“I 5 Stelle ci hanno abituato a tutto e al contrario di tutto. Sono quelli che non avrebbero mai voluto governare col Pd e lo hanno fatto anche se per loro il Pd mangiava i bambini a Bibbiano. Hanno governato con Salvini, non volevano il governo Draghi e sono andati al governo anche con Draghi. Difficile prevedere cosa succederà”, così il deputato di Italia Viva Luciano Nobili a Tpi, commentando le fibrillazioni che minacciano il governo a un giorno dal voto sul dl aiuti, a cui il M5S potrebbe non prendere parte.
Fibrillazioni che secondo l’ex dem sono “tutte figlie delle forze sovraniste e populiste che non erano mai state convinte del governo Draghi e della sua agenda, anche se alla fine lo hanno votato”, e cioè M5S e Lega, “gli sconfitti della legislatura”, a cui ieri il premier ha chiesto di restare nel governo solo se convinti del proprio sostegno perché con gli ultimatum “non si va avanti”.
“Erano partiti vincenti, hanno provato a governare e non ci sono riusciti. Hanno dovuto bere l’amaro calice del governo Draghi e dopo averlo sostenuto per alcuni mesi ora stanno dando una prova record di irresponsabilità. Hanno subito il governo Draghi e lo hanno accettato per conservare la poltrona, più importante della coerenza soprattutto per i 5 Stelle. Conte non ha un’idea sua: è tirato da una parte da Travaglio che lo spinge a uscire e da chi nel Movimento vuole rimanere in Parlamento. Di sicuro non si può andare avanti così. Nonostante l’ottimo lavoro del governo il momento è complicato e non ci si può permettere giochini che servono a lucrare uno zero virgola nei consensi o sondaggi, unica cosa che ha sempre appassionato Giuseppe Conte”.
In un momento di grandissima difficoltà incaponirsi su un decreto che stanzia oltre 20 miliardi per famiglie e imprese è paradossale. Se poi si usano argomenti surreali come la difesa del Superbonus 110 per cento che ha prodotto oltre sei miliardi di truffe o ancora più grave l’inserimento della norma che consente la realizzazione del termovalorizzatore a Roma anche qui siamo al paradosso. Quelli che hanno ricoperto Roma di rifiuti continuano a odiarla a un punto tale da voler bloccare la via di uscita alla fine dell’emergenza rifiuti. Non ci sono argomenti di merito per non votare il decreto se non il tentativo di affossare Draghi, come lo si è boicottato in maniera clamorosamente irresponsabile sulla vicenda Ucraina. Ma non abbiamo un altro Mario Draghi e mettere a repentaglio la sua autorevolezza significa mettere a repentaglio l’Italia e l’Europa nel contesto internazionale. Chi ha fatto il presidente del Consiglio lo dovrebbe sapere ma non se ne rende conto.
Con la differenza che quando lo ha fatto Renzi, Renzi sapeva far politica e lo ha mandato a casa. Conte non sa fare politica, non sa governare, non ha ancora capito cosa sappia fare e quindi la manovra non gli riuscirà. Mandare a casa Conte per far venire Draghi significa fare il bene del Paese. Mandare a casa Conte per far contento Conte significa fare un danno grave al Paese.
Abbiamo detto che non si può andare avanti anche nei prossimi mesi in una situazione in cui il governo fa fatica a svolgere quello che deve. L’Italia ha raggiunto i traguardi di questo semestre previsti sul Pnrr, fermare questo governo è irresponsabile. Quindi diciamo con grande chiarezza: si sciolga questo nodo e non consentiamo a Conte di proseguire per tutta l’estate così. Se vogliono sostenere Draghi lo facciano, altrimenti escano e si troverà un’altra soluzione: il voto o il Draghi bis. Ma la scelta deve venire rapidamente perché il Paese non può pagare il costo dei tentennamenti del M5S.
Nei numeri una nuova maggioranza esiste, il M5S non ha numeri decisivi. Certamente Draghi, che è una persona seria, dice di essersi assunto questa responsabilità con una determinata maggioranza politica e vorrebbe continuare con questa. Ma lo fa anche per mettere pressione a Conte. Il messaggio è: nessuno si illuda di poter fare il partito di lotta e di governo, che protesta mantenendo le poltrone mentre il Paese è in salvo perché Draghi continua a governare. Questo se lo scordano.
