C’è un dossier pesante sul tavolo del neo ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. È la richiesta di scioglimento dell’organizzazione neofascista Forza Nuova, i cui dirigenti sono oggi sotto processo con l’accusa di devastazione della sede nazionale della Cgil. Fondato da Roberto Fiore e Massimo Morsello nel 1997, dopo scissioni e divisioni, il partito che si ispira al cattolicesimo integralista e alla formazione della Guardia di ferro del filonazista rumeno Corneliu Zelea Codreanu sta tentando una riorganizzazione in questi mesi. Il leader Fiore, scarcerato nei mesi scorsi, da alcuni giorni sta annunciando – con relative foto – una lunga serie di riunioni per ricostituire la rete di circoli e di militanti. Particolarmente attiva, secondo i post pubblici, è l’area veneta e del Friuli, soprattutto dopo la nomina del veronese Luca Castellini – altro dirigente sotto processo per l’assalto alla sede del principale sindacato italiano – a vice presidente del movimento.
Dal 1997 ad oggi Forza nuova, insieme a Casapound (movimento che negli anni passati ha accolto molti fuoriusciti dal gruppo di Fiore), ha organizzato buona parte del mondo della destra neofascista radicale, ereditando la storia di Terza posizione. Lo ha fatto evitando, fino ad oggi, lo scioglimento, con una tattica comunicativa ben collaudata, che TPI è in grado di rivelare per la prima volta, grazie a documenti interni dell’organizzazione.
Quella votata dal Parlamento lo scorso anno non è la prima richiesta di scioglimento di Forza Nuova. Ventidue anni fa, poco dopo l’attentato alla sede de il manifesto in via Tomacelli, dove rimase ferito l’autore Andrea Insabato, l’allora ministro dell’Interno Enzo Bianco chiese all’antiterrorismo di valutare se fosse possibile applicare la legge Mancino per arrivare allo scioglimento dell’organizzazione. All’epoca il Viminale elaborò una specifica informativa, che – a quanto risulta a TPI – ancora oggi è classificata.
Pochi mesi dopo, il 13 maggio 2001, vi furono le elezioni politiche, vinte dalla “Casa delle libertà”, la coalizione di destra guidata da Silvio Berlusconi. Al ministro Bianco subentrò Claudio Scajola, di Forza Italia, e dello scioglimento di Forza Nuova non si è più parlato. Anzi. Fu quella un’epoca d’oro per il movimento neofascista. Roberto Fiore nel 2004 si alleò con Alessandra Mussolini e con l’esponente storico di Avanguardia nazionale Adriano Tilgher, creando il partito Alternativa Sociale. Quattro anni dopo, nel 2008, riuscì ad entrare nel Parlamento europeo, consolidando i suoi rapporti internazionali con il network nero in Europa.
Uscita indenne dalle indagini del 2000, per Forza nuova schivare il pericolo dello scioglimento è diventata una vera ossessione. Tenere lontani magistrati e investigatori dall’organizzazione, evitare le possibili accuse di violazione delle leggi Scelba e Mancino, contrastare in ogni modo le inchieste giornalistiche, sono per Roberto Fiore e per i vertici del partito neofascista i pilastri dell’attività organizzativa. Dietro l’angolo, da venticinque anni, c’è sempre lo spettro dell’intervento del Viminale. Servono, dunque, regole ferree per la militanza, il reclutamento e le attività pubbliche. E servono soprattutto trucchi – linguistici e di comportamento – in grado di garantire la divulgazione dei contenuti in odore di razzismo o di esaltazione del fascismo, tenendo a distanza denunce e tribunali.
TPI è venuta in possesso di un corposo manuale interno di Forza nuova, realizzato nel 2017, destinato ai dirigenti. Novantasette pagine che raccontano la struttura dell’organizzazione, le modalità di reclutamento, il funzionamento del “soccorso nero”, ovvero il gruppo di legali che spiegano come sostenere un interrogatorio, evitando sempre di collaborare con la giustizia. Ma, soprattutto, la strategia politica per agire nelle piazze e sui social senza conseguenze legali.
Il primo passo è il linguaggio da utilizzare nella comunicazione politica: «Usate il loro stesso linguaggio ma invertite le categorie, noi siamo i buoni e loro i cattivi. Noi siamo i veri democratici perché vogliamo che le minoranze politiche siano tutelate, noi facciamo volontariato raccogliendo cibo per le famiglie in difficoltà, noi difendiamo la costituzione quando parliamo della famiglia naturale; loro sono i cattivi: loro vogliono una dittatura e il totalitarismo, loro negano la libertà ed i diritti civili (Ddl Scalfarotto), loro odiano papà e mamma, loro odiano i bambini e li affiderebbero ai trans». Un’inversione di ruoli riscontrabile in buona parte della retorica della comunicazione della destra radicale, a volte anche istituzionale. C’è l’emergenza sanitaria? Diventa “dittatura sanitaria”. Si chiede di vietare manifestazioni fasciste? Lo stato diventa totalitario. Si abbonda nell’uso del termine libertà.
Sul dossier più delicato, quello dell’immigrazione, accanto al «blocco dell’immigrazione e per l’avvio di un umano rimpatrio degli immigrati», nel manuale del perfetto forzanovista all’Europa viene affidata «la ricostruzione del moribondo continente nero». Un tocco di colonialismo di ritorno per bloccare i flussi migratori. Non abbiamo nulla contro i migranti, se stanno a debita distanza, è il senso.
L’Unione europea è l’altro nemico classico contro cui scagliarsi. Ma anche in questo caso c’è un ribaltamento semantico, dove la «vera Europa» è «cristiana, patria di popoli liberi e confederazione di nazioni sovrane». Il nemico sono le élite di Bruxelles. Tecnocratiche, ovviamente.
Per la comunicazione politica il manuale di Forza nuova prende l’ispirazione – o almeno tenta – dal movimento di Grillo delle origini: «Dobbiamo allo stesso tempo trasmettere un messaggio di contrapposizione netta ma che vuole essere “pacifica” e “democratica” (il M5S è stato maestro in questo); non è il caso di calcare l’antitesi destra e sinistra, bensì spingere su nuove categorie politiche: da una parte il buon senso dall’altra il totalitarismo gender – immigrazionista che vogliono imporci».
Il terreno diventa più difficile e scivoloso quando si entra nel mondo delle azioni nelle strade e nelle piazze. Nel capitolo “passeggiate per la sicurezza” al perfetto militante neofascista viene spiegata l’organizzazione di una ronda, evitando problemi con la legge: «Per le ronde effettive istituite da Maroni bisognerebbe fare domanda in prefettura e avere mille requisiti e responsabilità, cosa che noi non vogliamo fare. Saranno i giornali in caso a chiamarle “ronde”, ma noi NON dobbiamo usarlo come termine, perché una ronda senza permesso è illegale». Anche in questo caso è una questione di parole, non di sostanza. E per evitare problemi le indicazioni sono chiare: «Non pubblicizzare prima la zona o il giorno», «Fare anche una foto tutti insieme, ma poi girare in gruppi di max 3 persone per via» e «Usare pettorine fluorescenti che siano reperibili in commercio, senza segni politici né distintivi che le possano far considerare una divisa». L’importante, alla fine, è la sostanza.
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