«Mi è parsa un po’ frettolosa la Giunta nel respingere una serie di richieste istruttorie avanzate per capire esattamente cosa sia successo. I messaggini WhatsApp sono stati acquisiti nel cellulare di una persona che non era parlamentare e il magistrato non poteva conoscerne il contenuto. Non capisco dunque come la relatrice possa sostenere che per acquisirli andava chiesta l’autorizzazione preventiva». La scelta fatta dalla Giunta per le autorizzazioni del Senato di promuovere sul caso Open che coinvolge Renzi un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte Costituzionale suscita dubbi al costituzionalista Massimo Villone, emerito di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, editorialista, parlamentare per quattro legislature ed ex presidente della Commissione affari costituzionali di Palazzo Madama.
Professore ritiene dunque che non vi siano state violazioni costituzionali da parte della Procura di Firenze?
«Non si può chiedere l’autorizzazione prima di acquisire i messaggi contenuti in un telefono di chi non è parlamentare non sapendo cosa contiene quel dispositivo. Mi sembra una tesi abbastanza singolare e c’è da capire anche quando la corrispondenza è corrispondenza. La Corte Costituzionale poi ci dirà se ci sono state violazioni, ma la vedo un po’ tirata questa tesi che si è voluto far passare in Giunta».
A suo avviso anche il conto corrente può essere considerato corrispondenza?
«A me sembrano tesi un pochino eccessive, perché così si crea un’area caretterizzata da opacità e oscurità probabilmente superiore a quanto sia l’articolo 68 della Costituzione che la legge 140 vogliono definire».
Più volte, anche durante le indagini preliminari, il senatore Renzi ha scritto ai pm, diffidandoli per quanto riguarda l’acquisizione di documenti che lo riguardano e paventando violazioni costituzionali. Sul fronte dei conflitti tra poteri tali note ritiene possano rappresentare un conflitto o più in generale un’indebita invasione di campo?
«Questa è una manifestazione di opinione del senatore Renzi e non l’esercizio di un potere in senso proprio. Lui comunica che a suo avviso alcune cose non si possono fare, ma non può determinare o condizionare l’operato del magistrato. Da questo punto di vista il conflitto in senso tecnico non si vede emergere, mentre quello che si vede emergere è il tentativo un po’ maldestro di estendere oltre misura la copertura a una realtà che lo riguarda fino a un certo punto. Non è lui la fondazione».
In questo come in altri casi del genere non vi è il rischio che la giusta immunità si trasformi in impunità?
«Credo che la Corte Costituzionale abbia fatto opera di chiarimento. La garanzia vera sta lì, perché la Corte se si determina il conflitto dice in quale caso la magistratura può procedere. La riforma dell’articolo 68 intendeva evitarlo. Veniamo da un regime in cui si negava l’autorizzazione a procedere per assegno a vuoto e credo che quel regime sia definitivamente superato. C’è la Corte che quando una delle due Camere va oltre il ragionevole è certamente in grado di mettere le cose a posto e lo fa senza problemi».
Continua a leggere sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui.