Non poteva fare a meno di un aereo con cui recarsi a Washington e tornare rapidamente in Italia. Quell’invito ricevuto da Bill Clinton per la cerimonia ad Arlington in ricordo di Bob Kennedy era «una roba da seghe» e poi era necessario far presto a rientrare a Roma per votare la sfiducia a quelle «merde» del Movimento 5 Stelle. Open nel 2018 ha così alla fine pagato a Renzi un aereo: 135mila euro. «Matteo ha perso la testa?», commentavano l’ex ministro Luca Lotti e il presidente della Fondazione, l’avvocato Alberto Bianchi. Ma dalle novantamila pagine di atti depositati dalla Procura della Repubblica di Firenze al termine dell’inchiesta sulla Fondazione diventata la cassaforte dei renziani emerge che quell’investimento non è stato un’eccezione.
Il Giglio Magico, ultimato il trasloco da Firenze a Roma e prese saldamente in mano le redini del potere, nel Pd e come azionisti di maggioranza al Governo, era entrato nel jet set. E come tutti i veri vip per l’ex premier e i suoi fedelissimi sembra fosse diventata un’abitudine saltare da un aereo all’altro, partendo proprio da quei taxi dell’aria privati e costosissimi, che fanno però capire subito chi conta e chi no. A svelare alla Guardia di finanza le rotte renziane è stata una dipendente di K-Air srl, una società di Albenga parte del Gruppo Orsero, impegnata nel trasporto aereo non di linea con una flotta di sei velivoli progettati e costruiti da Piaggio Aero Industries, poi messa in liquidazione. L’impiegata ha assicurato alle Fiamme gialle di essersi occupata dei rapporti…
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