Lo straordinario successo del Movimento Cinque Stelle alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 è andato probabilmente oltre ogni aspettativa.
Il movimento fondato da Beppe Grillo (qui vi spieghiamo perché si chiama proprio così), accreditato nei sondaggi diffusi a due settimane dal voto al 27 per cento dei consensi (addirittura dietro la coalizione di centrosinistra), ha ottenuto invece il 32,68 per cento dei voti.
In questa fase post-elettorale si sta quindi cercando di capire se Luigi Di Maio potrà davvero formare un governo, magari con la squadra di ministri che aveva proposto a pochi giorni dal voto, e ottenere la fiducia in parlamento.
Al momento, il principale dibattito riguarda l’eventualità di un’intesa tra i pentastellati e il Partito Democratico, che è uscito con le ossa rotte dalle elezioni ottenendo appena il 18,72 per cento dei voti.
Nel discorso con cui ha rassegnato le dimissioni da segretario, Matteo Renzi ha escluso qualsiasi ipotesi di alleanza.
Tuttavia, il dibattito nel partito è ancora aperto, e c’è chi, come il presidente della regione Puglia Michele Emiliano, spinge proprio per un accordo con i Cinque Stelle.
Il Pd attualmente entra in una fase delicata, e dovrà trovare un nuovo segretario che avrà il ruolo di definire la linea politica del partito (ecco chi sono i papabili alla successione di Renzi).
Uno dei principali motivi per cui gli elettori e i militanti del Pd non vedono di buon occhio un’alleanza col Movimento Cinque Stelle, è l’idea secondo cui i grillini sarebbero in realtà l’espressione di un pensiero di destra.
Il Movimento Cinque Stelle è di destra o di sinistra?
In particolare su temi come quello dell’immigrazione, Di Maio e i principali esponenti pentastellati hanno infatti espresso posizioni difficilmente compatibili con una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione su cui dovrebbe fare perno qualsiasi partito che possa definirsi “di sinistra”.
Tuttavia, proprio per la connotazione esplicitamente post-ideologica del movimento, è molto facile trovare al suo interno proposte di destra e altre di sinistra.
Se sull’immigrazione i grillini hanno posizioni non compatibili con i valori della sinistra, ben più complesse sono le questioni che riguardano il lavoro, l’economia e la previdenza sociale.
Come è ormai noto, infatti, il Movimento Cinque Stelle ha fatto il pieno di voti al Sud e tra le persone con redditi bassi o sotto la soglia di povertà.
Il motivo non è difficile da intuire, e si chiama reddito di cittadinanza (qui spieghiamo nel dettaglio cos’è e come funziona).
La proposta del Movimento Cinque Stelle prevede che questa forma di sostentamento possa essere richiesta da persone con determinati requisiti che nel programma vengono quantificati in nove milioni di individui.
Questi requisiti sono: avere almeno 18 anni, essere disoccupato o inoccupato o ricevere un reddito da lavoro o una pensione inferiore alla soglia di povertà.
Si può discutere all’infinito se si tratti di una misura attuabile o meno, e una risposta la avremo solo se e quando i 5 Stelle saranno effettivamente al governo.
Non c’è dubbio, però, che si tratti della principale misura di assistenza sociale e sostegno al reddito presentata in questa campagna elettorale e, di conseguenza, di un provvedimento che si può considerare a tutti gli effetti “di sinistra”, perché si ispira, almeno a livello teorico, a valori come l’eguaglianza e la giustizia sociale.
Forse proprio per questo motivo il movimento guidato da Luigi Di Maio ha fatto il pieno di voti anche tra chi, nella Prima Repubblica, dava regolarmente la sua preferenza al Partito Comunista Italiano (Pci).
Come rivela una ricerca condotta da Swg, istituto italiano che si occupa di sondaggi e indagini di mercato, le persone che nel 1987 avevano votato Pci, sono passate per il 35 per cento tra le fila del Movimento Cinque Stelle.
Il 32 per cento ha scelto il Pd, il 10 Liberi e Uguali, il 9 la Lega e il 5 Potere al popolo, mentre il 20 per cento si è astenuto.
A ulteriore conferma di come i grillini siano risultati più attraenti per un elettorato storicamente di sinistra e non di destra, si aggiunge il dato sulle persone che, sempre nel 1987, avevano votato per la Democrazia Cristiana.
Tra queste, il Movimento Cinque Stelle ha ottenuto solo il 18 per cento dei consensi, contro il 29 per cento di Forza Italia, il 20 della Lega e il 18 del Pd.
Come è noto, all’interno dela Dc coesistevano numerose correnti e visioni della società, che a seconda del periodo storico si sono alternate alla guida del partito e del paese.
Sarebbe ovviamente sbagliato e semplicistico quindi classificare la Democrazia Cristiana come un partito di destra.
Tuttavia, il dato comparato tra Pci e Dc è emblematico: mentre gli ex elettori “comunisti” hanno votato in maggioranza per i pentastellati, gli ex Dc hanno fatto scelte diverse, orientandosi in gran parte sui partiti della coalizione di centrodestra.
Ad avvalorare la tesi secondo cui i Cinque Stelle sarebbero stati votati più da persone che si definiscono di sinistra che non da persone che si identificano con i valori della destra, c’è il dato comparato tra le elezioni del 2013 e quelle del 4 marzo 2018.
Come rilevato da una ricerca Ipsos, nell’ultima tornata elettorale, infatti, tra coloro che nel 2013 avevano dato la loro preferenza al Pd guidato da Pierluigi Bersani, il 14 per cento ha scelto di passare al Movimento Cinque Stelle.
Solo l’8 per cento delle persone che avevano votato per la coalizione di centrodestra nel 2013, invece, si è spostata sui grillini nell’ultima tornata elettorale. Una differenza non enorme (cinque punti percentuali), ma comunque significativa se letta assieme al dato degli ex elettori Pci e Dc.
In conclusione, il dibattito sulla natura politica e ideologica dei pentastellati, almeno dal punto di vista delle preferenze espresse dagli elettori, sembra risolversi per una collocazione a sinistra molto più che a destra.
Ognuno può avere la sua opinione e considerare appunto i Cinque Stelle di destra o di sinistra. Di sicuro, però, il movimento guidato da Luigi Di Maio è stato “percepito” da chi lo ha votato, in linea tendenziale e chiaramente non esclusiva, come un movimento più di sinistra che di destra.