Al via le domande per il decreto Sostegni
A partire da ieri, martedì 30 marzo, i beneficiari del decreto Sostegni possono presentare domanda per chiedere i contributi a fondo perduto previsti dal governo Draghi, che ha approvato la misura da 32 miliari di euro lo scorso 22 marzo. Si tratta della quarta tranche che lo Stato corrisponderà a imprese ed esercizi commerciali in meno di un anno, da quando cioè è stato varato il primo “Decreto Rilancio” a maggio del 2020 (poi ribattezzato “Ristori” e infine, appunto, “Sostegni”) che per la prima volta ha previsto indennizzi per le attività danneggiate dalle chiusure imposte dalle restrizioni anti-Covid.
Il bonus fa parte del risarcimento per le perdite subite nel 2020 e consiste nell’erogazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, di una somma di denaro “a favore di tutti i soggetti che svolgono attività d’impresa, arte o professione e di reddito agrario, titolari di partita Iva residenti o stabiliti nel territorio dello Stato”. Tra le categorie che hanno diritto a fare richiesta dell’indennizzo anche professionisti e titolari di attività che non rientrano nei codici Ateco direttamente colpiti dalle chiusure del Dpcm. Una delle novità della misura approvata dal governo Draghi. Inoltre per la prima volta potranno accedere ai fondi aziende con un fatturato annuo fino a 10 milioni di euro, precedentemente escluse dai Ristori.
Decreto sostegni: si parte già in ritardo
Piegati dal primo lockdown e dalle restrizioni che si sono susseguite nel corso del 2020, molti beneficiari hanno ricevuto l’ultimo bonus – autorizzato dal decreto Ristori bis di novembre 2020 – a fine 2020 o nei primi mesi del 2021: la crisi del Conte II e la formazione del nuovo governo ha comportato infatti un ritardo nell’approvazione della quarta tranche anche se il deficit era già stata autorizzato dal Parlamento.
Come spiega a TPI la Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, gran parte dei versamenti previsti dall’ultimo decreto Ristori e dal decreto di Natale – che però ha indennizzato solo titolari di partite Iva interessati dalle restrizioni imposte nel periodo natalizio – si è conclusa circa 15 giorni fa, e cioè a inizio marzo, quando per molti era già tardi.
Adesso, se l’esecutivo guidato da Mario Draghi rispetterà quanto anticipato nella conferenza stampa tenuta insieme al ministro per il Lavoro Andrea Orlando e dell’Economia Daniele Franco lo scorso 19 marzo, i primi versamenti dovrebbero iniziare tra l’8 e il 10 aprile, sempre seguendo l’ordine con cui saranno inoltrate le richieste (alle 18 di ieri erano già state presentate 230mila domande, con un ritmo di 550 al minuto).
Dopo il ritardo nell’approvazione del decreto, imprenditori, ristoratori o commercianti dovranno quindi aspettare almeno metà aprile per ricevere il risarcimento per le perdite del 2020, mentre quelle legate alle chiusure del 2021 continueranno ad accumularsi.
Decreto sostegni: indennizzi insufficienti
Il ritardo nei versamenti è solo uno dei problemi legato alle misure di indennizzo del governo: ancora più grave è l’entità dei rimborsi, che andranno a coprire in ogni caso solo una piccola percentuale delle perdite. I decreti legge approvati dal governo da maggio a oggi sono stati quattro: il primo, quello di maggio 2020, ha stanziato 6 miliardi di euro; il secondo, di ottobre 2020, 16,4 miliardi; il terzo, approvato a novembre 2020, 1,4 miliardi, mentre il decreto sostegni di marzo 2021 oltre 11 miliardi. Eppure in totale questi coprono in media tra il 10 e il 15 per cento dei danni subiti da una piccola o media impresa a causa delle chiusure.
“Prima del decreto Natale la stima che era stata fatta era che tutti i ristori ottenuti avevano coperto circa il 5 e mezzo per cento delle perdite annue subite”, spiega la Fipe. Considerato che la prossima tranche andrà a risarcire una percentuale che varia tra il 3 e il 4 per cento delle perdite per un locale medio, con l’ultima erogazione i beneficiari avranno ricevuto poco più del 10 per cento di quello che hanno perso nel corso del 2020, e lo riceveranno a primavera inoltrata, se tutto andrà bene.
Il nuovo calcolo del bonus
I rappresentanti del settore esprimono moderata preoccupazione per i nuovi versamenti, perché le modalità dell’ultima misura presuppongono una serie di decreti attuativi che rischiano di allungare ulteriormente i tempi di erogazione. “Prima i contributi di Conte arrivavano abbastanza in fretta dopo la presentazione della domanda, e andavano in automatico dopo il primo Dpcm perché le modalità di calcolo non erano state cambiate, ma venivano replicate di volta in volta”, spiegano ancora da Fipe.
Ora invece tutti i beneficiari dovranno presentare una nuova domanda e fornire nuovi dati, perché gli indennizzi verranno calcolati diversamente, motivo di preoccupazione non solo per i possibili ritardi. Se, infatti, fino al 2020 il contributo corrispondeva alla differenza tra il fatturato di aprile 2020 e quello di aprile 2019, con il Decreto Sostegni sarà considerata la differenza tra i ricavi ottenuti su base annua, calcolato in modo da ottenere l’ammontare medio mensile del fatturato 2020 rispetto a quello del 2019: una novità che potrebbe corrispondere, per alcune attività, a un’ulteriore diminuzione del già risicato indennizzo.
Preoccupazioni per il futuro
Secondo uno studio effettuato dalla Fondazione Consulenti del Lavoro per il Fatto Quotidiano, a soffrire del ricalcolo potrebbero essere soprattutto quelle piccole attività, come bar o ferramenta, che percepiranno meno rispetto a quanto ottenuto con le modalità di indennizzo precedenti, quando il bonus era già insufficiente. La Fondazione ha calcolato che un bar che ad aprile del 2019 ha guadagnato 17mila euro e un anno dopo, nello stesso mese, ha registrato zero ricavi a causa del lockdown, a maggio ha ricevuto 3.400 euro di bonus, pari al 20 per cento del guadagno mensile.
Con il nuovo calcolo, lo stesso bar – che ha registrato un crollo di ricavi annuo del 50 per cento sui 100mila euro guadagnati nel 2019 – riceverà dal dl Sostegni 2.500 euro. Si tratta comunque, in entrambi i casi, di cifre molto piccole e insufficienti a coprire non solo le perdite, ma anche i costi fissi che gli esercenti continuano ad affrontare per restare aperti, dall’affitto alle bollette. A rifiatare però saranno quelle aziende con un fatturato annuo fino a 10 milioni di euro che, a differenza di quanto previsto dai Dl Ristori, per la prima volta potranno accedere alla torta.
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