica in cui si alternavano brain storming e cazzeggio, al punto che Rondolino, ex spin doctor di D’Alema, suggeriva: “Manca (al video, ndr.) la frase in cui dice: “Intercettiamo illegalmente quel negro comunista di Martin Luther King”. 0 anche: “Stanotte eliminiamo quella troia di Marilyn””.
Dopo questo fiume di idee creative, la Ercolani osservava soddisfatta: “Ora cambia tutto”. E Dello Vicario aggiungeva: “Abbiamo vinto”. Rondolino concludeva: “Stravinto”. Tutti contenti. Anche perché la Ercolani aveva molti motivi di essere soddisfatta: era stata regista della Leopolda, la sua società aveva ottenuto 400mila euro di appalto dal Comi, e lei stessa era entrata a Palazzo Chigi – ufficialmente come consulente, pagata 46 mila euro l’anno, per una consulenza “sugli anniversari di interesse nazionale”. Resta da capire quali, dal Risorgimento alle e-news di Matteo.