Alla vigilia delle elezioni Europee, la sfida maggiore dell’Italia è quella di tornare a farsi sentire in Europa. Ed Enrico Letta lo dice chiaramente a margine dell’evento della Fondazione Merloni, di cui presiede il comitato scientifico, tenutosi il 20 maggio nella sede romana della fondazione che si occupa di sostenere la crescita dell’Appennino Marchigiano.
Durante la conferenza, Enrico Letta, l’ingegnere Francesco Merloni e la figlia Francesca hanno presentato i temi del Comitato Scientifico 2019 e annunciato l’evento del 13 e 14 giugno a Fabriano, quando i leader internazionali si riuniranno per discutere di cambiamenti climatici, divari dello sviluppo tra regioni dell’Adriatico, i porgetti “Save the Apps” e le elezioni europee, in programma il prossimo 26 maggio.
E proprio a proposito di Europee, l’ex presidente del Consiglio spiega a TPI i rischi che il nostro paese sta correndo mentre guarda a partner non tradizionali, lasciandosi sfuggire la possibilità di sedere al tavolo con chi da sempre discute le questioni rilevanti per l’Unione europea, lasciando di fatto che siano altri paesi a scegliere anche per gli interessi dell’Italia stessa.
“L’Italia deve non autoemarginarsi”, afferma Letta. “A me sembra che questa rincorsa alla Polonia e all’Ungheria sia una rincorsa ad autoemarginare l’Italia. Se i nostri alleati sono polacchi e ungheresi ci condanniamo a un autoisolamento. Non perché io critichi la Polonia e l’Ungheria in quanto tali, ma perché sono due paesi fuori dall’Euro”, continua.
Il destino dell’Italia, secondo l’ex presidente del Consiglio, è quello di stare “là dove si decidono le grandi questioni europee e questo è all’interno dei paesi dell’Euro. Noi siamo il terzo grande paese dell’Euro, quindi dobbiamo assumere fino in fondo la nostra responsabilità”.
Il rischio grosso in cui stiamo incappando è quello di accartocciarci su noi stessi. “Se ci infileremo solo nel dibattito sull’ombelico italiano, saranno gli altri a decidere per i loro interessi e ci terranno fuori, perché ci siamo auto tenuti fuori. Poi hai voglia a prendersela con l’Europa, bisognerà prendersela con noi stessi che ci siamo emarginati”, continua Letta.
A promuovere in modo indiscusso l’emarginazione di cui parla l’ex premier è il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Qualche giorno fa lo stesso Letta l’ha definito il peggior leader che l’Italia abbia mai avuto: “Ci sta emarginando dall’Europa che decide”.
“Credo che ci sia bisogno che tutti quelli che hanno responsabilità e senso di responsabilità se ne rendano conto e penso (e spero) che anche nella maggioranza le voci più ragionevoli se ne rendano conto e ci sia un ragionamento più complessivo sulle sorti del paese”, spiega ancora Letta. Determinante, ora, sarà il voto di domenica che segnerà inevitabilmente la strada che l’Italia si appresta a intraprendere: quella che abbiamo percorso fino a oggi, accanto agli altri paesi dell’Euro, o quella accanto ai paesi che alzano muri.
La politica messa in piedi da Salvini non fa altro che allontanare il nostro paese dal tavolo in cui si discute e decide la sorte dell’Europa, relegandolo invece a un ruolo secondario e del tutto inadatto a far sì che l’Italia torni ad essere ascoltata in Europa, come succede ormai da decenni.
“Credo che sia molto importante che per le elezioni Europee in Italia, partiti di destra, di sinistra, sovranisti, europeisti, governo e opposizione si concentrino – come fanno i grandi paesi – sulle priorità paese. Cioè far sì che il nostro paese vada al tavolo in cui si decideranno le scelte fondamentali dell’Europa, ovvero chi sarà il prossimo presidente della Commissione europea e chi sarà il nuovo presidente della Banca Centrale Europea. Queste sono le due questioni chiave. Noi come Italia dobbiamo essere a quel tavolo. Dobbiamo esserci sapendo che la decisione di quelle due personalità sarà determinante”, continua l’ex presidente del Consiglio.
