Se c’è un intellettuale ampiamente citato nella destra radicale negli ultimi anni, questo è senza dubbio Antonio Gramsci. È solo apparentemente un paradosso storico ed ideologico. Il concetto di “egemonia culturale” è il perno per l’intera area che gravita attorno al mondo di Fratelli d’Italia, il partito divenuto vero magnete per la galassia erede del MSI e dell’arcipelago della destra extraparlamentare. Conquistare le teste – e la pancia – da anni è l’imperativo categorico.
Il partito di Giorgia Meloni dal 2020 ha creato uno specifico laboratorio in questo senso, con lo slogan “controegemonia culturale”: opporsi al resto del mondo politico partendo dalla costruzione di una cosmogonia di miti e valori. Creare appartenenza e comunità. E, alla fine, consenso elettorale.
A dirigere il tutto è Alessandro Amorese, editore toscano, poco noto fuori dall’area della destra. Nome più conosciuto è quello del vice responsabile nazionale, Emanuele Merlino, figlio di Mario Merlino, lo storico esponente di Avanguardia nazionale. Giovane autore dei testi di fumetti di case editrici di destra, Merlino junior è molto vicino alla galassia nera cresciuta attorno a Casapound.
Il laboratorio di Fratelli d’Italia è una sorta di snodo organizzativo della pubblicistica della nuova destra italiana, diventata particolarmente attiva negli ultimi dieci anni, seguendo il filone dell’identitarismo di matrice francese. Nella pubblicazione “Controegemonia: il bollettino editoriale di Fratelli d’Italia”, distribuito sul sito istituzionale del partito di Giorgia Meloni, c’è un elenco dei libri consigliati ai militanti, con una bibliografia per la formazione culturale. Non stupisce che vi siano solo editori dichiaratamente di area. Le parole d’ordine, d’altra parte, della “controegemonia” sono chiare: “Bisogna organizzare e, se si è al governo, finanziare festival, rassegne, presentazioni, momenti di dibattito con autori nostri”, scrive Emanuele Merlino nell’editoriale introduttivo. E’ il vecchio leitmotiv del “non faremo prigionieri”, declinato in termini più gentili. “Gli intellettuali d’area sono quelli che poi creano suggestioni, vengono intervistati e possono rappresentare il partito, o le idee a noi vicine, ovunque sia necessario ma per farlo devono acquisire una visibilità che i media mainstream non concedono”, scrive ancora il vice responsabile nazionale del “laboratorio di editoria” di Fratelli d’Italia, preparando il terreno alla conquista del mondo culturale, qualora Giorgia Meloni fosse eletta.
La conquista del potere passando attraverso l’industria culturale è d’altronde una vera fissazione per la destra. Simone Di Stefano, in un intervento di qualche anno fa, spiegava che Casapound, il movimento che all’epoca dirigeva, poteva già contare su un manipolo di camerati ben piazzati in Rai e che era necessario fare di più: creare quadri, scuole di giornalismo, reti di autori e iniziative.
Il volto dell’intellettuale sognato dall’area della destra italiana è ben delineato dalla accurata bibliografia presente nel documento di Fratelli d’Italia. Chiara è anche la “matrice”. Sono due la case editrici di punta dell’area, ben delineate ideologicamente.
Nel mondo missino degli anni ’70 e ’80 c’era una divisione netta. Da una parte la destra gentiliana, in doppio petto, con un aplomb istituzionale. A quest’area, soprattutto nel mondo giovanile, si è sempre contrapposta l’ideologia dei “figli del sole”, gli allievi di Julius Evola, il filosofo ispiratore di Ordine nuovo che aveva avuto stretti rapporti con la cultura della Germania nazionalsocialista. In quello stesso periodo in Francia nasceva la nouvelle droite di Alain de Benoist, il filosofo padre del movimento identitario. Radicale, sostenitrice di una differenziazione tra i popoli – eredità del razzismo biologico, ritenuto ampiamente superato -, schierata apertamente contro i principi della rivoluzione francese dell’uguaglianza, della fraternità e della libertà. Quel pantheon di autori, movimenti d’idee, politiche culturali oggi è la base di una buona parte dell’editoria della destra che forma la classe dirigente di Fratelli d’Italia.
