Questa mattina il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha avuto “un lungo e cordiale colloquio telefonico” con il segretario del Partito democratico, Enrico Letta. Lo rende noto Palazzo Chigi. In realtà, a quanto siamo in grado di rivelare, la telefonata non è stata proprio così “cordiale” come da Palazzo Chigi si vuol far credere, se non altro per motivi di galanteria istituzionale.
Anzi, la telefonata tra i due è stata alquanto “freddina” (eufemismo): una cosa inaspettata, se pensiamo che stiamo parlando del segretario del Pd, partito filo-governativo per antonomasia. Ma andiamo con ordine, perché il “cahier de doléances” evidenziato dal presidente del Consiglio a Enrico Letta ha riguardato diversi punti.
Prima contestazione: che motivo c’era di sollevare ora la questione “tasse” quando tutti sanno che il governo ha in cantiere nei prossimi mesi la riforma del Fisco, peraltro ampiamente prevista dagli impegni presi in Europa per via del Piano nazionale di ripresa e resilienza? Quella è la sede per parlarne, ha ricordato Draghi a Letta.
Il presidente del Consiglio non vuole “fughe in avanti” su questioni così delicate che incidono sulla carne viva del paese né proposte estemporanee fatte solamente per tentare di lucrare consensi elettorali. La riforma del Fisco, ha ricordato il premier, dovrà essere “organica”.
Secondo punto: a Palazzo Chigi non piace affatto l’approccio del Pd nei confronti delle iniziative del governo, sempre fuori “asse”, fuori “sincrono”. Draghi ha chiesto un approccio diverso, più costruttivo perché dal punto di vista politico, ha ricordato al pisano, manca un’azione diretta di sostegno alle iniziative del governo da parte del Nazareno.
In poche parole, “basta fare il Salvini della situazione”. E pensare che nel Pd hanno dei ministri che a Draghi piacciono molto: Guerini, ad esempio. Ne viene apprezzato, e molto, l’approccio. Silenzioso e costruttivo allo stesso tempo. Ma tra Draghi e Letta sembra proprio essere sceso il “grande freddo”.
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