Con la chiusura delle liste si ufficializzano anche i cosiddetti “impresentabili”, cioè i candidati nei guai con la giustizia. La questione è trasversale, perché riguarda le diverse formazioni politiche: dalla Lega al Pd, da M5S a Fratelli d’Italia, da Forza Italia a Italia Viva-Azione. E in primis ci sono i capi-partito. Silvio Berlusconi, candidato al Senato a nove anni dalla sua decadenza dopo la condanna definitiva per frode fiscale nel processo sulla compravendita dei diritti televisivi di Mediaset, è tuttora a processo per il Ruby-ter per corruzione in atti giudiziari. Il leader della Lega Matteo Salvini è imputato a Palermo per il caso Open Arms, dove deve rispondere all’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio. Per Matteo Renzi, capo di Italia Viva, la procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per presunte irregolarità riguardanti il finanziamento alla Fondazione Open (insieme a Maria Elena Boschi, anche lei candidata dal Terzo Polo). Ma, al di là dei leader, sono decine i nomi dei candidati che hanno guai giudiziari.
Partiamo dalla destra. Massimiliano Romeo, capogruppo uscente del Carroccio al Senato, che ha una condanna a un anno e otto mesi per peculato confermata in appello per la cosiddetta “Rimborsopoli”, le spese pazze al Consiglio regionale della Lombardia. Nonostante questo, il leghista correrà per un nuovo mandato a Palazzo Madama in un collegio uninominale lombardo.
L’editore e imprenditore Antonio Angelucci, che è già stato in Parlamento con Berlusconi per tre legislature, è stato condannato in primo grado a un anno e 4 mesi di reclusione per falso e tentata truffa nell’ambito di un processo legato ai contributi pubblici percepiti tra il 2006 e il 2007 per i quotidiani Libero e il Riformista. Ma questo non gli impedisce di correre per un quarto mandato, stavolta con Salvini. Angelucci è imputato in diversi procedimenti penali, in uno dei quali deve rispondere di tentata corruzione nei confronti dell’attuale assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato.
In Calabria corre come capolista per Forza Italia al Senato l’ex sindaco di Cosenza Mario Occhiuto (fratello maggiore del governatore Roberto) attualmente sotto processo per bancarotta fraudolenta e cui è stato di recente notificato un atto di chiusura delle indagini per un’altra vicenda, con lo stesso capo d’accusa. FI schiera anche Claudio Lotito, candidato in Molise al Senato, che ha una condanna definitiva per omessa alienazione di partecipazioni societarie. Per il patron della Lazio, lo scorso febbraio, è stato invece dichiarato dal gup di Roma il non luogo a procedere per sopraggiunta prescrizione nel processo relativo all’indagine ribattezzata “Multipoli”, riguardante una serie di contravvenzioni annullate risalenti al periodo compreso tra l’agosto e ottobre del 2014. Vittorio Sgarbi, che correrà per la coalizione di centrodestra nel collegio uninominale del Senato di Bologna, ha attualmente in corso diversi processi per diffamazione, oltre a una condanna definitiva risalente al 1996 per truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, a causa del suo assenteismo nel periodo in cui lavorava presso la Soprintendenza di Venezia. Anche Mariarosaria Rossi, fedelissima di Berlusconi e candidata in Campania, è a processo per falsa testimonianza, sempre nel processo Ruby-ter, dove è stata chiesta una pena di un anno e quattro mesi.
Il sindaco dimissionario di Catania, Salvo Pogliese, correrà invece in Sicilia. L’esponente di FdI, che è anche uno dei due coordinatori regionali del partito guidato da Giorgia Meloni, era stato sospeso dall’incarico di primo cittadino nel 2020, in applicazione della legge Severino, dopo la sua condanna in primo grado per peculato a 4 anni e 3 mesi di reclusione nel processo su rimborsi all’Ars. Ma la legge non gli impedisce di candidarsi da parlamentare: Pogliese ha quindi rassegnato le dimissioni per correre al Senato.
Giulio Centemero, il deputato e tesoriere della Lega, è stato condannato in primo grado a otto mesi dal Tribunale di Milano per finanziamento illecito e si trova ancora sotto processo per l’inchiesta sullo stadio della Roma, insieme al costruttore Luca Parnasi.
Spostandoci a sinistra, in Sicilia spicca il nome di Giuseppe Castiglione, capolista per Azione alla Camera nel collegio di Catania. Ex luogotenente di Angelino Alfano in Sicilia, è da poco uscito da Forza Italia per approdare al partito fondato da Calenda, che ha scelto di candidarlo nonostante sia imputato dinanzi al Tribunale di Catania in un processo per turbativa d’asta e corruzione elettorale, riguardante la gestione del Cara di Mineo, il centro di accoglienza per richiedenti asilo più grande d’Europa, chiuso nel luglio del 2019. Tra i candidati del Terzo Polo alla Camera c’è anche il senatore di Italia Viva Francesco Bonifazi, imputato a Roma insieme a Centemero nel filone d’inchiesta sullo stadio. Candidata per la Camera in Molise anche la deputata di IV Giuseppina Occhionero, imputata per falso a Palermo per la vicenda riguardante il suo ex assistente Antonello Nicosia, l’attivista radicale poi condannato a 16 anni e 8 mesi per associazione mafiosa e falso, che – entrando insieme a lei in carcere – veicolava messaggi ai boss mafiosi.
Per il Movimento Cinque Stelle è candidata a Torino l’ex sindaca Chiara Appendino, condannata in primo grado a un anno e mezzo, con sospensione condizionale della pena, per omicidio colposo e lesioni. La condanna riguarda i fatti del 3 giugno 2017 a piazza San Carlo, quando, durante la proiezione della finale di Champions League Real Madrid-Juventus, si scatenò il panico tra la folla e due persone morirono, mentre 1.600 rimasero ferite. Per le regole di M5S, tuttavia, Appendino è candidabile, perché il reato non è doloso.
Il Pd ha candidato invece Piero De Luca, figlio del governatore campano Vincenzo, vice-capogruppo uscente dei democratici alla Camera dei Deputati. De Luca junior, sotto processo per bancarotta fraudolenta, correrà in un collegio plurinominale a Salerno. Per Piero Fassino, che corre in Veneto per la Camera, è invece stato chiesto il rinvio a giudizio nell’inchiesta Ream-bis, riguardante l’iter per la vendita dell’area ex Westinghouse che risale al 2012-13, quando l’esponente dem era sindaco di Torino. Nell’ambito dell’inchiesta, Fassino è accusato di turbativa d’asta.
Leggi l'articolo originale su TPI.it