Governo giallorosso, nodo commissioni in mano alla Lega. Riflettori su Bilancio
Matteo Salvini l’ha sottolineato con forza: il governo giallorosso “è figlio di un ribaltone, in qualsiasi paese al mondo si sarebbe andati a elezioni e mi venite a parlare delle presidenze delle commissioni”. Il leader del Carroccio, ospite di In Onda su La7, stava replicando a una domanda sui presidenti leghisti delle commissioni parlamentari. Sono il nodo cruciale su cui, dopo il cambio di maggioranza previsto dal Conte bis, i riflettori potrebbero essere puntati in quanto vero snodo dei provvedimenti e dell’azione politico-programmatica di maggioranza e governo.
Una situazione, come ricostruito da Agi, che rimarrà tuttavia immutata fino alla prossima primavera perché solo con lo scattare del biennio è possibile procedere con il rinnovo delle commissioni e dei loro presidenti. Con buona pace del Partito Democratico, che chiede ai leghisti di lasciare le poltrone, assegnate dopo la formazione dell’esecutivo gialloverde ormai prossimo a un’archiviazione.
“Ma davvero se si formerà il nuovo governo, i deputati e i senatori della Lega non lasceranno le presidenze delle commissioni parlamentari? Com’era quella che loro non sono attaccati alla poltrona? Buffoni”, ha twittato la deputata Pd Alessia Morani. E critiche sono venute anche dalla senatrice Pd Valeria Valente: “la Lega non molla le presidenze delle commissioni parlamentari, anche se cambia la maggioranza parlamentare. Ma non erano quelli disinteressati alle poltrone?”.
Al momento, il Carroccio ha in mano la presidenza di cinque commissioni parlamentari permanenti su 14 a Montecitorio e di altrettante al Senato. Si tratta anche di commissioni strategiche, in particolare in vista di provvedimenti chiave come la legge di Bilancio.
Infatti, il partito di Salvini guida alla Camera la commissione Bilancio, al Senato la Finanze. E rimane sempre in quota Lega la presidenza della commissione Attività produttive di Montecitorio, la Trasporti e la Lavoro, mentre a palazzo Madama gli ex lumbard ‘controllano’ anche le commissioni Affari costituzionali e Difesa. Per esempio, la Bilancio deve dare i pareri sulle coperture finanziarie dei provvedimenti e senza il suo parere necessario, l’esame in Aula non può iniziare.
Il possibile cambio della maggioranza, come sottolineato da Agi, comporterebbe una variazione degli equilibri di forza interni, che si ribalterebbero a netto favore dei sostenitori dell’eventuale nuovo esecutivo, con la Lega relegata all’opposizione assieme a Fratelli d’Italia e Forza Italia. Inoltre, il ruolo del presidente di commissione non è secondario, anche se il peso dei numeri della nuova maggioranza ne circoscriverebbe l’azione, perché decide anche sulle ammissibilità degli emendamenti. In questo vaso, un salviniano doc come Claudio Borghi, che guida la Bilancio della Camera, potrebbe mettere i bastoni tra le ruote e, magari, tentare di rallentare i lavori proprio in corso di esame della manovra.
La Lega, per ora, non sembra arrendersi all’idea di lasciare le commissioni. “Penso che rimarranno a fare i presidenti di commissioni”, ha sottolineato il sottosegretario uscente al Lavoro della Lega Claudio Durigon. “I presidenti di commissione sono quelli delle Camere di Fico e Casellati, non devono dimettersi”, ha aggiunto, “sono stati votati, come io ho votato Fico, pensate un po’”.
Massimiliano Romeo, il presidente dei senatori della Lega, ha rilanciato: “Che si dimettano loro da senatori visto che dovrebbero vergognarsi di fronte al popolo italiano per quello che stanno facendo”.
Claudio Borghi ha sottolineato: “Dovevano pensarci prima di fare il ribaltone. Ma davvero il Pd vuole occupare tutte le poltrone di governo dopo aver perso ogni elezione da sei anni a questa parte? Andiamo a votare così le poltrone le liberiamo tutti”.
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