Fioramonti: “Coronavirus isolato? In Italia ricerca precaria e senza fondi”
“Sono preoccupato per il non-dibattito che ha fatto seguito al successo dei ricercatori dello Spallanzani”.
“Io ho fatto diversi tweet sul caso del Coronavirus per mettere l’accento su un punto decisivo”.
“È uno scandalo, una piccola vergogna italiana, il sistema che si è rivelato intorno a questa scoperta. Persone che lavorano senza certezze, con pochi fondi, dovendo fare salti mortali”.
“Perché la ricerca deve avere orizzonti temporali lunghi, deve crescere sulla sicurezza e sulla stabilità. Non solo la certezza dei fondi e degli istituti, intendo, ma anche quella delle persone che lavorano sui progetti. Il contrario di quello che accade in Italia. È proprio su questi temi che io ho deciso di rassegnare le mie dimissioni da ministro. Volevo suscitare un dibattito, provare a cambiare. Le notizie di questi giorni ci confermano che nulla è cambiato”.
Lorenzo Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione, ha seguito il dibattito di questi giorni con preoccupazione e persino con una punta di rabbia. “Il rischio – spiega a TPI.it – è quello di non imparare nulla da questa vicenda”.
“In Italia viviamo nell’emergenza e nella precarietà permanente su tutto, purtroppo anche nel campo della ricerca”.
“Noi ci ricordiamo del valore di questi studi solo quando ci accorgiamo di quanto possono essere direttamente collegati con la nostra sopravvivenza. Quando è questione di vita o morte”.
“Mi sembra lampante. La Cina non comunica i risultati delle sue ricerche, e oggi se non ci fossero questi ricercatori noi saremmo nel buio”.
“Ci sono saperi che, per motivi diversissimi, non si possono comprare al supermercato. È così anche nel mondo moderno”.
“I nostri ricercatori sono pagati poco o pochissimo dai loro istituti e sopravvivono in buona parte grazie ai finanziamenti europei”.
“No, è esattamente il contrario perché negli altri paesi lo Stato investe sul capitale umano e considera la ricerca una priorità. Quindi la stabilità è garantita da risorse nazionali mentre i progetti straordinari sono finanziati con i fondi europei”.
“Oggi molti centri di ricerca italiani devono fare il contrario, pagando i loro dipendenti da precari per far quadrare i conti con quello che hanno, e poi cercando i finanziamenti internazionali per sostenere i singoli progetti. Tedeschi e francesi, tanto per fare un esempio, hanno lo stipendio assicurato dallo Stato e poi cercano fondi in Europa sui singoli progetti di ricerca”.
“Se non ci saranno i 3 miliardi che ho chiesto, io non voterò la legge di bilancio. Adesso dovrebbe essere chiaro a tutti che non è un capriccio ma una necessità”.
“Io avevo individuato un minimo di un miliardo di investimenti da fare nel 2020 per tenere il sistema in sicurezza”.
“I primi 500 milioni da investire nella ricerca universitaria. Poi almeno 200 milioni da destinare agli istituti pubblici. Quindi 100 milioni per garantire il diritto allo studio, che è la base di tutto. Infine 200 milioni che devono andare al settore dell’alta formazione artistica e musicale”.
“È una follia. Stiamo disperdendo il più grande patrimonio mondiale di conoscenze perché abbiamo disinvestito dal settore delle accademie”.
“Lo sarebbe ancora. Ma abbiamo professionisti che se ne vanno in Corea perché qui non riescono a sopravvivere”.
“Pochi lo sanno ma il 18 per cento della popolazione studentesca musicale in Italia non è italiana”.
“Sono persone che pagano per studiare, che vivono, che spendono nel nostro paese. Uno studente su cinque, in Italia, è di altre nazionalità. Ma oggi i conservatori e le accademie sono in bancarotta per i tagli che si sono sommati negli anni”.
“Nella patria di Leonardo e di Michelangelo stiamo perdendo gli artisti della raffigurazione. Anche qui per un motivo semplicissimo: abbiamo i talenti ma disinvestiamo”.
“Il presidente del Consiglio ha annunciato un piano per assumere 1.600 ricercatori: attendo con impazienza. Bisogna farlo il prima possibile”.
(Sospiro, sorriso amaro). “Magari”.