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    Ecco l’Italia di Giorgia: viaggio tra i sostenitori di Meloni

    Dai giovani militanti ai salviniani pentiti, dalle periferie agli imprenditori del Nord. Chi e perché ha votato FdI. L'articolo sul nuovo numero del settimanale di The Post Internazionale, in edicola da venerdì 30 settembre

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 1 Ott. 2022 alle 13:28 Aggiornato il 1 Ott. 2022 alle 18:02

    «Noi non siamo i fascisti del terzo millennio, siamo ragazzi che fanno politica a destra e portano avanti valori tradizionali che esistevano al di là del fascismo e prima del fascismo, valori che hanno costruito e fondato la nostra civiltà». Simone D’Alpa ha 31 anni e viene dal quartiere Trieste Salario, a nord-est di Roma. Fa il graphic designer e milita nei movimenti giovanili nati in seno ad Alleanza Nazionale prima, e a Fratelli d’Italia poi, da quando aveva 17 anni. Respinge le accuse di fascismo e le «altre etichette fantasiose» che in questi giorni sente attribuirsi dalla stampa italiana ed estera appellandosi a un pantheon preciso di valori: fede, patria, famiglia, «che hanno mosso i ragazzi durante il risorgimento italiano per unire l’Italia, che hanno fondato Roma e Atene», spiega a TPI. Sul ventennio ha le idee altrettanto chiare: un periodo storico “da analizzare” di cui condanna la dittatura, lo Stato totalitario, la guerra, ma di cui salva i valori ereditati da tradizioni precedenti e a cui il movimento di cui oggi è dirigente, Gioventù Nazionale, si ispira, che «hanno fatto grande l’Italia nella storia» e che non hanno a che fare con le leggi razziali. Quelle sì, da condannare.

    Valori e idee

    D’Alpa «non crede nella politica degli egocentrismi personali, ma in una comunità che porta le proprie idee e attraverso un partito le veicola all’interno delle istituzioni» e non ambisce a entrare, un giorno, in Parlamento. Ma se proprio deve scegliere un personaggio politico a cui guardare, quello è Fabio Rampelli, dello stato maggiore di FdI, ex vicepresidente della Camera rieletto con i voti dei Municipi a est di Roma, a cui fa capo il suo gruppo politico. «Ha fatto gavetta come me, è partito dal mondo giovanile, e ha avuto idee avanguardiste per riformare la destra giovanile in Italia, e per me conta il percorso», precisa il 31enne.

    I valori in cui crede e che difende lucidamente hanno spinto molti giovani a riempire, negli ultimi anni, le file del movimento: oggi Gioventù Nazionale conta 50mila iscritti, di cui la maggior parte – 8mila – nella Capitale. Una parabola ascendente che ha beneficiato dell’exploit del partito stesso, Fratelli d’Italia, primo nel Paese con circa 5 milioni di elettori in più rispetto al 2018, dopo quattro anni e mezzo trascorsi saldamente e senza tentennamenti sui banchi dell’opposizione. D’Alpa ha celebrato il traguardo storico del partito insieme ai suoi coetanei nel comitato elettorale durante la notte che ha incoronato Giorgia Meloni sulle note di “A mano a mano” di Rino Gaetano, brano che dà il senso di un percorso lento e faticoso iniziato da lontano, da quando nel 2013, a un anno dalla fondazione, non superarono la soglia di sbarramento in Senato.

    Ma la dedizione e lo spirito di sacrificio, il lavoro sui territori, il senso di comunità che i giovani difendono hanno evidentemente portato i propri frutti. La loro visione del mondo, diffusa anche nelle varie scuole di politica organizzate dalla Gioventù Nazionale, è questa: «donarsi, sapersi donare a una causa, avere l’umiltà di imparare e crescere sempre di più, non sentirsi mai arrivati, puntare sempre in alto», sintetizza ancora il dirigente nazionale. Lo stesso spirito che sembra aver animato il percorso di Meloni.

    Gli ex leghisti

    Non tutti i giovani del movimento, come D’Alpa, sono militanti della prima ora. Ci sono anche ex elettori della Lega che hanno cambiato bandiera dopo la scelta di Salvini di entrare a far parte del governo Draghi. Come Vittorio Longhi, 21 anni, originario del quartiere romano di Tor Pignattara, colpito dalle promesse di Meloni in materia di energia ed economia.

    «I suoi programmi rilanciano il lavoro e i giovani, la diversificazione delle risorse, che è anche un bel modo per staccarsi dal giogo dei russi, rilancia il nucleare che per molti è ancora un tabù, sostiene il Made in Italy come nessun altro, vuole sostenere il tessuto economico italiano che manda avanti la nazione», spiega durante il comizio finale organizzato dal centrodestra unito in Piazza del Popolo, dove a dominare il panorama erano proprio le bandiere sventolanti di FdI. Per Longhi, vicino a idee di centrodestra, Meloni è la leader che meglio rappresenta i suoi valori, e che più di altri trasmette la sensazione di voler proteggere Patria, lavoro e imprese: un fil rouge che accomuna gran parte dei vecchi e dei nuovi elettori di Fratelli d’Italia, attratti dall’immagine rassicurante di una donna che parla chiaro e che comunica un senso di disciplina e dedizione. Soprattutto, amore per il Paese.

