Le parole di Massimo Cacciari sul Green pass dimostrano “un narcisismo sconfinato” e sono “infinitamente più gravi” delle esternazioni del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, sul presidente del Consiglio, Mario Draghi. Così, in una lettera inviata a Dagospia, il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, risponde al filosofo che aveva duramente criticato la decisione del Governo di rendere obbligatorio il certificato verde per accedere a determinati locali e attività a fini di contenimento della pandemia di Covid-19.
In un intervento pubblicato dall’Istituto italiano degli studi filosofici di Napoli, firmato anche da un altro celebre filosofo come Giorgio Agamben, Cacciari aveva paragonato le misure adottate dal Governo nel nuovo decreto Covid ai provvedimenti di un “regime dispotico”.
“La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica. Lo si sta affrontando, con il cosiddetto Green pass, con inconsapevole leggerezza. Ogni regime dispotico ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti.”, si legge nello scritto. “Guai se il vaccino si trasforma in una sorta di simbolo politico-religioso. Ciò non solo rappresenterebbe una deriva anti-democratica intollerabile, ma contrasterebbe con la stessa evidenza scientifica. Nessuno invita a non vaccinarsi! Una cosa è sostenere l’utilità, comunque, del vaccino, altra, completamente diversa, tacere del fatto che ci troviamo tuttora in una fase di ‘sperimentazione di massa’”.
A queste parole, Brunetta ha risposto sottolineando “il bisogno irrefrenabile” attribuito a Cacciari “di insinuarsi nelle vite del popolo per porsi paternalisticamente a sua tutela”. “In realtà non tutela la sacrosanta libertà d’opinione sbagliata di no vax e affini, ma la sua di sparare sentenze e quella del virus di galoppare”.
Secondo il ministro, “il vaccino e il Green pass, non sono ‘un simbolo politico-religioso'”, ma “è lo Stato che fa il suo dovere, nell’interesse di tutti”. “La vera discriminazione la fanno le persone che decidono di non vaccinarsi nei confronti delle persone che decidono di vaccinarsi”, ha concluso Brunetta. “Non vaccinarsi significa far durare più a lungo la pandemia e renderla potenzialmente più pericolosa: è un fatto non un’opinione da filosofi”.
Di seguito il testo integrale della lettera del ministro Renato Brunetta a Dagospia:
Il cupo intervento del duo Massimo Cacciari–Giorgio Agamben riferito opportunamente ieri anche da Dagospia mi ha fatto tornare alla mente una coppia antecedente: quella manzoniana e proverbiale di Don Ferrante e Donna Prassede, esemplari assoluti del seicento pre-illuministico. Allora la peste, oggi il Covid, e così l’oscurantismo erudito e magico (Ferrante) e l’attitudine da “vecchia gentildonna molto inclinata a far del bene” a costo “di farlo per forza” (Prassede) trovano nei due filosofi una spettacolare replica.
Tutti i giornali o quasi riportano in prima pagina e giustamente strapazzano l’esibizione ingiuriosa di Marco Travaglio contro Mario Draghi. Nulla di nuovo, il vocabolario, o direbbe Travaglio da vecchio chierichetto, il vaccabolario è quello della casa. Invece l’orazione dei due personaggi è passata pressoché sotto silenzio. Ma è infinitamente più grave.
Vi si insinua, senza fornire prove ma solo suggestioni alchemiche, che Draghi voglia instaurare, con il pretesto del green pass, un “regime dispotico” che punta alla “discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B”.
Tutte le penne acuminate, che hanno scuoiato le argomentazioni penose di chi gioca con la sicurezza altrui in nome di una ignoranza eretta a diritto di contaminazione del prossimo, si sono fatte da parte. Forse misericordia. O forse, più probabilmente, perché i direttori hanno qualche complesso di inferiorità verso la cultura che spazia dagli angeli ai diavoli, nonché della prepotenza televisiva di uno dei due, intendo ovviamente Cacciari. Be’, io no.
Trascuro Agamben, non per scarsa caratura intellettuale del professore, non mi permetterei, ma perché le sue divagazioni aristoteliche, come quelle di Don Ferrante, restano confinate nell’ambito dei super-dotti, e lì le lascio. Altra cosa è Cacciari, la cui proliferazione biliosa in ogni dove, a rimediare ai supposti cattivi pensieri altrui, lo fa somigliare ogni giorno di più a una Donna Prassede barbuta.
Un narcisismo sconfinato. Il bisogno irrefrenabile, come quello dell’antica e intrigante madama, di insinuarsi nelle vite del popolo per porsi paternalisticamente a sua tutela. In realtà non tutela la sacrosanta libertà d’opinione sbagliata di no vax e affini, ma la sua di sparare sentenze e quella del virus di galoppare.
P.S. Come diceva Stalin, sicuramente ben conosciuto da Cacciari (se non da Agamben), i fatti sono testardi. E i fatti sono questi.
1. L’articolo 32 della Costituzione stabilisce che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Quindi la nostra Costituzione non vieta affatto che a tutti i cittadini, o particolari categorie di cittadini, possono essere sottoposte all’obbligo vaccinale. Punto e basta. Quello che la Costituzione impone è che l’obbligo sia fatto per legge, non con un provvedimento amministrativo.
2. Il vaccino, il green pass, non sono “un simbolo politico-religioso”, come scrivono Cacciari e Agamben. Sono semplicemente “il volto della Repubblica”, per parafrasare il Presidente Mattarella. È lo Stato che fa il suo dovere, nell’interesse di tutti e di ognuno. Come deve fare lo Stato davanti ai pericoli che minacciano la comunità nazionale. Di ogni tipo. Lo Stato deriva la sua legittimità dal preservare dai pericoli i suoi cittadini. Non vi è niente di ideologico in questo.
3. Il green pass non equivale neanche ad alcun obbligo vaccinale. Equivale all’obbligo dello Stato di proteggere i cittadini dalla pandemia. Equivale alla minima decenza civile, che estende su scala generale quello che da sempre e anche oggi è un dovere morale e un dovere giuridico: ovvero, che un cittadino che sa di avere una malattia trasmissibile, deve avvisare le altre persone prima di incontrarle.
4. La vera discriminazione la fanno le persone che decidono di non vaccinarsi nei confronti delle persone che decidono di vaccinarsi. Ogni scienziato sa spiegare il perché, ed è stato spiegato dai migliori scienziati di tutto il mondo. Non vaccinarsi significa far durare più a lungo la pandemia, e renderla potenzialmente più pericolosa. È un fatto, cari Cacciari e Agamben. Non una opinione da filosofi.
5. Come disse meravigliosamente Camillo Benso di Cavour, si possono opporre principi a principi. Si possono opporre fatti a fatti. Ma non si possono mai opporre fatti a principi, e principi a fatti. Che è purtroppo quello che voi fate.