La Lega è la lista più votata in un’unica provincia. Un risultato non scontato per una forza politica uscita quinta dal voto popolare e ben distante dalle prime due liste più votate, ma la cosa meno scontata è di quale provincia si tratti. Perché, fino a una quindicina di anni fa, se qualcuno ci avesse chiesto di indovinare di quale provincia si potesse trattare, ci saremmo scervellati se fosse Sondrio, Varese o Treviso. Stiamo invece parlando di Isernia.
Per quanto la vittoria nella provincia molisana sia da legare a una circostanza specifica – nello specifico, la candidatura di Aldo Patriciello da Venafro, già Forza Italia e UDC, che ha sempre totalizzato nella sua città un numero bulgaro di preferenze -, andando a vedere nello specifico i dati del Carroccio nelle diverse regioni e province italiane, sembra che siamo di fronte a un fenomeno più strutturato che potrebbe rappresentare un ulteriore passo di una metamorfosi della Lega in atto da anni.
Giusto per avere un termine di paragone, nel 2009, in occasione delle europee che rappresentarono l’ultimo voto a livello nazionale del partito a guida Umberto Bossi, la Lega ottenne il 10,2 per cento dei voti, un risultato molto simile al 9,1 di questa tornata elettorale. Se andiamo però a vedere la distribuzione territoriale del voto, ci accorgiamo però di un quadro drasticamente cambiato. Prendiamo ad esempio il dato di Sondrio, tradizionale feudo del Carroccio e secondo miglior risultato leghista alle ultime europee: quest’anno la Lega ha ottenuto lì il 19,7 per cento, meno della metà del 41,5 del 2009. Ma spostandoci anche in altre regioni, come in Veneto, vediamo che a Treviso il dato della Lega tra il 2009 e il 2024 è passato dal 34,3 al 16,9. Se invece prendiamo in considerazione una provincia del centro-nord in cui la Lega anche nei momenti di maggiore gloria ha sempre stentato a sfondare, ovvero la rossa Bologna, assistiamo a un altro dato interessante: nel 2009 la Lega aveva il 7,3, una percentuale inferiore alla media nazionale ma decisamente superiore al dato del centro-sud in cui la Lega faceva percentuali da prefisso telefonico, mentre nel 2024 ottiene il 4,5. Un dato non solo basso, ma il terzo peggiore d’Italia, inferiore a qualsiasi provincia del sud tranne Bari e che ci fa capire quanto il voto sia ormai più uniforme.
Se invece facciamo il paragone sulla provincia di Isernia, dove la Lega quest’anno è arrivata prima con il 26,1 e nell’ultima tornata con Bossi alla guida ottenne appena lo 0,6, potremmo pensare ci si trovi di fronte a un episodio specifico, ma andando a vedere altre provincie capiamo come sia un fenomeno più diffuso. A Catanzaro, ad esempio, la Lega fa un 14,6 per cento: nel 2009 fu appena l’un per cento.
Il quadro che ci troviamo di fronte, dunque, è di una Lega sempre meno nordista non solo come idee ma anche come elettorato, con una mappa dei voti molto più bilanciata rispetto all’epoca in cui faceva il pieno al nord ed era presente solo in maniera simbolica, se non addirittura assente, a sud della Toscana. Una metamorfosi che Salvini ha messo in campo da tempo ma che, lasciata alle spalle l’epoca in cui la Lega prendeva il 34 in tutta Italia, ha lasciato spaesati molti esponenti storici, abituati a un partito del nord e che oggi si trovano un partito nazionale di area sovranista che ha scelto in Roberto Vannacci il proprio frontman per queste europee. Non è un caso che proprio il giorno del voto europee è stata diffusa la notizia secondo cui Umberto Bossi, il fondatore della Lega, avrebbe votato Forza Italia con preferenza a Marco Reguzzoni in dissenso all’attuale linea del partito. Forse tanti altri elettori storici hanno fatto scelte simili, mentre altri ne sono spuntati in altre parti d’Italia: il ritratto di una nuova Lega.