I paletti di Draghi a Salvini per stare al governo
La svolta europeista di Matteo Salvini non può avvenire in 48 ore, Mario Draghi lo sa, e lo sanno anche le famiglie popolari, socialiste e liberali che nel resto d’Europa guardano con trepidazione le metamorfosi romane. In che modo il nuovo governo potrà includere nella proprio maggioranza un partito che fino a ieri ha abbracciato istanze sovraniste e che a Bruxelles è alleato con forze di estrema destra?
In Parlamento Europeo la Lega ha deciso di votare a favore del regolamento che sblocca i fondi del Recovery fund solo 24 ore fa, mentre nelle votazioni precedenti si era sempre astenuta, o aveva votato contro. Inoltre il Carroccio ha spesso ostacolato il processo di integrazione europea in favore di una maggiore sovranità degli Stati, e il suo approccio è sempre stato conservatore sui diritti civili e cinico sui diritti umani. Tutto il contrario di quello che il premier incaricato ha in mente di fare.
Ma in questi giorni l’ex numero uno della Bce ha imposto a ogni forza politica i suoi paletti, senza lasciarsi condizionare dalle posizioni dei singoli partiti, men che mai da quelle della Lega. Il banchiere ha delineato il suo perimetro programmatico: chi ha dato la disponibilità ad appoggiare l’esecutivo di larghe intese dovrà accettare l’idea di governo di Draghi, abbracciando in questa fase la sua visione.
Secondo un retroscena di Repubblica, infatti, nel secondo giro di consultazioni Draghi ha chiarito all’ex ministro dell’Interno quale sarà l’impostazione del governo nascente, e le condizioni per farne parte. Un governo europeista, che intende superare il metodo dell’unanimità che regola molti processi decisionali in Europa (che i sovranisti hanno sempre difeso), e favorire il trasferimento di competenze su materie concorrenti a Bruxelles. Una cessione di sovranità con cui Salvini dovrà fare i conti.
Il premier incaricato ha poi in mente di approvare nuove regole su diritti umani e civili e esclude l’introduzione di una “flat tax” dalla sua riforma fiscale. Draghi vorrebbe invece favorire un impianto di impronta “progressiva”. Tutte politiche imprescindibile e che rientrano nei paletti imposti all’ex vicepremier. Infine c’è un altro tasto dolente, quello su cui secondo alcuni lo stesso Beppe Grillo avrebbe calcato la mano con il banchiere durante le consultazioni: la transizione ecologica. Per il garante del M5S, infatti, Salvini di ecologia “non ci ha mai capito niente”, un motivo in più per lasciarlo fuori dall’esecutivo.
Desiderio condiviso anche dagli ex alleati del Pd, i quali come è noto vorrebbero che il nuovo perimetro di maggioranza si fermasse a Forza Italia. Ma Mario Draghi non può imporre veti: dimostrerebbe così di non aver recepito fino in fondo le indicazioni del Capo dello Stato, con cui in queste ore si consulta costantemente. Va da sé che nemmeno i partiti possono dettare le proprie condizioni. Di qui la formula di Draghi di imporre i suoi paletti e la sua idea di programma: prendere o lasciare.
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