    Al mercato

    Sono quasi tutti d’accordo al mercato di Tor Bella Monaca, estrema periferia romana e cuore del Municipio VI, l’unico governato dal centrodestra a Roma e da un presidente in quota Fratelli d’Italia, l’imprenditore del consorzio metro C Nicola Franco. Proprio la metro C è la linea che dal 2018 collega il quartiere benestante di San Giovanni con i municipi periferici delle “Torri”, dove la povertà, l’isolamento dall’area metropolitana, la mancanza di politiche attive e il Tmb di Rocca Cencia sono solo alcune delle problematiche che ostacolano lo sviluppo del territorio. È questo il collegio che ha eletto Rampelli con il 43 per cento di voti, contro il 26,93 per cento della candidata del centrosinistra, Rossella Muroni. Con non troppa sorpresa, dopo il 61 per cento di preferenze guadagnate solo l’anno scorso da Franco. Ma Tor Bella Monaca è stato anche il quartiere con il più alto tasso di astenuti (pari al 56,6 per cento) insieme a Ostia. Chi ha votato, però, ha scelto in gran parte Meloni.

    «È dura, è sincera e dice le cose come stanno», spiega Felicia, 29 anni, mentre vende frutta, latticini, frutta secca e verdura in uno dei banconi alimentari del mercato. È originaria di Salerno, dove le sue amiche prendono il reddito di cittadinanza «anche se lavorano». Per lei, che ha iniziato i primi lavoretti all’età di 14 anni per 10 euro al giorno, «è assurdo che un giovane prenda un sussidio» statale invece che rimboccarsi le maniche e trovare un impiego. E proprio la promessa di sottrarre il reddito di cittadinanza ai più giovani l’ha convinta a votare Meloni e le ha dato speranza per il futuro, anche se questa «è solo una prova», precisa. Tra i problemi che affliggono l’attività che porta avanti insieme al fidanzato e al cognato, 31 anni e fedele a Meloni e Alleanza Nazionale da sempre, c’è proprio il rincaro dei prezzi, che l’ha costretta a fissare il prezzo del formaggio a 40 euro al chilo «anche se siamo al mercato», o a pagare una spesa completa al supermercato 130 euro, quasi il doppio di quello che spendeva l’anno scorso. Ma Felicia crede che Meloni possa aiutarla, «se vuole e se riesce a mettersi con persone della sua stessa idea lo può fare, se nessuno la ostacola ai piani alti, in Parlamento, vediamo che succede», afferma.

    Fattore “D”

    “È una donna!”, ripetono quasi in coro le clienti del mercato parlando di Meloni, utilizzando lo stesso tono con cui la premier in pectore ha arringato le folle nel celebre discorso pronunciato nel 2019, quando esplicito chiaramente i confini della sua identità: donna, madre, cristiana. Sono più anziane di Felicia, hanno dai 70 anni in su, prendono la pensione, e l’elemento di novità della leader, in un quartiere che nel 2018 aveva scelto il Movimento 5 Stelle, è proprio il suo genere. «Ci credo di più nelle donne», conferma Alessia, 42 anni, alla guida di un altro bancone alimentare. È proprio lo stile di comunicazione di Meloni ad averla colpita. «Anche io sono madre, ma non sono certo colta come lei», scherza sorridente. «Ci devono aiutare perché ci stanno portando nella povertà assoluta – continua mentre il tono si fa più serio – c’è chi si impicca a causa dei debiti, ci stanno togliendo da mangiare, stanno facendo un disastro su tutto. Secondo me qualcosa loro la possono fare. Io le do fiducia: la vedo parlare e secondo me è una persona vera».

    Società “allo sbando”

    Anche il discorso sulla famiglia tradizionale e sui diritti attecchisce tra le nuove elettrici di Meloni, confuse da una società percepita come “allo sbando” proprio per l’assenza di valori. «Sicuramente i gay devono avere gli stessi diritti, tutto quello che dicono, ma alcune cose Meloni non le ha dette sbagliate. Adesso un altro poco e sembra che tutti quanti sono così, non riusciamo più a capirci nulla», continua Felicia. «Invece lei dice che ci devono essere delle valutazioni profonde per crescere un bambino, è importante la famiglia, ci vogliono il padre e la madre». E anche la fede: «Tutti odiano Papa Francesco, i giovani non vanno più in chiesa».

