Giorgia Meloni prende il largo. Fratelli d’Italia è il primo partito con il 20,8%, secondo le intenzioni di voto raccolte dal sondaggio Demos, 0,7 punti percentuali in più rispetto a luglio scorso. Per la formazione di destra il vantaggio aumenta rispetto alla Lega (19,6%, -0,9 rispetto a due mesi fa) e al Pd (19,3%, -0,4 rispetto a due mesi fa). Un dato non buono per Mario Draghi perché costringerà inevitabilmente Matteo Salvini a fare ancora di più “l’opposizione stando al governo” con buona pace dei pur numerosi maggiorenti leghisti che di questa tattica a doppio taglio non ne vogliono sentire parlare, a cominciare dal fido (di Mario Draghi…) Giancarlo Giorgetti. Ma costringerà anche Enrico Letta, il segretario del Pd ad alzare i toni se presto non vorrà ritrovarsi a ridosso del tanto vituperato 18%: quello del mai amato Matteo Renzi per intenderci.
I problemi però per Mario Draghi non finiscono qui: l’autunno si presenta a dir poco bollente. L’agenda economica nei prossimi mesi sarà piena di appuntamenti da far tremare i polsi: fisco, ammortizzatori sociali, concorrenza, misure anti-delocalizzazione, Quota 100, giustizia. “Troppe riforme da attuare in troppo poco tempo” commenta un big della maggioranza di governo. In più ci sarà da presentare entro metà ottobre la legge di bilancio. E tanto per non farci mancare nulla l’Europa ha già attivato i controlli sull’iter di approvazione delle riforme. Insomma, siamo di fronte ad un quadro che presenta oggettive difficoltà non di poco conto, forse troppo anche per un personaggio del calibro di super Mario.
Ed è proprio questo, a sentire i più autorevoli spifferi che giungono dal palazzo, il vero motivo che ha spinto l’ex presidente BCE a tirar fuori in questo momento la storia dell’obbligo vaccinale. “Servirà nei prossimi mesi per tenere unito il governo: la drammatizzazione dell’emergenza Covid con la relativa richiesta di obbligo vaccinale servirà per tenere unito l’esecutivo e fare le riforme necessarie per prendere i soldi dall’Europa”.
Insomma, Mario Draghi si avvia a sfruttare politicamente l’emergenza Covid esattamente come già fatto dal suo predecessore a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte. D’altra parte non ci sono motivazioni sanitarie che giustifichino un eventuale obbligo, tanto più che il paese sta raggiungendo l’80 o addirittura l’85% di vaccinati. Siamo a livelli di maggioranza “bulgara”. Un membro del governo come il sottosegretario alla Salute Sileri lo dice chiaramente: “In questo momento l’obbligo non serve. I numeri stanno dalla nostra parte. Si può parlare di obbligo se l’epidemia accelera e le persone non si vaccinano. Oggi le vaccinazioni aumentano, raggiungeremo il target dell’80% della popolazione vaccinata. La possibilità di tirare fuori l’obbligo dal cassetto è l’extrema ratio. Poi: per chi servirebbe l’obbligo? Con quale vaccino?”.
Insomma la partita è tutta politica: Draghi, bravissimo a parole in conferenza stampa nel separare i destini del governo da quello dei partiti, sa però benissimo che il percorso delle riforme sarà lastricato da numerosissime trappole. Su molte riforme infatti le posizioni dei partiti sono agli antipodi e molti sono gli argomenti politicamente sensibili. Cosa c’è di meglio dunque che richiamare tutti all’obbligo dell’emergenza covid (con una sana e consapevole drammatizzazione, per dirla alla Zucchero Fornaciari) per tenere unito il governo?