Andrea, Italia Viva va verso Forza Italia o il contrario?
«Io auguro al Cavaliere altri mille anni di vita. Sta tornando, lo aspettiamo. Senza di lui Forza Italia scompare. Ma Italia Viva mi pare sia all’opposizione, no?».
E il centro?
«L’area culturale esiste, è politicamente corposa, ma elettoralmente esigua».
È recuperabile?
«Serve. E può farlo un cartello Renzi-Calenda-Bonino, oppure uno diverso con Forza Italia. I suoi voti però sono proprietà di Berlusconi».
Cioè?
«O lui tocca con una mano sulla spalla qualcuno, e lo fa erede, oppure prendergli i voti è impossibile. Quelli che andarono a Renzi alle europee 2014 erano una scappatella».
Potrebbe essere Renzi l’erede?
(Ride). «Non lo so. Per me è quello che gli somiglia di più, per mentalità».
Andrea Ruggeri. Ex portavoce del Cavaliere, ex compagno di Anna Falchi, nipote di Bruno Vespa, e oggi neodirettore responsabile de Il Riformista (Renzi sarà direttore editoriale). Dopo la nomina, sui media, è più ricercato di Jennifer Lopez. Lo definiscono «traghettatore tra Forza Italia e Renzi» (La Repubblica) e lui, alla romana: «Ma che stai addì!!! Mai nemmeno pensato. E poi figurati se a Matteo serve un traghettatore…».
Regola della casa: qui si parte sempre dalla biografia…
«Sono il primo nato romano di una famiglia di aquilani purosangue. Mio padre è un seriosissimo professore universitario di scienza delle costruzioni, mia madre una donna smart: insegnava materie tecniche alle superiori».
E tu facevi a botte con i rossi al Mamiani.
«Ma figurati! Ero spavaldamente liberale e sfacciatamente filoamericano, ma mai botte: roba da sfigati».
Lo dici come se fossi più trasgressivo di Pieró Pelù…
«Fidati: nel liceo più rosso d’Italia non era facile. Il Mamiani era un’accademia di ortodossia ultracomunista».
E chi erano questi comunisti trinariciuti?
«Tutti, dai professori a Matteo Orfini, un anno più grande di me, stessa sezione».
Siete amici.
«Sempre stato simpatico. Lo ricordo in piazza, tra bandiere falce e martello, contro Berlusconi che voleva abolire l’Articolo 18. Alla fine l’ha abolito lui, con Renzi, anni dopo! La sinistra italiana ha una memoria cortissima. Erano in ginocchio ai piedi di Matteo, hanno votato tutte le sue riforme, vinto come mai, e ora lo dipingono come un mostro».
È il momento di tuo zio, Bruno Vespa.
«Lui e mia zia sono una seconda famiglia e i miei cugini sono come fratelli, sia per me che per mia sorella Valeria».
La tua maturità?
«Una professoressa assenteista mi fece ammettere con un voto basso per impedirmi di prendere il 60! Ero un ribelle, per loro. Faccio bene gli scritti e scena muta, per protesta, all’orale. Poi scappo a New York».
Nell’attico di qualche amico vip reaganiano…
«Macché, in un ristorante, cameriere. Sto benissimo, perfeziono l’inglese, scopro il mondo».
Però torni?
«Ecco… Lì arriva zio Bruno. Sbarca in America per lavoro e, con in mano una lettera di mia madre, tuona: “Ma che ristorante e ristorante! Torni e fai l’università. Basta bambinate Andrea!”».
Osso duro?
«Uhhhhh…. Di marmo. Mi riportò in Italia per i capelli. Che infatti sono rimasti lì (ride). Torno e mi laureo in Giurisprudenza. Faccio la pratica da un luminare, Vittorio Virga. Poi il grande salto: ragazzo di bottega da Grazia Volo».
Regina del foro, moglie di Paolo Liguori.
«Terza donna della mia vita, dopo mamma e zia. È d’acciaio. Mi mette sul processo Mannino, da praticante: un incubo. Studio tutti i verbali dei pentiti di 270 udienze. Sto bene a Il Riformista anche per questa gavetta».
Perché?
«Sulle carte capisci cos’è un processo politico. Titoli a effetto, regia mediatica, pettegolezzi, bugie. Fatti e prove, zero. A Mannino rubano 17 anni di vita. Poi viene assolto. Io mi sarei suicidato».
Ma a te non bastava.
«Volevo imparare a comunicare in tv e poi fare politica».
Influenza di zio Bruno?
«Macché! lui mi diceva, serissimo: “Fai una cazzata. É un mestiere incerto, impossibile da fare, oggi”. Aveva ragione. In Rai prima mi davano del raccomandato e mi penalizzavano. Con tutto che mio zio Bruno non interferiva. Anzi».
Inizi come autore e cronista.
«Con Masotti, Milo Infante, Anna La Rosa. E poi a “L’Ultima Parola”».
Con Paragone.
