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    Siani (Pd) a TPI: “Giorgetti dice che nessuno va dai medici di base? Parla di cose che non sa. Vi spiego perché”

    Foto: Paolo Siani e Giancarlo Giorgetti

    Il deputato: "Non è Google a sapere a quale specialista inviare il paziente"

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 2 Set. 2019 alle 19:15 Aggiornato il 2 Set. 2019 alle 19:25

    Giorgetti e la frase sui medici: intervista di TPI a Paolo Siani (Pd)

    “Senza offesa per i medici di base anche qui presenti in sala. Nel mio piccolo paese vanno ovviamente per fare le ricette mediche, ma quelli che hanno meno di cinquant’anni vanno su internet, si fanno fare le autoprescrizioni su internet, cercano lo specialista. Tutto questo mondo qui, quello del medico di cui ci si fidava anche, è finita anche quella roba lì”: sono le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio e dirigente della Lega Giancarlo Giorgetti, ritenuto il politico più vicino a Matteo Salvini, al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione.

    Le sue parole hanno destato molto rumore e ne abbiamo voluto parlare con un medico e deputato del Pd, Paolo Siani. Ecco la sua intervista per TPI:

    Hanno fatto molto rumore le dichiarazioni di Giorgetti di qualche giorno fa sull’inutilità dei medici di base (sostituibili addirittura da una ricerca su Google), cosa ne pensa?

    Le dichiarazioni del sottosegretario Giorgetti al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini sono state davvero stupefacenti. Giorgetti in sostanza ha dichiarato: “Nei prossimi 5 anni mancheranno 45 mila medici di base. Ma chi va più dal medico di base, senza offesa per i professionisti qui presenti? Nel mio piccolo paese vanno a farsi fare la ricetta medica, ma chi ha almeno 50 anni va su internet e cerca lo specialista. Il mondo in cui ci si fidava del medico è finito”.

    Cioè, vuol dire, fidatevi di Google e andate dal vostro medico di medicina generale solo per le ricette. Evidentemente parla di cose che non sa. Ebbene, come quasi tutti sappiamo, a differenza dello specialista, il medico di fiducia cura la salute dei suoi pazienti nel suo complesso. Inoltre educa i suoi assistiti alla salute, fa cioè prevenzione, che come è noto fa risparmiare, se fatta bene, soldi al Ssn. Il medico di base e non Google sa a quale specialista inviare il proprio paziente.

    Inviare un paziente ad uno specialista vuol dire avere un rapporto di collaborazione con i vari specialisti non solo per scegliere quello più adatto per un determinato problema, ma anche per poter seguire a casa in follow up il suo assistito dopo il consulto. Per rendere meno affollati e quindi più efficienti gli ospedali è necessario avere una medicina territoriale efficace. Ecco, fare il medico è molto di più di scrivere una ricetta. E tocca alla politica mettere in condizioni la medicina territoriale di poter svolgere al meglio il proprio lavoro, se crede nel Servizio Sanitario Nazionale.

    Mi meravigliano e mi preoccupano politici che parlano di cose che non sanno e che non hanno l’umiltà di informarsi prima. Eppure sono uomini di governo. A meno che non intendano distruggere il nostro Ssn che è apprezzato in tutto il mondo.

    C’è un evidente disegno di indebolire la sanità pubblica in favore di quella privata?

    Come ha rilevato recentemente la Fondazione Gimbe, il nostro Ssn, che ormai ha 40 anni, è affetto da quattro “patologie”: 1) imponente definanziamento pubblico; 2) eccessivo ampliamento del “paniere” dei livelli essenziali di assistenza (Lea); 3) sprechi e inefficienze; 4) espansione incontrollata dell’intermediazione assicurativa. Pertanto, se non si decide di investire più risorse pubbliche sul Ssn si darà sempre più spazio alla sanità privata.

    Quali sono le riforme di cui ci sarebbe bisogno?

    Decisivo è investire in sanità. Il finanziamento pubblico per la sanità in Italia è ai livelli dei paesi dell’Europa orientale, ed è evidente che, se da un lato c’è un definanziamemto pubblico, dall’altro ci sono le esigenze dei professionisti e dei pazienti che aspirano a utilizzare le nuove e costose tecnologie diagnostiche e terapeutiche oggi disponibili.

    Poi c’è la questione del disagio sociale. Noi sappiamo che i bambini e le famiglie a rischio sociale manifestano problemi e patologie specifici di una condizione di marginalità sociale, quali soprattutto trascuratezza e maltrattamento ma anche problemi di accesso improprio alle cure, con accessi ripetuti ai pronto soccorso ospedalieri ed anche ai ricoveri ordinari. D’altra parte questi bambini hanno difficoltà nell’accesso ai servizi di prevenzione, ai bilanci di salute, ai servizi specialistici, nella compliance nel caso soprattutto di condizioni morbose croniche. Per questa fascia di popolazione che non è marginale c’è bisogno di interventi specifici.

    Com’è possibile riattivare la fiducia dei cittadini nella sanità pubblica?

    Gli italiani hanno fiducia nel Servizio sanitario nazionale, che viene promosso dal 54 per cento dei cittadini, come risulta da una recente ricerca dell’Anaao. Anche se va precisato che il gradimento cambia dal Nord al Sud, mostrando così le differenze che esistono nei diversi Sistemi Sanitari Regionali. Al Nord il gradimento arriva al 66 per cento, al Centro al 46 per cento e al Sud al 41 per cento. Queste differenze vanno assolutamente modificate anche perché riflettono le diseguaglianze nella salute nel nostro Paese. Infatti la speranza di vita a Napoli è di 81 anni e a Milano di 83.

    Anche i livelli essenziali di assistenza si modificano dal Sud al Nord del Paese: in Piemonte il punteggio Lea è di 221, in Calabria 136. La sanità pubblica, comunque, continua a essere preferita a quella privata, che piace solo a 3 italiani su dieci, mentre il Ssn a 7 su dieci. Va in ultimo evidenziato che i piani di rientro che hanno riguardato le regioni del Sud hanno indubbiamente penalizzato queste regioni, le quali hanno dovuto far fronte a una crescente richiesta di prestazioni sanitarie con un numero notevolmente inferiore di operatori sanitari.

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