Le speranze per un Draghi bis sembrano sempre più ridotte al lumicino. Mercoledì sarà il giorno della resa dei conti, con il premier che riferirà alle Camere dopo lo strappo del Movimento 5 Stelle. “Il governo non ha più agibilità politica”, è convinto Mario Draghi, per cui convincerlo a ritirare le sue dimissioni non sarà impresa facile. “È irremovibile, non si vede come da qui a mercoledì possa cambiare idea”, spiegano fonti di Palazzo Chigi.
“Ci sono buone ragioni per andarsene e buone ragioni per restare”, avrebbe confidato il presidente del Consiglio ai suoi collaboratori più fidati, secondo un retroscena di Repubblica. Nel suo attesissimo discorso di mercoledì, prima al Senato e poi alla Camera, l’ex capo della Bce dovrebbe spiegare perché dal suo punto di vista “la maggioranza non c’è più”. E quindi neppure le condizioni per proseguire con l’azione di governo. L’ipotesi più probabile, al momento, è che dunque Draghi confermi le sue dimissioni.
A quel punto lo scenario conseguente vedrebbe con ogni probabilità lo scioglimento anticipato delle Camere. L’eventualità di un Draghi Bis ad oggi appare lontana ma non impossibile. Per convincere il premier a restare a Palazzo Chigi servirebbe un chiaro mandato e la piena fiducia ad andare avanti da parte dei leader politici e dei capigruppo di tutti i principali partiti, che si traduca in una risoluzione della larga maggioranza da sottoporre a un voto di fiducia.
Da sciogliere poi il nodo 5 Stelle, che vive ore di travaglio sull’ipotesi di ritirare i propri ministri. Meloni e Salvini si sono detti indisponibili a governare ancora insieme ai pentastellati, mentre Draghi aveva detto che riteneva impossibile un esecutivo senza il partito di maggioranza in Parlamento. La proposta che viene dal Pd è allora quella di riportare a bordo solo una parte di grillini, staccando i governisti dall’ala di Conte. Di certo Draghi non si accontenterà di una maggioranza raccogliticcia, consapevole che per affrontare le complesse sfide dei prossimi mesi servirà una fiducia forte. Che al momento il banchiere non vede all’orizzonte.
Anche in caso di dimissioni, il premier dovrebbe rimanere in sella per gli affari correnti. Mentre la data probabile per il voto anticipato sarebbe quella del 2 ottobre. Ma in politica quattro giorni possono essere un’eternità e in queste ore frenetiche chi vuole che “Super Mario” resti a Chigi sta cercando ogni strada per far sì che le “buone ragioni per restare” superino quelle per andarsene.
Una forte mano in tal senso potrebbe arrivare da una chiamata di peso dall’estero. Già sono arrivati d’altronde da Washington e dall’Europa attestati di stima nei confronti di Draghi. Mentre il fatto che la Russia di Putin festeggi per l’eventuale uscita di scena del premier italiano potrebbe non lasciare indifferenti. Al momento dunque l’ipotesi più probabile è che la legislatura sia in bilico e le elezioni più vicine. Ma la sensazione è anche che da qui a mercoledì possa ancora accadere di tutto. Non resta che attendere.