Governo Pd-M5S, il ruolo di Renzi e Di Maio
Che ruolo avrebbero Luigi Di Maio e Matteo Renzi in un eventuale nuovo governo sostenuto da M5S e Pd? È una domanda che si pongono in molti in una fase convulsa della crisi politica di questi giorni, formalizzata nel pomeriggio con le dimissioni del premier Giuseppe Conte.
Di Maio, capo politico del M5S, e Renzi, che oggi controlla ancora un’ampia pattuglia di parlamentari del Pd, sono tra i principali protagonisti di questa fase. Il primo potrebbe mantenere un ruolo di rilievo in un eventuale esecutivo “giallorosso”. Il secondo oscurare il segretario dem Nicola Zingaretti.
Caduto il governo gialloverde, una delle ipotesi di cui si parla con maggiore insistenza è l’insediamento di un governo sostenuto dal M5S e dal Pd, maggioranza ribattezzata “Ursula”, dal nome di Ursula Von Der Leyen, la neopresidente della Commissione Ue votata fra gli altri da Pd, M5S e Forza Italia.
La proposta è stata lanciata da Romano Prodi due giorni fa in un’intervista al Messaggero. Potrebbe esserci un allargamento dello schieramento M5S-Pd a un pezzo del centrodestra, per un patto di legislatura “alla tedesca” che non dispiace a Forza Italia e a storici esponenti come Gianni Letta. Ma non è esclusa una semplice intesa tra pentastellati e Dem senza l’appoggio di nessuna pattuglia del centrodestra.
In via ufficiale la trattativa del Pd con i 5 Stelle non è ancora iniziata ma sono partiti i negoziati sottotraccia che coinvolgono anche i big, sia quelli vicini al segretario Zingaretti che a Renzi, maggioranza e minoranza. Si muovono Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, Andrea Orlando, Graziano Delrio e Andrea Marcucci.
Ipotesi governo Pd-M5S, il ruolo di Renzi
Renzi ha fatto sapere che non avrà nessun incarico nel nuovo eventuale governo. “Colleghi del Movimento Cinque Stelle, non so se voteremo lo stesso governo, io non ne farò parte”, ha detto l’ex premier in Aula al Senato. “Sono qui a dire che prima delle legittime ripicche ci sono gli interessi del Paese. So che è in arrivo una recessione, che tra Usa e Cina c’è un problema di Dazi, che se l’Italia non si siede al tavolo europeo saranno problemi. Di fronte a questo prima vengono le istituzioni. Per questo daremo il nostro contributo perché a pagare la vostra sciagurata fine non siano le famiglie”.
“Mi sembra saggio che nessuno di noi stia dentro il governo, io non ci sarò”, aveva detto in mattinata Renzi a Radio 24. “Nessuno di noi chiede la benché minima poltrona, anche quella di commissario”.
Ma è chiaro che l’ex premier avrà un peso determinante sulle scelte del suo partito. Uno dei timori maggiori di Zingaretti, molto cauto in questi giorni, riguarda i piani futuri dei renziani: il rischio di una scissione, di un’uscita dal Pd con spaccatura dei gruppi parlamentari. Il segretario ribadisce l’intenzione di voler sostenere solo un governo “forte”, con un orizzonte temporale ampio, temendo che Renzi possa dividere il Pd a pochi mesi dal voto.
Ipotesi governo Pd-M5S, il ruolo di Di Maio
Diversa è la posizione di Di Maio, finito in questi giorni nei totonomi su futuri premier, vicepremier e ministri. Stando a quanto riportato da Repubblica, tra i pentastellati già circolano bozze di possibili ministri, tra le ipotesi ci sarebbe quella di sostituire ogni leghista con un Dem, e qualcuno avrebbe anche ipotizzato un ballottaggio agli Interni tra Di Maio e Marco Minniti (mentre si faceva più concreta l’ipotesi Franco Gabrielli).
Il nome di Di Maio è poi spuntato come possibile vicepresidente del Consiglio in un governo guidato da un tecnico. Nella rosa dei papabili premier sono finiti l’ex ministro del Lavoro ed ex presidente Istat Enrico Giovannini, il giurista ed ex ministro della Giustizia Gianmaria Flick, l’ex presidente Anac Raffaele Cantone. Se venisse scelto uno di loro per la guida del governo, Di Maio potrebbe restare vicepremier, affiancato da un esponente del Pd. Tra i Dem si fanno i nomi dell’ex ministro delle Infrastrutture e attuale capogruppo alla Camera Delrio, e quello di Franceschini. Sono loro due i principali sponsor di un’intesa con il M5S.
Ma non mancano gli ostacoli, per Di Maio. Anche sul fronte interno. I pentastellati più vicini al presidente della Camera Roberto Fico, anche lui considerato un possibile premier, sono sul piede di guerra. Contestano ora la leadership solitaria di Di Maio chiedendo scelte condivise e non dettate dall’alto. Se l’asse dell’alleanza si spostasse a sinistra il capo di Pomigliano potrebbe essere costretto a passi indietro. È in fondo stato lui tra i big M5S il più vicino, per 14 mesi, a Matteo Salvini.
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