Non è stata una per niente una mattinata tranquilla per Mario Draghi e il suo staff (al di là del rapporto sempre più “freddo” con uno dei suoi più stretti collaboratori, ma questo è un altro discorso). Il barometro segna brutto tempo su Palazzo Chigi e c’è ancora grande insoddisfazione per come sono andate le cose nel Consiglio dei ministri di ieri sera.
Nelle intenzioni del premier avrebbe dovuto essere il primo grande momento di “consacrazione” per mostrare all’Europa che l’Italia è pronta a fare le riforme “senza se e senza ma” e invece c’è chi si è messo ostinatamente di traverso.
Non tutti lo sanno ma sulla questione giustizia Mario Draghi si è impegnato personalmente con i principali partner europei e ha promesso loro che si andrà fino in fondo, costi quel che costi. Ci ha messo la faccia con gli ambienti internazionali che contano, non bazzecole. E se c’è una cosa che al premier proprio non piace è perdere la faccia in Europa.
Per Draghi deve essere proprio la riforma della giustizia la cartina di tornasole del cambiamento italiano, per mostrare il cambio di passo dell’Italia nei confronti dei partner comunitari.
C’è poi il tema del suo rapporto con Giuseppe Conte: checché ne dica quest’ultimo, tra i due non c’è feeling (eufemismo) e – anche se nelle conferenze stampa l’ex presidente del Consiglio è sempre prodigo di elogi nei confronti dell’ex presidente Bce – Mario Draghi sa benissimo che tra i due non ci potrà mai essere niente più che un rapporto da “buongiorno e buonasera”.
Per questo ieri il premier in Consiglio dei ministri non ha preso affatto bene la presa di posizione grillina: sapeva benissimo da che parte dei Cinque Stelle proveniva (vale a dire quella contiana). E nessuno adesso può prevedere come finirà quando il provvedimento arriverà in aula.
“Per adesso l’ala oltranzista dei grillini è stata messa in condizioni di non nuocere ma può sempre rialzare la testa”, sospirano a Palazzo Chigi. Se qualcuno farà sgambetti, però, Draghi ha già pronta la “atomica” e non si esclude più nessuna contromisura nei confronti dei grillini, compresa quella di minacciare il “rompete le righe”.
Come a dire che, se in Parlamento qualcuno comincerà a fare “giochetti” per logorare il governo, il presidente del Consiglio potrebbe persino arrivare ad agitare lo spettro della crisi, decretando il game over e mandando tutti a casa. Ben sapendo, però, che i Cinque Stelle non potranno mai spingersi a tanto perché rischierebbero di perdere il seggio ad un anno e più dalla scadenza naturale della legislatura. E a Palazzo Chigi sanno benissimo che è questo il vero punto debole di tutta la strategia contiana.