La legalizzazione delle droghe è l’unico modo per combatterle: i dati
Arresto immediato e aumento delle pene, anche in caso di piccolo possesso di droghe: questa la proposta della ministra Lamorgese (scelta da PD e M5S), intervenuta sul tema delle droghe leggere. La posizione della ministra non è isolata: da Salvini a Zingaretti, l’orientamento proibizionista è equamente distribuito da destra a sinistra.
Ma se l’intenzione dei politici è quella di ridurre l’uso di sostanze stupefacenti, e le relative esternalità negative, l’unica strada che può funzionare è quella della decriminalizzazione. A dimostrarlo sono i dati di migliaia di studi, report e statistiche che hanno analizzato in questi anni i flussi di consumo, abuso e conseguenze relative alle droghe.
Legalizzazione droghe: il caso del Portogallo, meno consumo, meno morti, meno spesa
Il Portogallo è stato il primo, e finora unico, Stato europeo ad aver decriminalizzato il possesso di tutte le droghe, compresa eroina e cocaina. Da allora (2001) è indicato da ricercatori e scienziati di tutto il mondo come best practice di contrasto alla diffusione della droga, perché quello che è accaduto nel Paese è che dopo la decriminalizzazione, il consumo è diminuito, specialmente tra i giovani. Per dare alcuni esempi, in Portogallo, il consumo di droghe da parte di giovani (15-24) è stimato oggi intorno allo 0.2%. In Irlanda è il 9.7% (Eurobarometro).
Non solo, sono diminuiti drasticamente anche i casi di contagio da HIV da siringa e persino la spesa pubblica sanitaria, (-18%) (Eurostat). In Portogallo il tasso di consumatori di cocaina è 4 volte meno dell’Italia, che detiene il triste record di paese che più fa consumo di cocaina in Europa (Global Drug Survey 2018).
Risultati simili si registrano per consumo di anfetamine, e cannabis, con un consumo nella popolazione adulta stimato all’8% in Portogallo e al 20.9 % in Italia. Sempre il Portogallo vanta una percentuale di decessi da uso di droghe nettamente inferiore alla media europea: con 3 casi ogni milione di abitante, contro i 9 dell’Italia (European Drug Report).
Legalizzazione droghe, il resto del mondo: meno danni, più introiti
Non è stato solo il Portogallo a beneficiare di politiche antiproibizioniste. Anche Canada, Uruguay e Stati Uniti hanno registrato enormi esternalità positive, dall’aumento degli introiti nelle casse dello Stato (un miliardo di dollari nel solo Stato del Colorado e 186 milioni in Canada in soli 5 mesi dalla legalizzazione), alla creazione di posti lavoro (oltre 300.000 negli Stati Uniti), fino alla diminuzione del numero di crimini violenti (Drug Policy Alliance, 2018).
È stato inoltre dimostrato che la legalizzazione della cannabis ricreativa in Colorado, Oregon e nel Distretto di Washington D.C. ha portato ad una diminuzione delle morti da overdose (-16% in Colorado), e gli incidenti stradali dovuti a uso di sostanza psicotrope. I dati dimostrano che sia l’alcool il maggior responsabile degli incidenti stradali, prima causa di morte per i giovani under 30 negli Stati Uniti (US National Institutes of Health).
L’alcool è ritenuto un prodotto alternativo alla cannabis, e dove è stata approvata la legalizzazione è diminuito anche il consumo di superalcolici (stimato al -15%). Oltre ai dati che riguardano il consumo, sono stati registrati altri vantaggi per i cittadini, tra questi la velocizzazione dei processi, la maggiore velocità di intervento della polizia, libera, evidentemente, dal perseguire gli episodi legati a detenzione e spaccio, fino ad un miglioramento delle condizioni dei carceri. Quest’ultimo elemento non è di poca importanza, considerato che in Italia il 34% dei detenuti si trova a scontare pene legate alla violazione del TU stupefacenti, insieme di norme che regolano l’uso di sostanze stupefacenti.
La soluzione per l’Italia
Gli studi compiuti e i dati registrati in questi ultimi vent’anni dimostrano che legalizzare o decriminalizzare è una strategia di prevenzione che permette di ridurre gli effetti negativi dell’uso e dell’abuso di sostanze stupefacenti, e le esternalità negative ad esso associate. Non sorprende che in passato si siano espressi a favore della legalizzazione personalità come Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, magistrati, esperti e medici come Umberto Veronesi.
D’altro canto, gli interessi legati al proibizionismo sono molti: una nostra precedente inchiesta aveva dimostrato il collegamento tra interessi di case farmaceutiche e società produttrici di alcolici e il sostegno a politiche proibizioniste. Questi intrecci di potere ed interessi politici ed economici costituiscono uno degli elementi di base del contrasto alle proposte di legalizzazione o decriminalizzazione. Una cosa è certa: i dati dimostrano che la guerra alla droga, nel nostro Paese, non ha funzionato.
I record di consumo e i miliardi di euro spesi nei tentativi di contrasto sono solo l’ultima conferma di un fatto che sembrava ormai evidente a tutti. La politica se sarà in grado di applicare un metodo scientifico a questa decisione, non potrà avere dubbi: l’unico modo per combattere le droghe, è quello di legalizzarle.