Per Iv Draghi deve governare questo Paese, e auspicabilmente dovrebbe farlo oltre il 2023, di sicuro fino a elezioni. Che lo faccia con questa maggioranza, con un’altra, con ministri politici o tecnici ha il nostro voto di fiducia, perché è il miglior premier che il Paese può avere e perché l’agenda scritta nero su bianco con il Pnrr, le linee di interventi e di riforme coincidono con l’agenda nostra e con le cose che servono al Paese. Quindi deve andare avanti. Ovvio che se non ce ne fossero le condizioni si andrà al voto e chi è artefice di questo disastro risponderà agli italiani davanti agli elettori.
Noi non abbiamo nessuna paura, ad aver paura deve essere il M5S. Siamo tra quelli che hanno salvato la legislatura, chi deve avere preoccupazione è chi ha fallito.
Io credo che nell’Italia più seria ci sia un apprezzamento serio per Draghi, il suo stile, la sua autorevolezza e le cose serie che ha fatto in questi mesi. Credo proprio che chi dovesse rendersi responsabile della fine di un’esperienza simile sarà punito dal voto degli italiani. Da questo punto di vista sono tranquillo. Spero che gli italiani ci riconoscano di aver fatto di tutto per aver portato Draghi a Palazzo Chigi.
Abbiamo una posizione molto chiara, siamo nati per dare vita a un processo. Se Italia Viva non fosse nata, il governo Draghi non ci sarebbe stato. Non ci sarebbe stato uno spazio alternativo a sovranisti e populisti. Non vogliamo esserne gli esclusivi detentori e spero si possano aggregare tutti quelli che con sovranisti e populisti non vogliono governare. Vogliamo essere i costruttori di questo spazio politico draghiano e riformista che crede nell’agenda tracciata dal Pnrr per i prossimi anni fino al 2026, poi vedremo quando si avvicinano le elezioni chi ci sarà, quale sarà la legge elettorale e se il Pd, che rimane interlocutore privilegiato, avrà deciso di mollare al proprio destino Conte. Oggi finalmente dicono che se continua così sono finiti i rapporti, diversamente da quanto dicevano qualche mese fa. Noi sapevamo già chi era Conte, contenti che se ne siano accorti anche i dem. Speriamo si ravvedano al punto tale da immaginare un percorso comune in futuro.
La separazione del M5S è avvenuta sulla base di diverse e contrapposte ipocrisie. Di Maio ha sostanzialmente fatto di tutto in questi anni: raggiunse in campagna elettorale i gillet gialli in Francia e poi è diventato sostenitore di Macron. È stato protagonista delle campagne più manettare e poi ha chiesto scusa. Erano quelli contro il Tap, poi Di Maio ha chiesto all’Azerbaijan di raddoppiarne il volume di traffico. Detto questo non posso non accorgermi che in questi anni è cambiato, che sta facendo un buon lavoro alla Farnesina. Se oggi Di Maio dice che il governo Draghi è quello che deve continuare, che l’Europa e l’atlantismo sono principi che non possono essere messi in discussione e si dissocia dal M5S dico benvenuto Di Maio, e su queste base si possono anche immaginare delle collaborazioni, ma noi siamo un’altra cosa.
La domanda è legittima. In questo momento abbiamo un paradosso: la migliore guida a Palazzo Chigi ma delle condizioni figlie di un fenomeno inflativo internazionale, figlie del fatto che da 20 anni i salari sono i più bassi d’Europa e della guerra in Ucraina, che rendono la vita più complicata agli italiani e che ci proiettano verso mesi peggiori. Per questo il governo ha in mente di anticipare la legge di bilancio con degli interventi che vadano incontro ai lavoratori. Ma il punto è chiedersi se vogliamo puntare sul lavoro dando salari più alti, utilizzando le risorse per creare nuovi posti di lavoro e mettendo chi può nelle condizioni di lavorare. Sicuramente il reddito di cittadinanza ha fatto bene a quel milione di percettori che non sono in condizioni di lavorare, siamo favorevoli a una misura contro la povertà. Vogliamo continuare a chiamarla reddito di cittadinanza e migliorarla? OK. Ma per alcuni il reddito di cittadinanza è stato un disincentivo al lavoro o un incentivo al lavoro nero. Ci vogliono politiche attive per il lavoro che funzionino, quelle risorse vanno messe in campo per questo, e un po’ in busta paga per chi già lavora ma guadagna troppo poco.
Noi continueremo a metterlo in discussione e faremo la campagna elettorale chiedendo l’abolizione del Rdc così com è, il M5S farà quello che crede e il governo Draghi speriamo vada avanti.