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    Il paradosso dei sovranisti: combattendo l’Europa l’hanno rafforzata

    Credit: ANSA
    Di Alessandro Sahebi
    Pubblicato il 28 Mag. 2019 alle 19:44 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 01:55

    Europee paradosso sovranisti – Il paradosso c’è ma non si vede. I sovranisti, pur non rendendosene conto, potrebbero essere infatti la più determinante sponda di ciò contro cui lottano ogni giorno: il processo di integrazione europea.

    Se infatti da una parte non si può negare l’evidenza, ovvero che la compagine euroscettica abbia registrato ottimi risultati alla tornata elettorale del 26 maggio [qui i risultati delle europee, paese per paese], dall’altra è evidente come queste elezioni siano state tra le più sentite in entrambi i fronti, quelle che certamente hanno imposto ai cittadini europei di cominciare a ragionare in maniera globale e di guardare con maggiore interesse oltre i propri confini nazionali.

    E così, come uno scherzo del destino, proprio chi vuole disintegrare l’Europa ha contribuito a rinforzare una coscienza europea che fino ad oggi è stata sempre vissuta come fiacca ed estremamente lontana. Del resto lo hanno percepito tutti, queste elezioni sono state un banco di prova non solo della salute dei governi nazionali (così come tradizionalmente le europee si erano ridotte ad essere) ma anche dell’Unione Europea in quanto tale, nelle sue più profonde fondamenta.

    Dobbiamo ammettere che tutti, sia sovranisti che europeisti, abbiamo guardato con ancora più coinvolgimento alla nuova composizione del nuovo Parlamento; tutti abbiamo sbirciato ai risultati delle elezioni degli altri Stati con maggiore attenzione; tutti abbiamo fraternizzato con il partito straniero o il gruppo europeo corrispondente al nostro orientamento politico.

     

    Europee paradosso sovranisti – Tutti, sta proprio qui il paradosso, abbiamo vissuto tutto questo proprio in virtù del fatto che l’Europa sia stata messa pesantemente in discussione. E tutti, piaccia o non piaccia, ci siamo sentiti in qualche modo più partecipi di un destino comune che coinvolge ogni cittadino del Vecchio Continente. Viene da chiedersi se forse proprio questo significa essere europei.

    L’ondata sovranista ha unito fronti spesso in antitesi fra di loro per arginarla, ha fatto crescere la partecipazione al voto, ha fatto sentire a milioni di cittadini l’onere di portare sulle proprie spalle un’idea di Europa minata dalle chiusure nazionaliste.

    Il fronte euroscettico potrebbe così avere incoscientemente generato la sua nemesi, una moderna Resistenza trasversale che si riconosce innanzitutto nella difesa della bandiera composta da dodici stelle dorate su campo blu. Nemmeno il partito più europeista fra gli europeisti era riuscito ad unire così tanto tanto i cittadini chiamati al voto.

    La paura della disgregazione pare dunque abbia alimentato di nuova linfa il progetto europeo contribuendo, paradossalmente, a quei processi di integrazione che alla fine degli anni Duemila si erano impantanati nella rassegnazione di non trovare alcuna motivazione per portarli avanti.

    Quale futuro per l’Europa dunque? Difficile dirlo oggi. Nel Parlamento europeo le forze europeiste hanno l’onere di tenere le redini di una difficile maggioranza che deve cambiare le dinamiche di un potere che rischia di essere minato dal malcontento popolare.

    Nei Paesi guidati da governi euroscettici, tuttavia, il cielo è tutt’altro che sereno: dal possibile aumento dell’Iva in Italia alla Brexit nel Regno Unito non esiste leader, per quanto carismatico e soddisfatto dei risultati, che non tema gli effetti tempestosi delle proprie (spesso insostenibili) promesse. Una guerra di prospettive in cui Matteo Salvini sembra configurarsi come uno dei generali più influenti.

    Il 34 per cento dei voti è indubbiamente un risultato straordinario che gli permette di tenere il coltello sovranista dalla parte del manico con chiunque voglia governare assieme a lui. Quello che il Capitano non sa è che forse, sul lungo termine, quel coltello che oggi brandisce con orgoglio un domani si potrebbe dimostrare un’arma a doppio taglio. E quella potrebbe essere la volta buona per fare davvero l’Europa.

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