“C’è stato un attacco alla mia vita privata e alle mie scelte”. Così Francesco Spano motiva la sua decisione di dimettersi da capo di gabinetto del ministro della Cultura Alessandro Giuli.
Spano ne parla oggi, venerdì 25 ottobre, in due interviste concesse ai quotidiani La Repubblica e La Stampa. “Prima ancora della nomina – lamenta – era già partito un processo di discredito personale e professionale che è andato ben oltre il legittimo diritto di critica delle scelte altrui”. “Mi sono dimesso – spiega – perché non era più possibile lavorare in questo contesto. Sono finito in un tritacarne politico ingiusto e ingiustificato”.
La nomina di Spano – rimasto in carica appena dieci giorni – è stata avversata fin da subito da una parte della destra. In primo luogo gli veniva rimproverata una vicenda del 2017, quando, in qualità di capo dell’Unar (Ufficio governativo discriminazioni razziali), aveva concesso dei finanziamenti a un’associazione Lgbt che – come scoperto da un’inchiesta tv de Le Iene – era dedita al sesso a pagamento.
Poi è emersa una seconda vicenda, che sarà raccontata nella prossima puntata del programma tv Report: nel 2022 il marito di Spano, l’avvocato Marco Carnabuci, avrebbe ricevuto una ricca consulenza dal Maxxi, museo del quale all’epoca Spano era segretario generale (e il presidente era l’attuale ministro Alessandro Giuli).
Ma Spano sarebbe stato attaccato anche per via del suo orientamento sessuale: in una chat della sezione romana di Fratelli d’Italia, il coordinatore del partito nel IX Municipio Fabrizio Busnengo segnalava il malumore strisciante nel partito “per la nomina del pederasta Spano da parte del ministro Giuli”. In seguito a questo messaggio, Busnengo è stato rimosso dalla chat e si è dimesso.
Alla domanda se si sente “vittima di attacco omofobo della destra”, oggi Spano risponde: “Mi sembra evidente che la reazione che si è scatenata e che ha portato alle mie dimissioni vada ben oltre la questione del contratto da consulente”.
Quanto al caso specifico che coinvolge suo marito per la consulenza prestata al Maxxi, Spano si difende così: “Il contratto non è firmato da me e non sono intervenuto in nessuna fase di valutazione e aggiudicazione della fornitura. Si chiarirà tutto quanto prima, è tutto regolare: sono state presentate tre o quattro offerte da parte di diversi collaboratori già iscritti all’albo della Fondazione e c’è stata una comparazione delle proposte. E poi mio marito lavorava per il Maxxi dal 2018, molto prima che io arrivassi”.
Interpellato invece sulla vicenda del 2017 ai tempi dell’Unar, spiega: “Se avessi commesso qualcosa di sbagliato, sarebbe emerso, ma ho la casella giudiziaria immacolata e al Corte dei Conti non ha riscontrato alcun danno erariale”.
Quanto all’epiteto “pederasta” che gli era stato rivolto in quella chat, Spano osserva che si tratta di un termine “gravissimo nella sua portata lessicale e, ancor più, nel significato”. “Ringrazio il coordinatore di quella chat per aver prontamente stigmatizzato la cosa”, sottolinea. “Ma quello che è diventato insopportabile è stata la continua macchiettizzazione della mia persona e della mia vita privata da parte di certa stampa e di certa società cosiddetta civile”.
“Il tema dell’omofobia – aggiunge – è gigantesco nel nostro Paese, ma è ancora peggiore il ricorso al discredito personale e del privato di una persona per fini strumentali”.
“I Pro Vita – osserva – hanno fatto le loro valutazioni. Io le rispetto. Posso capire le critiche alle mie scelte di vita, non pretendo che tutti la pensino come me o vivano nel mio stesso modo. Ma non mi aspettavo un attacco alla mia vita privata e alle mie scelte”.
Infine, a Spano viene chiesto se sia vero – come sostengono i suoi oppositori a destra – che il suo orientamento politico pende a sinistra. L’ex capo di gabinetto del ministro Giuli risponde così: “La mia coscienza politica si inserisce nella tradizione del cattolicesimo democratico. E forse recuperare un po’ di quella scuola aiuterebbe tutta la politica odierna”.