Come spiega Enrico Letta, l’esempio concreto cui guardare è quello di Mario Draghi, alla guida della BCE: “Pensiamo a cosa ha voluto dire avere Draghi lì in questi anni. Ha guidato la politica europea, la politica monetaria in maniera positiva per l’Europa e positiva per l’Italia”. Il monito dell’ex presidente del Consiglio è chiaro: “Non dobbiamo come Italia estraniarci da quella discussione, tutti presi da un dibattito sulle questioni domestiche, come se fossero il centro del mondo. Le questioni importanti saranno su chi e come sarà fatta la politica europea degli anni prossimi. Dobbiamo stare lì e dobbiamo incidere su queste scelte”.
In parole povere, spiega Letta, l’Italia deve dire con chiarezza che vuole un presidente della BCE in continuità con Draghi: “Tutto il resto è secondario”. “Non è questione di nazionalità, ma di persona. L’Italia deve mirare al bersaglio grosso delle politiche, perché la logica salviniana di ragionare tutto in termini di etnia ci porta a non capire l’obiettivo centrale di avere un presidente della BCE in linea con Draghi, un presidente che sia europeista, in grado di riformare l’Europa secondo linee di sviluppo, di rifiuto dell’austerità, di attenzione alla società europea, che sta vivendo una fase di fragilità. Credo che queste siano le partite importanti a cui l’Italia deve partecipare”, spiega l’ex premier.
Quello che vorrebbe Enrico Letta è che l’Italia, invece di estraniarsi e mettersi all’angoletto a discutere insieme a polacchi e ungheresi del prossimo muro, fosse come è sempre stata al tavolo dove si decidevano queste grandi questioni europee. Non è mai esistito che l’Italia non mettesse bocca sul presidente della Commissione e della Banca Centrale, decidendo insieme agli altri”.
“L’idea che noi ci decidiamo il nostro angoletto e lasciamo francesi, tedeschi, olandesi e spagnoli a decidere tra di loro chi saranno i loro successori, la trovo una vicenda che non è in linea con il peso dell’Italia, con l’ambizione dell’Italia e con l’interesse dell’Italia”, spiega l’ex premier.
Nel corso dell’evento Enrico Letta spende parole di apprezzamento, invece, per l’indirizzo intrapreso dal Governo Conte in materia di accordi commerciali con i paesi dell’Est. A confermarlo l’appuntamento in Vietnam per il prossimo 5 e 6 giugno, quando il premier volerà ad Hanoi insieme a Letta e all’associazione Italy Asean per un’iniziativa che vede coinvolte centinaia di imprese italiane: “Sarà il più grande evento che l’Italia abbia mai organizzato in Vietnam alla presenza dei due primi ministri, con una grande e simbolica presenza del miglior Made in Italy – con un monoposto della Ferrari”, spiega Letta.
“Credo che sia un’altra tappa di questa strategia asiatica, che condivido pienamente, del rafforzamento del ruolo italiano in Asia sempre in una dinamica europea”, continua l’ex premier e presidente di Italy Asean.
Plaude alla scelta del governo di rivolgersi all’Asia, Enrico Letta: “Una scelta che è europea. Io ricordo che in questi ultimi mesi tutti i grandi accordi commerciali che l’Europa ha chiuso sono stati con l’Asia”. Giappone, Singapore, Vietnam, Corea e poi ancora Indonesia e Malesia. “È naturale e molto intelligente che l’Europa si stia rivolgendo verso est. Ed è molto intelligente che l’Italia faccia lo stesso. Non vedo una contraddizione rispetto a quello che sta facendo l’Italia aprendo a est e la strategia europea”, spiega l’ex premier.
“Quello che l’Italia ha fatto con la Cina fa parte di una strategia europea. Dobbiamo raccordarci all’Europa e c’è bisogno che l’Europa sia incline a farlo insieme a noi”. L’appuntamento vietnamita, per Letta, rapppresenta una scelta importante nell’interesse del paese: “Credo che sia stato molto lungimirante e intelligente la scelta del presidente del Consiglio di esserci. In linea con i ragionamenti con la Cina. Ragionamenti che ha fatto il governo, il presidente del Consiglio, ma sono stati fatti a nome di tutto il paese”. Dinamiche che, a detta del presidente di Italy Asean, non presentano alcuna contraddizione con il tradizionale transatlantismo e con l’alleanza con gli Stati Uniti dell’Italia. “L’Ue deve cercare i suoi mercati in giro per il mondo”, anche alla luce dell’ipotesi profilata dal presidente Trump di imporre i dazi ai mercati europei.