Elezioni Amministrative 2021, Milano: gli errori della sinistra e una città da ricostruire dopo il Covid
A Milano si è più impegnati a reagire alla pandemia e alle sue conseguenze socio-economiche che a pensare alla campagna elettorale. Molti non sanno o non sono interessati a sapere che quest’anno ci saranno le amministrative. Eppur ci sono. E gli addetti ai lavori ci stanno lavorando da mesi, con stop and go e difficoltà ideative per una campagna elettorale da giocarsi da remoto, senza confronti dal vivo, senza la fisicità che alimenta i militanti e informa, forma e orienta i cittadini votanti.
I 9 municipi tirano le somme dei lavori fatti (o non fatti) e diventano incredibilmente operosi e solerti nel rispondere alle richieste, nel tappare i buchi nelle strade e nel diffondere questionari di soddisfazione.
Milano è un’anatra zoppa
Milano è stata, in questi cinque anni, un’anatra zoppa e ad azzopparla sono state la sinistra e la sua costante scelta di non convergere su un unico candidato, regalando di fatto 5 municipi su 9 alla destra.
A Milano Beppe Sala governa da 5 anni con 5 presidenti di municipio che fanno il possibile, a volte reinterpretando il concetto di politically correct, per boicottare ogni atto d’indirizzo, delibera, decisione. Convivenza faticosa e forzata che di fatto ha limitato e rallentato la reale autonomia dei municipi, lentezza agita come forte azione di autotutela di Palazzo Marino di cui tutti siamo o dovremmo essere consapevoli e che certo non è andata nella direzione della Milano policentrica di cui tanto si parla ma che soprattutto serve.
Quest’anno la modifica del regolamento comunale che ha inserito il ballottaggio anche per i municipi dovrebbe fa andare diversamente le cose e forse correggere la distorsione politica della sinistra. Sperem.
Destra
A destra la scighera (la nebbia milanese) si fa intensa. In pieno lockdown Giulio Gallera (allora assessore regionale al Welfare e Sanità) si è auto-nominato candidato sindaco per due giorni, poi Salvini ha alzato un sopracciglio e Gallera è tornato a far gravi danni in regione.
Si sono poi susseguite le voci di candidature di Morgan (sì, proprio lui, da Sanremo a Milano), di Roberto Rasia Dal Polo, Simone Crolla, Federica Olivares, Gabriele Albertini. Ed è proprio sull’ex sindaco in mutande (griffatte Valentino però) che pare convergere lo sguardo del centrodestra, ma il nome non ha ancora il benestare di Berlusconi e quindi si attende.
Il partito LGBT
Nel frattempo sulla scena delle amministrative fa una rapida apparizione il partito gay, che assicura che concorrerà con un proprio simbolo perché “le persone LGBT non vogliono più delegare le proprie istanze a terzi”, ghettizzandosi in autonomia, parcellizzando i diritti civili e dando uno spaccato di politica ad interesse privato che certo non appartiene alla comunità LGBT milanese (non prendendo nel frattempo nessuna posizione sul ddl Zan).
Milano Concreta
Simone Sollazzo, consigliere in carica del Gruppo misto, uscito dai 5 stelle, ha creato Milano Concreta, una nuova lista con cui si candiderà a governare la città. Peculiare il programma elettorale presentato: “Discutere con i cittadini gli obiettivi di base e arrivare a realizzare progetti e soluzioni amministrative in ogni settore“.
Il M5S
Nella bizzarria della politica del capoluogo lombardo non può non avere un ruolo di riguardo il Movimento 5 Stelle, all’opposizione dal primo giorno di consiliatura, una mattina si è svegliato e ha dichiarato il pieno sostegno al sindaco in carica appellandosi a successive trattative riservate per le contropartite (con buona pace dello streaming loro cavallo di battaglia storico). Il tutto senza che Beppe Sala ne sapesse assolutamente nulla.
Giusto sottolineare che ad oggi la pattuglia dei consiglieri grillini conta ben due nomi, numero che rispecchia la presenza in città del Movimento.
Sinistra
La sinistra radicale converge su Milano in Comune, simbolo già presentato nelle elezioni del 2016 che candida Gabriele Mariani attuale consigliere di municipio 3 (eletto nel 2011 nel PD e nel 2016 con Sinistra x Milano). Ma la vera notizia di Milano in Comune è che il volto storico della “sinistra a sinistra”, Basilio Rizzo, ha annunciato di non ricandidarsi come consigliere a Palazzo Marino, mettendo fine ad una presenza ininterrotta dal 1983. La sala Consiglio non avrà più lo stesso aspetto.
Coalizione per Beppe Sala
Beppe Sala prima del Covid avrebbe avuto la vittoria talmente certa che organizzare le elezioni sarebbe stato un danno all’erario, quasi da segnalazione alla Corti dei Conti. Oggi invece, a sorpresa, viene illuminato da una luce verde europea e si smarca, a tempo di record, dal confuso PD cittadino, impegnato a gestire e a riscrivere gli equilibri dopo il cambio di vertice a Roma. Una decisione imprevista che ha provocato qualche batticuore ma molti più infarti.
