Nei palazzi del potere capitolino stanno girando in queste ore di inizio weekend le voci più disparate: da quella che vorrebbe Mario Draghi pronto ad annunciare nella conferenza stampa di lunedì prossimo (a proposito: Tpi è in grado di anticipare che si terrà alle 18) le proprie “dimissioni” dalla corsa per il Quirinale a quella che vorrebbe l’ex ministro nonché maestro di sci Franco Frattini pronto a scendere in campo per la corsa al colle. Niente di più falso: Silvio Berlusconi a tutto pensa fuorché alla possibilità di lanciare l’attuale Presidente aggiunto del Consiglio di Stato alla presidenza della Repubblica così come Mario Draghi non ha nessuna intenzione di ritirarsi dalla corsa per il Quirinale. D’altra parte, come ribadiscono fonti di Palazzo Chigi, la conferenza stampa di lunedì prossimo servirà solamente a fare il punto sulla questione covid e a null’altro. Nemmeno una parola verrà spesa per altre questioni.
La conferenza servirà per riannodare i fili della maggioranza di governo e per rimettere Palazzo Chigi in sintonia con il paese ma la partita Quirinale resterà fuori dalla discussione. Certo, come già anticipato ieri da Tpi, rimane l’amarezza per la situazione attuale del governo e per il fatto che certi ministri e certi leader di partito non perdano ogni occasione possibile per prendere le distanze dalle decisioni prese di comune accordo. L’ex presidente BCE è rammaricato soprattutto per le prese di posizione di Pd e Lega che ogni volta, in occasione dei CDM, rischiano di mettere turbolenze nella già tumultuosa compagine governativa. Soprattutto perché super Mario pensava e soprattutto sperava che su questioni di vitale importanza per il paese come la battaglia al covid non ci sarebbero state distinzioni politiche di sorta. Ma così non è stato tanto che le ultime settimane del governo Draghi cominciano a somigliare tremendamente alle “bandierine” del Conte 2.
Per quanto riguarda invece la sua ascesa al Quirinale, da Palazzo Chigi ostentano tranquillità: da tempo c’è un patto ben preciso con l’attuale inquilino del Colle. Patto che molto difficilmente potrà essere incrinato dai capricci odierni dei partiti che comunque non sono in grado di accordarsi su nessuna alternativa credibile. Inoltre, l’impegno preso durante la conferenza stampa di Natale di non sciogliere il Parlamento in caso andasse al Colle ha reso la strada più semplice. Persino gli errori e gli svarioni compiuti da Palazzo Chigi nelle scorse settimane potrebbero favorire la sua ascesa per il Quirinale, perché dimostrano che non è più il super Mario di prima e quindi spaventa meno i partiti che ora cominciano a credere di poter essere in grado di controllarlo. Quindi ora è un presidente più debole che sta bene ai partiti. Ora però manca l’accordo sul nuovo governo che dovrà portare a termine la legislatura, e di questo, oltre agli sherpa di Mario Draghi se ne stanno già occupando in prima persona personaggi del calibro di Letta (zio e nipote), Salvini, Renzi e Conte: c’è chi lavora ad un premier tecnico e chi preferirebbe un premier politico. Intanto gli uomini di Mario Draghi hanno già fissato l’asticella per l’elezione al soglio quirinalizio: l’obiettivo è prendere più di 800 voti a partire dalla quarta o (più probabilmente) dalla quinta votazione. La cosa dipenderà soltanto da quando “nonno” Berlusconi deciderà di farsi da parte.