Governo, l’ultimatum della Lega: “Appoggio esterno se Salvini non avrà il Viminale”
“Non si è parlato di nomi, incarichi, attribuzioni di deleghe”. Lo ha dichiarato Giorgia Meloni al termine dell’atteso incontro di ieri con Matteo Salvini, nel pieno delle trattative per comporre il nuovo governo. La futura premier ha smentito la presenza di “presunti veti”, nonostante i numerosi retroscena che hanno parlato di un duro braccio di ferro tra Fratelli d’Italia e Lega sull’assegnazione di un ministero di peso al segretario leghista. Una richiesta fatta esplicitamente dal consiglio federale del Carroccio di martedì, che finora Fratelli d’Italia ha respinto vigorosamente. La minaccia che, secondo Il Corriere della Sera, avrebbero recapitato alcuni “messaggeri” leghisti è quella di limitare il sostegno della Lega al nuovo governo a un mero appoggio esterno.
Secondo quanto riporta La Repubblica, Meloni non ha alcuna intenzione di accontentare Salvini, a iniziare dalla richiesta di tornare alla guida del ministero dell’Interno. Una scelta che sarebbe difficile da spiegare al presidente della Repubblica, dato il processo ancora in corso per il caso Open Arms, relativo a fatti accaduti quando già si trovava al Viminale durante il primo governo Conte.
Durante il faccia a faccia di ieri, durato quasi un’ora, i due leader non avrebbero affrontato direttamente queste questioni. Nell’incontro, caratterizzato secondo una nota ufficiale da “un clima di grande collaborazione”, i due si sarebbero limitati a una suddivisione dei ministeri per fasce e a indicare un elenco di priorità per il nuovo governo, a iniziare dalla crisi energetica.
Secondo il quotidiano romano, una possibile soluzione è l’assegnazione a Salvini del ministero dello Sviluppo economico, dopo che l’attuale titolare, il leghista Giancarlo Giorgetti ha affermato che non intende entrare nel governo. Un’altra ipotesi potrebbe essere quella di assegnare a Salvini l’incarico di vicepremier. In questo caso, dovrebbe essere previsto anche un secondo vicepremier da assegnare a Forza Italia, come fatto notare dal coordinatore Antonio Tajani durante un incontro a tratti difficile con Meloni. La richiesta fatta dai forzisti durante il faccia a faccia di martedì scorso è stata quella di parità dei ministeri tra il partito fondato da Silvio Berlusconi e la Lega, usciti con percentuali dal voto di domenica, con almeno un ministero chiave per Tajani: Esteri, Difesa o Interno. Gli azzurri sono anche contrari all’assegnazione della presidenza di una delle due camere all’opposizione.
In quota Lega, viene fatto il nome di Giulia Bongiorno, che potrebbe tornare al ministero della Pubblica amministrazione, come durante il primo governo Conte, piuttosto che alla Giustizia, dove spicca il nome dell’ex magistrato Carlo Nordio. Un altro leghista, Gian Marco Centinaio, potrebbe tornare a occupare l’incarico di ministro dell’Agricoltura. All’Interno potrebbe andare il prefetto di Roma Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto di Salvini, o l’ex prefetto della capitale, Giuseppe Pecoraro, considerato più vicino a Meloni. Per il ministero del Lavoro è stato fatto il nome del sociologo Luca Ricolfi, mentre Letizia Moratti è considerata tra i favoriti per la guida del ministero della Sanità, se rinunciasse alla corsa per la presidenza della regione Lombardia. Raffaele Fitto potrebbe tornare dal parlamento europeo per assumere la guida del ministero delle Politiche comunitarie, mentre per Marcello Pera c’è l’ipotesi di un ministero per le Riforme. A Maurizio Lupi potrebbe andare il ministero per i rapporti con il Parlamento, conteso con l’ex forzista Lucio Malan, passato a FdI. In quota Forza Italia circolano i nomi di Anna Maria Bernini, l’ex presidente del Senato Elisabetta Casellati e di Licia Ronzulli, che potrebbe andare al ministero dell’Istruzione.
Tra i tecnici, si continuano a fare i nomi di Elisabetta Belloni, capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) ed ex segretaria generale della Farnesina e dell’ambasciatore Stefano Pontecorvo per il ministero degli Esteri, assieme a quello dell’ex ministro Giulio Terzi di Santagata. Un altro possibile ministro tecnico potrebbe essere l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, alla guida dello Sviluppo Economico.
Per il ministero dell’Economia possibile una conferma dell’attuale inquilino di via XX Settembre, Daniele Franco, dopo un primo no incassato da Fabio Panetta. L’economista attualmente siede nel comitato esecutivo della Banca centrale europea e aspirerebbe alla presidenza di Banca d’Italia dopo Ignazio Visco, il cui mandato scade l’anno prossimo. Un’alternativa potrebbe essere quella di Domenico Siniscalco, già diventato ministro durante il secondo e il terzo governo Berlusconi, dopo le dimissioni di Giulio Tremonti. C’è anche l’ipotesi di scorporare il ministero dell’Economia, dividendo il Tesoro dalle Finanze. Il secondo dicastero potrebbe quindi andare a Maurizio Leo, esperto economico di FdI.
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