Il governo sta gestendo la prima voce del mastodontico piano di investimenti del Pnrr. Il Piano di Mario Draghi si articola in sei Missioni, in linea con i sei pilastri del Next Generation EU (NGEU), il programma lanciato nell’estate 2020 da Bruxelles per aggredire la crisi economica scatenata dalla pandemia. Al punto 1 del Pnrr ci sono gli oltre 40 miliardi di euro da investire nella digitalizzazione, un bottino a sua volta diviso in tre «componenti», capeggiate dai quasi 10 miliardi riservati alla «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA». E si comincia con i primi due investimenti (Investimento 1.1 + Investimento 1.2) che devono inaugurare il processo di trasformazione e modernizzazione della Pubblica Amministrazione, «priorità per il rilancio del sistema paese», «impegno non più rimandabile per far diventare la PA un vero “alleato” del cittadino e dell’impresa»: circa due miliardi di euro che vanno a bando per realizzare il Polo Strategico Nazionale (PSN), la nuova struttura dedicata cloud per mettere in sicurezza i dati della PA di interesse strategico.
Ma se il buongiorno si vede dal mattino non c’è da star sereni, perché sulle modalità con cui il governo sta gestendo la prima voce del mastodontico piano di investimenti arrivano le prime ombre che rischiano di allungarsi, ricoprendo l’intera «operazione Pnrr».
A metà settembre un paio di articoli affrontano la questione del Polo Strategico Nazionale, perché il governo sta raccogliendo le manifestazioni di interesse per l’imminente bando da due miliardi circa ma «dietro le quinte fa di tutto per far prevalere solo una cordata: quella formata da Cassa Depositi e Prestiti in asse con Tim e con la partecipazione di Sogei, in house del Tesoro, e Leonardo, l’ex Finmeccanica», si legge per la prima volta su Il Fatto Quotidiano il 16 settembre. Il bando per il “cloud di Stato” si prospettava succulento e da subito aveva attirato l’interesse di multinazionali straniere, grandi aziende e partecipate italiane, da Google a Tim, da Amazon a Fincantieri, da Microsoft a Leonardo.
Poi le cordate si erano ricomposte, limitandosi a tre: oltre a quella guidata da Cassa Depositi e Prestiti, le accoppiate Aruba-Almaviva e Fastweb-Poligrafico e Zecca dello Stato. Anche perché, nel frattempo, il ministro per la Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale, Vittorio Colao, aveva deciso di ricorrere al partenariato pubblico-privato, con una società soggetta a controllo pubblico in posizione di maggioranza relativa. In quest’ottica, la cordata Aruba-Almaviva diventa la sfavorita, mentre le due capeggiate da CDP e Poligrafico dello Stato hanno tutte le carte in regola per vincere. Eppure a settembre, proprio quando passano in pole position, Poligrafico e Fastweb decidono di ritirarsi dalla gara.
Dietro il sorprendente ritiro della accoppiata Poligrafico-Fastweb ci sarebbero le pressioni esercitate direttamente dal governo. In particolare, addirittura una telefonata al Poligrafico sarebbe partita dal gabinetto del ministro dell’Economia Daniele Franco: «Il contenuto, a grandi linee, è stato questo: dovete sfilarvi». Ed è proprio così: TPI ha verificato ed è in grado di dimostrare che la telefonata “decisiva” parte dal Mef, che è l’azionista di controllo del Poligrafico, il 6 settembre scorso.
A chiamare è il capo di Gabinetto, Giuseppe Chiné, consigliere di stato per antonomasia e per tutte le stagioni. Al Poligrafico e Zecca dello Stato risponde Paolo Aielli, l’amministratore delegato con un passato in Finmeccanica (Selex) e all’Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila, che dopo due mesi di lavoro per partecipare all’iniziativa del Polo Strategico Nazionale è bloccato dal suo azionista e si sfila, per lasciare spazio a Tim & Company.
Le ombre sull’affidamento miliardario della prima voce del Pnrr si irrobustiscono anche grazie a un documento che inizia a circolare a fine settembre e di cui TPI è in possesso. Si tratta della bozza della concessione «per l’affidamento dei servizi infrastrutturali e applicativi in cloud per la gestione di dati sensibili “Polo Strategico Nazionale”» tra il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale e le società CDP Equity Spa, Tim Spa, Sogei Spa e Leonardo Spa.
Proprio così: lo schema di convenzione è già pronto, da una parte il Ministero di Colao, dall’altra la solita cordata, quella che da sempre è la «grande favorita», quando in realtà siamo ancora nella fase delle manifestazioni di interesse e il bando (se bando sarà) è ancora lontano…
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A fronte delle notizie riportate da TPI, il ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale tiene a precisare che «per la realizzazione del Polo Strategico Nazionale, sono pervenute tre diverse proposte di partenariato pubblico privato da parte, in ordine cronologico, di TIM S.p.A., Enterprise Market, CDP Equity S.p.A., Leonardo S.p.A. e Sogei S.p.A. (primo proponente), Almaviva S.p.A. e Aruba S.p.A. (secondo proponente), Fastweb S.p.A. ed Engineering S.p.A. (terzo proponente).
Tali proposte, tutte regolarmente acquisite al protocollo, sono corredate, tra l’altro, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 183, comma 15, del Codice degli appalti, della necessaria “bozza di convenzione”». Non è mai avvenuto, pertanto – prosegue il ministero –
«alcuno scambio di documenti da parte del MITD con uno dei proponenti. L’intera procedura, svolta in piena trasparenza e nel rispetto della legge, è documentata e documentabile con atti protocollati in data certa».
Diamo conto ai nostri lettori di questa puntualizzazione, con l’auspicio che davvero tutti gli atti di questa fondamentale procedura vengano messi al più presto a disposizione dei giornalisti e, quindi, dei cittadini, al fine di dissipare le ombre che, allo stato, inesorabilmente precludono quell’invocata e piena trasparenza che certamente deve imporsi in una gara tanto delicata ed essenziale per i destini del Paese.
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