«Diceva, con onestà: “Sono alla Rai in quota Lega, ma amo Berlusconi”. All’inizio il programma non decollava, poi Gianluigi ha l’intuizione della svolta rock e grillina. Non era il mio karma ma funzionò. Però…».
Cosa?
«Gianluigi entra in Rai da difensore del libero mercato e ne esce da guru di dietrologi anticapitalisti, anticamericani e no vax. Un bel carpiato… Ma siamo rimasti amici».
Poi “Radio Londra” con Ferrara.
«Intelligenza cristallina, sfacciata; un burbero affettuoso».
Per undici anni sei stato con Anna Falchi.
«Me la fece conoscere mio cugino Federico. La storia più importante della mia vita. Lei e sua figlia Alyssa i miei due grandi amori, grazie a loro oggi sono un uomo migliore. Poi è finita».
Eri geloso?
«Macché: quando mi facevano complimenti, anche scurrili, ero felice».
E lei?
«Molto spiritosa. Quando ci siamo conosciuti è entrata nella mia vita con Alyssa, oggi adolescente, allora neonata: per me come una figlia».
Però vi siete lasciati.
«Sì, un anno fa. E non benissimo. Non mi è piaciuto scoprire i miei problemi di coppia da una sua intervista a un settimanale. Detto ciò, le voglio bene e auguro a lei e Alyssa ogni la felicità».
A “Virus” eri con Porro.
«Nicola è lucido, brillante, simpaticissimo».
Il gancio con Berlusconi?
«“Ti voglio in un programma sulla malagiustizia”. Ero in tuta con Anna al centro commerciale. Squilla il telefono: “È Arcore, le passiamo il presidente”. Lo incontro più volte tra Arcore e Palazzo Grazioli. Ero emozionato. Scatta subito una simpatia».
E poi?
«Il programma sparì… ma sono andato a lavorare con lui. Ero ad Arcore per “Virus”: passo una giornata con il Cavaliere. C’è Marina, mangio con loro e lui mi propone: “Vieni a lavorare con me?”. Io: “Quando?”. E lui: “Scegliti la scrivania”. Ero da lui 48 ore dopo».
Un momento difficile?
«Il peggiore di sempre, dopo la decadenza da senatore. Fuggivano tutti: Verdini, Bondi, Bonaiuti… Un collega Rai, poi di nuovo berlusconiano, mi disse: “Vai a Salò?”. Navigavo controcorrente».
E tu?
«Citavo una frase geniale di Gary Lineker: “Il calcio è uno sport in cui si gioca 11 contro 11 e alla fine vincono sempre i tedeschi”».
Bella, ma cosa c’entra?
«Le campagne elettorali in Italia: tutti contro tutti. Ma alla fine vinceva sempre Berlusconi. Si poteva ancora fare, secondo me. Poi però uno staff non all’altezza ha rovinato tutto».
Non puoi vedere la Ronzulli, parliamone.
«Mai stato vero. La tenni in tv malgrado non avesse diritto di andarci. È lei che voleva avere un problema con me, e non solo con me, pare, a leggere le cronache. La gente si monta la testa e dimentica i propri limiti».
Ma la storia dei cerchi magici è vera o no?
(Ride). «Esiste “il potere del casellante”. Chi gestiva i rapporti con Berlusconi per gli affari suoi gli chiudeva le porte con il mondo».
Leggendo che non hanno fatto entrare la Ronzulli in ospedale hai avuto un orgasmo?
«Figurati! Io non odio nessuno. E poi, lei e gli altri i danni li avevano già fatti. Non sono in parlamento perché tre persone, contro Berlusconi, mi volevano fuori».
Com’è andata con Renzi?
«Mi ha chiesto un incontro, c’era anche l’editore, Alfredo Romeo, che mi ha chiesto di fare il direttore».
Preferisci fare il direttore o il politico?
«Io non volevo arrestare la mia carriera politica. Mi hanno bloccato. Così ho fatto quel che ho sempre promesso: tornare a comunicare. Il Riformista è un otto volante, un esperimento coraggioso e spero divertente».
Che alchimia c’è con Renzi?
«Lo conosco da secoli. Ci vado d’accordo: è geniale e vivacissimo. E pensa che esordii con Berlusconi curando proprio la campagna contro il referendum di Renzi!».
Il Terzo Polo deve guardare la Schlein o la destra?
«Lo spazio politico del centro, in Italia, se non cambia legge elettorale, è angusto, Calenda guarda a sinistra, ma se sei terzo devi giocare: una volta a destra, una a sinistra, puntando il candidato migliore».
E Renzi?
«È più carismatico, più leader. Forse ha intuito che il mercato elettorale più succoso è nel centro del centrodestra».
Perché FI è crollata?
«É percepita come un prodotto “vecchio”, superato. Però io le voglio bene.
Tu pensi: Renzi è percepito meglio a destra che a sinistra.
«Verissimo».
Ti senti già in battaglia.
«Scherzi? Noi facciamo “solo” un giornale. Il resto si vedrà più avanti».