Si chiama “Passaggio al bosco”, richiamo all’omonimo libro di Ernst Junger (saggio uscito in Italia nel 1991 con il titolo “Il trattato del ribelle”), una delle case editrici sponsorizzata dal laboratorio editoriale del partito di Giorgia Meloni. Si definisce un progetto “politicamente scorretto”, ha stretti rapporti con l’associazione Casaggì, sigla di riferimento dei giovani di Fratelli d’Italia a Firenze, e presenta un catalogo decisamente radicale. La sezione “Tabù” è aperta da “Audacia, scritti e discorsi di Benito Mussolini”, segue l’imperdibile “La dottrina del fascismo” (di Benito Mussolini e Giovanni Gentile), poi “La marcia su Roma”, di Giacinto Reale e infine il pamphlet di Gabriele Adinolfi, ideologo di Casapound, “Né fronte rosso né reazione” dedicato all’organizzazione Terza posizione.
A colpire, però, è il volume è “Cattolici e identitari” di Julien Langella, riportato nell’elenco dei libri consigliati. L’autore è un nome noto in Francia, passato alle cronache come uno dei cofondatori dell’organizzazione “Generation identitaire”, il gruppo creato nel settembre del 2012 e poi sciolto lo scorso anno dal ministero dell’interno francese con l’accusa di istigazione all’odio razziale. Tra le motivazioni del decreto di scioglimento c’è, tra l’altro, la missione della nave “C Star”, un cargo utilizzato dall’organizzazione di estrema destra nel 2017 per una sorta di blocco navale simbolico contro le organizzazioni umanitarie, nelle acque del Mediterraneo centrale. “Una milizia privata”, viene definita l’iniziativa nel testo del decreto di scioglimento firmato il 4 marzo del 2021 dal governo d’oltralpe, che fa riferimento ad una “simbologia e retorica marziale, (…) una formazione paramilitare”. La stessa casa editrice ha poi pubblicato il volume “Sangue e terra”, firmato da Gian Marco Concas, tra i fondatori della sezione italiana di Generazione identitaria, ex ufficiale della Guardia costiera a capo della missione della C Star.
Nel documento del laboratorio del partito di Giorgia Meloni c’è l’editore milanese Ferrogallico, specializzato in fumetti. Nel documento vengono consigliati i racconti su Nietzsche, Yukio Mishima, Nino Benvenuti e la rivisitazione di 1984 di George Orwell. Nel catalogo della casa editrice spiccano poi le immancabili foibe, con autore lo stesso Emanuele Merlino e la controstoria sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980, dove la tesi è l’innocenza dei Nar, nonostante le tante condanne ormai definitive e una verità storica consolidata. La presentazione di quel volume avvenne nella sede della fondazione Alleanza nazionale il 9 settembre del 2020, alla presenza dei deputati di Fratelli d’Italia Federico Mollicone e Paola Frassinetti, suggellando così un alleanza. Culturale e politica.
Uno dei successi editoriali di Ferrogallico è stato il fumetto Adam, dedicato alla storia di Adam Kabobo, il ghanese condannato negli anni passati per l’omicidio di tre persone a Milano. Scritto dal vice direttore de La Verità Francesco Borgonovo, presenta la vicenda con toni horror, e il giovane migrante come posseduto da demoni ancestrali. Il migrante diventa una sorta di zombi che si aggira nelle città italiane. Il volume quando uscì venne distribuito insieme alla Verità, replicando l’accordo editoriale con quotidiani nazionali che era già stato sperimentato in passato con Il Giornale, per un altro fumetto del catalogo sulle foibe.
