Era luglio 2019 quando il governo Conte annunciò: «La Tav si farà». Nonostante la lunga tiritera delle analisi costi-benefici, alla fine anche i Cinque stelle si piegarono. Da allora sono passati oltre due anni, eppure poca strada – è il caso di dirlo – è stata percorsa. Un esempio? La Telt, la società metà italiana e metà francese che si occupa della Torino-Lione, vuole spendere 300mila euro per uno studio sulla «mobilità multimodale» in Val di Susa «in connessione con il tratto transfrontaliero della nuova linea ferroviaria Lione-Torino», sul «rilancio della linea storica» e sullo «sviluppo socio-economico, turistico e culturale dei territori».
Insomma, siamo ancora alla fase di studio su un’opera considerata irrinunciabile dai suoi sostenitori. Ma sulla quale solo ora si ragiona sulla «mobilità multimodale», ovvero sul trasferimento merci che utilizza più modalità di trasporto combinate tra loro. Nel 2021. Quando l’idea è stata concepita per la prima volta negli anni ’90. Meglio tardi che mai.
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