I Verdi, un partito che a Milano è poco rappresentato, sono passati dal “concorreremo con un nostro sindaco” di luglio, alla dichiarata intesa con Sala, subito smentita e altrettanto velocemente riconfermata a dicembre. Ed ora, con un piede in Lista Sala, uno in una lista propria e la coda che si agita furiosamente al grido di “venduti al palazzinaro”.
Presente e già al lavoro da tempo, la lista Milano Unita, trainata dall’assessore in carica Paolo Limonta, ha riunito diverse anime della sinistra (Articolo Uno, Sinistra Italiana, alcuni ex Sel ancora alla ricerca di una casa e molti militanti dell’associazionismo sociale). Le caratteristiche, ad oggi, di questa lista sono l’assenza di consiglieri attualmente eletti (né municipali né comunali) e di essersi espressa a favore dei 5 stelle in coalizione.
Per votare a Milano ci vorrà una scheda in formato A3, visto il numero delle liste, tanto che si sta già pensando di organizzare corsi di piega rapida per diminuire il rischio che i cittadini escano dalla cabina a scheda aperta chiedendo aiuto per ripiegarla.
Il proliferare di liste, specialmente di sostegno al sindaco Sala, è paragonabile all’RT su un treno Trenord all’ora di punta. Troppo elevate.
Le liste di sostegno a Sala sono davvero molte: Pd, Verdi, Milano Unità, Lista Sala, Azione, Più Europa, Volt, la lista di Franco D’Alfonso – alla quale dovrebbero aderire Lavoriamo per Milano (il movimento di Gianfranco Librandi), Base Milano (movimento rappresentato da Marco Bentivogli) e molto probabilmente Italia Viva (che però minaccia di sfilarsi se in coalizione entrassero i 5 stelle e che a sua volta provoca diversi malumori ai candidati delle altre liste).
La Lista Beppe Sala sindaco (che il 17 aprile ha svelato simbolo e teste di lista) ha come capilista Martina Riva, consigliera del municipio 7 già in corsa alle europee del 2019 con +Europa, ed Emmanuel Conte, consigliere comunale di Milano Progressista (eletto come Lista Sala). E tra i candidati ci sono gli assessori Gabriele Rabaiotti (Politiche sociali e abitative) e Roberta Guaineri (Sport e Turismo), il presidente delle Acli meneghine Paolo Petracca, la consigliera comunale eletta nelle file della Lista Sala Marzia Pontone, Simone Zambelli, presidente uscente del municipio 8, e Anita Pirovano, capogruppo di Milano Progressista (entrambi della sinistra progressista cittadina).
Una lista Civica, sì, ma dai forti profili ed esperienze politiche, anche se molto differenti tra loro, ma che ha l’obiettivo di “mettere insieme valori e anche diversità”.
Questioni di genere
Il sindaco, oltre ad aver alimentato le patologie cardiache per la conversione green, ha “chiesto” alla sua futura coalizione l’equilibrio di genere nelle candidature a presidente di municipio definendo un minimo di 4 donne. Sperando così di metter fine alla stagione delle foto mono gender in cravatta.
Milano non è affatto immune dal maschilismo politico diffuso in tutto il paese. Oggi sindaco, presidente del Consiglio comunale, 9 su 11 capogruppo, 8 su 9 presidenti di Municipio, sono uomini, a cui si aggiunge il segretario comunale. Le uniche donne in cariche di prestigio sono Laura Specchio, capogruppo di Alleanza per Milano, e Anita Pirovano, caporguppo di Milano Progressista. Caterina Antola del PD è l’unica presidentessa di Municipio, il 3.
La campagna elettorale
Nelle prossime settimane scopriremo i tasselli mancanti delle elezioni meneghine. Ancora in sospeso la posizione dei 5 stelle – nei confronti dei quali Sala “non apre il file” e specifica che per essere in coalizione si deve “far parte stabilmente dell’alveo di centrosinistra” – e il nome del candidato unico della destra, anche se Albertini è dato ormai per certo.
Scopriremo anche come sarà questa strana campagna elettorale che ad oggi non è iniziata ma c’è, che non è fatta di fisicità ma di link, che non prevede banchetti ma messenger di scouting sui profili FB e che ancora non è nella testa dei milanesi.
Milano è abituata a vincere le sfide che si profilano all’orizzonte attraverso modelli innovativi di sviluppo, ma le sfide oggi sono in parte cambiate come cambiati sono i milanesi, le nuove sfide mettono al centro una domanda di vicinanza alla cittadinanza, di servizi socio-sanitari (messi in ginocchio dalla Regione), di maggior connessione con città metropolitana, di lavoro e di reale inclusione.
A gennaio 2020 l’elezione prevista nel 2021 era considerata vinta dal centrosinistra senza troppa fatica, il contendere era tutto incentrato sulle sfumature di rosso, oggi non è più così e i bisogni insoddisfatti sono cattivi consiglieri.
Il sindaco Sala dovrà essere molto attento, non commettere altri errori, e concretizzare il progetto di Milano in 15 minuti senza dimenticare che la città non finisce ai bastioni né con la periferia ma è ormai fusa con l’intera città metropolitana. La svolta femminista e green, che Milano attende e di cui ha bisogno, non può essere solo una bandierina ma deve concretizzarsi in azioni, progetti e misure. Da questo dipenderà il futuro della città.
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