Quasi 200mila ettari di boschi andati a fuoco nei primi otto mesi del 2021, l’equivalente di 270mila campi di calcio. Stato di emergenza in Molise, Calabria, Sardegna e Sicilia. Milioni di animali selvatici arsi vivi. E abitazioni abbandonate, coltivazioni distrutte, bestiame bruciato o disperso. Sei morti. Per un danno economico che ammonta – secondo l’Uncem, l’Unione dei Comuni e delle Comunità montane – a una cifra stratosferica: un miliardo di euro. Da dove partire, se non da qui, per raccontare il fallimento della grande riforma Renzi-Madia, quella che nel 2015 ha soppresso il Corpo forestale dello Stato in nome della razionalizzazione delle forze di polizia e del risparmio?
Sono passati sei anni e i conti non tornano: le spese sono esplose, il servizio antincendio è allo sbando, le competenze divise tra cinque amministrazioni hanno portato la burocratizzazione alle stelle. La siccità del 2021 ha fatto il resto. “Già sulla carta era chiaro che la riforma non poteva funzionare. E infatti non ha funzionato”, racconta Maurizio Cattoi, ex forestale, oggi deputato del M5S, autore del dossier S.O.S. Foreste, che il nostro giornale ha visionato in anteprima.
Per leggere la storia completa sul settimanale The Post Internazionale-TPI clicca qui.