Italia paese che non scende in piazza – Siamo un Paese che si è disabituato a scendere in piazza. Seduti sul divano, ci piazziamo davanti al nostro social network preferito e lanciamo strali contro i nostri presunti avversari politici inondando le bacheche nostre e altrui.
Cerchiamo conferma dei nostri mugugni su siti per niente affidabili e poi quando troviamo un articolo che riprende esattamente il nostro pensiero lo sventoliamo agli amici e ai parenti al grido di “hai visto? Hai visto? L’avevo detto, io”, come tanti piccoli Puffi quattrocchi.
Abbiamo magari il nostro quartiere invaso dai rifiuti ma ci limitiamo a scriverlo nei nostri gruppi whatsapp, protestando con l’aperitivo in mano al bar e poi complimentandoci con i nostri figli che invece in piazza ci scendono per davvero, in carne e ossa, per combattere il cambiamento climatico, proprio loro che dovrebbe essere quelli “malati di internet” e invece conoscono benissimo il valore di un corteo, di uno striscione e di uno sciopero.
Quando vediamo gli altri andare in piazza pensiamo che forse davvero deve essergli successo qualcosa di grave, a quelli lì, che si sono presi la briga di fare un cordone, un picchetto o una camminata che attraversa la città ma spesso non ne conosciamo il motivo, sbuffando per un semaforo interrotto o lamentandoci per il troppo chiasso sotto le nostre finestre.
Italia paese che non scende in piazza – Troviamo inaccettabili i comportamenti di certi politici ma poi inspiegabilmente non riusciamo a empatizzare con i contestatori: del resto basta scriverlo su Facebook che non ci piace, che non vi piace.
Il Paese delle lotte operaie e del movimento studentesco dei decenni passati si illude di spostare l’opposizione politica nel mondo virtuale, come se basti qualche clic assestato bene per soddisfare il proprio agire politico, come se per il resto andasse tutto bene così, tanto ci sarà sempre qualcun altro per noi.
E i partiti? A sinistra i partiti scendono in piazza molto meno perché hanno paura delle piazze vuote, che da sempre sono l’inizio inevitabile di un movimento che poi si allarga ma hanno troppa paura del fallimento e quindi si ritirano in buona pace.
Siamo un Paese che ha disimparato lo scendere in piazza per andarci a riprendere quello che è nostro e non ci potrebbe essere notizia migliore per il Potere, che tira i fili della comunicazione e se la gioca tutta lì.
Eppure le piazze piene, le persone accomunate dallo stesso indignato sentire, sono da sempre l’arma più efficace contro le ingiustizie e contro i diritti negati. E chissà se qualcuno, tra l’opposizione, avrà voglia di uscire dallo schermo, di darci meno lezioni di radicamento e provare a sporcarsi le scarpe, a consumare le suole. A opporsi, del resto.
Insegniamo l’empatia nelle scuole italiane (come avviene in Danimarca)
Sara Gama e le azzurre sovvertono la fallocrazia sportiva (senza chiedere il permesso)
Migranti: se Salvini diserta 6 vertici europei su 7 (e poi vuole mandarli in Vaticano)