L’editore Ferrogallico è diretto da Marco Carucci (socio di maggioranza), già coordinatore negli anni passati per la Lombardia di Forza Nuova. Ha poi abbandonato il partito di Roberto Fiore, avvicinandosi all’area di Casapound. Compagno di classe di Matteo Salvini, oggi Carucci è uno dei principali punti di riferimento del mondo culturale della destra italiana. La sua casa editrice e il catalogo dei fumetti sono una presenza fissa alle feste annuali del movimento fondato da Gianluca Iannone. Non mancano, però, contatti più mainstream: la sua casa editrice è riuscita negli anni scorsi a chiudere un accordo con la Mondadori e a distribuire le opere anche grazie ad accordi con alcune amministrazioni locali. Due anni fa l’assessorato regionale alla scuola della Toscana propose di distribuire “Foiba rossa”, firmato da Emanuele Merlino, scatenando le proteste di alcuni storici.
Le due case editrici sono appena la punta dell’iceberg. In attesa del risultato del 25 settembre, il laboratorio editoriale del partito di Giorgia Meloni lavora alla creazione di una solida rete per la galassia della destra identitaria e sovranista. Con organizzazione, certo, ma anche con fondi: “In questi anni siamo, tutti, andati in ordine sparso – scrive Emanuele Merlino nel documento “Controegemonia” – . Un comune invitava un autore, con i costi che uno spostamento comporta, e poi il comune vicino invitava lo stesso autore un mese dopo dovendo ripagare aereo, albergo etc quando, coordinandosi, avrebbero potuto compartecipare alle spese”. Ottimizzare, camerati.“Non è folle? Non è uno spreco? Con i soldi risparmiati – prosegue – si potevano comprare copie da regalare, promuovere campagne social e realizzare tutte quelle possibili iniziative utili all’autore, all’editore, al comune che si amministra”. Come? “Oggi, grazie ai social, e ai giornali locali, è possibile fare così tanta promozione che i nostri autori, le nostre case editrici e, soprattutto, le nostre idee possono acquisire così tanta forza da sfondare il ghetto dell’area e arrivare ovunque”. La strategia c’è e si chiama Fratelli d’Italia: “Se crediamo in questo partito la risposta è una sola”. Ed è proprio questo l’obiettivo del “Laboratorio editoria” di Fratelli d’Italia: aiutare “a organizzare festival, tournée, eventi”. I soldi non mancano, spiega Merlino: “Le capacità ci sono, i fondi, se indirizzati, pure”. Se poi si andrà al governo tutto diventerà più semplice.
L’idea di creare una rete distributiva dell’editoria della destra radicale non è nuova. Nel 2017 l’editore di riferimento di Casapound Altaforte ha partorito un accordo che riunisce la principali case editrici dell’area – comprese Ferrogallico e Passaggio al bosco – attorno al proprio marchio editoriale. Nel 2019 il network era pronto a sbarcare al Salone del libro di Torino, ma venne fermato dagli organizzatori del festival che rescissero il contratto con l’editore. Apparentemente la rete di Altaforte è una sorta di catalogo unificato, pubblicizzato e distribuito dal sito. Ma dietro c’è una ragnatela di festival, presentazioni e promozioni. Crescono anche i numeri, con fatturati che sono raddoppiati alla vigilia del Covid; soldi che Altaforte – marchio in capo a Francesco Polacchi, ex Blocco studentesco e dirigente di Casapound – era pronto ad investire in librerie e nuove iniziative.
L’editoria e la “controegemonia” sono oggi uno dei punti di contatto tra il mondo del movimento fondato da Gianluca Iannone e il partito di Giorgia Meloni. Emanuele Merlino è uno dei traghettatori, che sta portando dentro Fratelli d’Italia l’esperienza accumulata nel mondo culturale della destra radicale. Si creano poi vere e proprie camere di compensazione, punti di contatto visibili. Come le presentazioni nelle sedi istituzionali del partito, nei locali della fondazione An di via della Scrofa. Fratelli d’Italia è pronta a fornire mezzi economici, i contatti giusti, la macchina social della propaganda, gli agganci con il tanto vituperato mainstream. L’obiettivo è riunire sotto il comune cappello elettorale l’intera area, preparandosi alla conquista della macchina culturale. I voti alla fine saranno solo il suggello di un patto molto più profondo. E radicale.
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