    «Sono cresciuta senza padre, come lei, e so quanto è importante averne uno, e sono felice che mia figlia ne abbia uno. È giusto che ci sia una legge che dice che ci deve essere un uomo e una donna, è importante avere anche un uomo in casa. Quando c’è amore puoi essere quello che vuoi, ma c’è anche una visione che conta, quelle altre non sono normali, sono anormali e non aiutano un bambino come una famiglia tradizionale, perché la vita è difficile e creare difficoltà psicologiche aggiuntive non aiuta», afferma Emanuela, 44 anni, due figli ventenni e una sorella disabile a carico, mentre acquista un romanzo rosa nella libreria “Le Torri” del centro commerciale di Tor Bella Monaca, quello che, nel 2021, si rifiutò di vendere la biografia di Giorgia Meloni, zona franca di un quartiere che ormai vota per la maggioranza a destra. La sinistra si è ristretta a favore degli altri partiti con la riduzione dei circoli, iniziata nel 2008 – anno della fondazione del Pd – e andata avanti fino alla chiusura, sei mesi fa, di uno di quelli più antichi, che sorgeva proprio a ridosso della discarica di Rocca Cencia, dove la gente chiede di istituire i protocolli per i tumori.

    L’esultanza

    Intanto, a pochi metri, nel circolo elettorale di Meloni istituito nel quartiere limitrofo di Torre Angela, i militanti gioiscono. «L’ho votata, abbiamo vinto, è come se vince la Lazio, che fai non sei contento?», afferma un passante in auto mentre Alberto Grazioso, attivista di 56 anni, inizia a smontare. «Non siamo apparsi all’ultimo a fare le passerelle e a dire “votateci”, se crei un rapporto di amicizia la gente poi ti vota», dichiara. «Questo è un municipio che parte da oltre il raccordo anulare fino all’estrema campagna romana, abbiamo tantissime questioni, dalla discarica di Rocca Cencia alle altre problematiche legate ai rifiuti. Abbiamo fatto tantissime iniziative», spiega. Tra quelle che i cittadini ricordano c’è la pulizia delle strade, la ristrutturazione di alcuni tratti di asfalto o l’acquisto delle spazzatrici. Tanto che, racconta ancora Grazioso «qui l’hanno votata tantissime persone che non votavano o votavano altro. Il rappresentante di lista del mio seggio era del M5S, mi ha detto di aver fatto fatica perché avrebbe voluto votare lei. E poi con lei stai tranquilla – conclude – se adesso viene qua non è che fa come i presidenti del consiglio con la erre moscia».

    Il voto del Nord

    Ma le ragioni della vittoria di Meloni non si fermano all’estrema popolarità guadagnata nelle periferie grazie a un mix di messaggi chiari, tradizione politica e valori tradizionali: per comprendere la natura della nuova base elettorale bisogna guardare anche a nord, in quelle regioni dove Fratelli d’Italia ha sottratto voti alla Lega a suon di convention tra imprenditori – il Veneto e la Lombardia – diventando primo partito. A parlarne a TPI è Giovanni Diamanti, fondatore di Youtrend e originario di Vicenza.

    «Basta guardare una mappa per capire che il travaso di voti dalla Lega a Fratelli d’Italia è diretto ed evidente: il consenso del partito al nord è superiore rispetto al resto del Paese, è cambiata la geografia elettorale di FdI», spiega. In Veneto Fratelli d’Italia si è inserita fortemente nello scontento della base leghista, che ha investito sul tema dell’autonomia e si è vista tradita da un partito che da essere il riferimento degli autonomisti è diventato improvvisamente nazionale. «Su questo si è inserita Meloni – continua Diamanti – come una sorta di nuovo partito timone del centrodestra». Un timone prima rappresentato da Forza Italia, in seguito dal Carroccio e infine, appunto, da FdI. «I voti intercettati sono in larga misura quelli dati alla Lega nel 2018 e nel 2019», continua l’analista.

    Ma in questo caso si parla di un elettorato moderato di centrodestra, di categorie produttive che «guardano a Giorgia Meloni soprattutto per una questione di credibilità personale e coerenza della leader» dopo il crollo di Salvini nell’estate del 2019. «Il lavoro sull’impresa fatto al nord è importante e parte da lontano, così come il lavoro di rassicurazione su temi economici, finanziari e internazionali. Meloni ha girato molto, ha incontrato imprese, ha un programma che non definirei di pura destra sociale ormai, che ha metabolizzato e rivisto molte tematiche care a quell’area politica, più moderato sui temi economici, andato di pari passo a un sempre maggiore atlantismo e impegno sulle tematiche internazionali. Ha toccato molti territori», prosegue Diamanti. Tra gli ultimi eventi la convention programmatica organizzata a Milano ad aprile scorso proprio per parlare al mondo produttivo nel nord. «Ma non si può negare – conclude l’esperto – che una parte importante del successo di Meloni al nord inizia dal Papeete, da allora la base elettorale di centrodestra ha visto in lei la nuova leader, che dà più certezze».

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