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    Tempi bui per la stampa italiana: tre direttori di giornale licenziati tra le polemiche nel giro di una settimana

    Alessandro Barbano, Enrico Bellavia e Cristina Silvieri Tagliabue. Credit: AGF / Facebook
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 5 Giu. 2024 alle 11:55

    Sono tempi duri per il giornalismo in Italia. La scarsità di editori puri, i fitti intrecci di potere tra partiti, imprenditoria e mass media e le minacce alla libertà di stampa provenienti da una parte della politica – uniti alla difficoltà di centrare un modello aziendale sostenibile e di qualità nell’era di internet e dei social network  – rendono sempre più faticoso fare informazione in modo integro e approfondito. Ne abbiamo avuto l’ennesima conferma nell’ultima settimana, con i licenziamenti tra le polemiche di tre importanti direttori di giornali.

    Alessandro Barbano, Il Messaggero
    L’ultimo in ordine di tempo a saltare è stato Alessandro Barbano, direttore responsabile del quotidiano romano Il Messaggero, di proprietà del Gruppo Caltagirone (che, insieme all’editoria, ha interessi nei campi immobiliare e finanziario).

    Barbano è stato sollevato dal suo incarico lo scorso lunedì 3 giugno ad appena un mese dal suo insediamento: aveva ricevuto l’incarico lo scorso aprile ed era operativo dal primo maggio. La notizia è stata data ai lettori dal Gruppo Caltagirone con una nota molto stringata in cui non è stata fornita nessuna spiegazione né sono stati formulati i ringraziamenti di rito al direttore uscente.

    Il nuovo direttore è Guido Boffo, a lungo vicedirettore, che sarà affiancato dall’ex direttore Massimo Martinelli in qualità di direttore editoriale e da Barbara Jerkov come vicedirettrice vicaria.

    Barbano ha spiegato personalmente alla redazione che i motivi del siluramento gli sono stati illustrati dall’amministratrice delegata de Il Messaggero Azzurra Caltagirone: gli sarebbe stato rimproverato di aver fatto scrivere alcuni collaboratori senza formalizzare gli incarichi con la proprietà e di far parte di alcuni consigli di amministrazione. Barbano, peraltro, sostiene che i collaboratori in questione fossero stati scelti prima del suo arrivo e puntualizza di non far parte di alcun cda, ma solo di qualche comitato di indirizzo pro bono, come in quello del Teatro San Carlo di Napoli.

    Da alcuni organi di stampa è stato ipotizzato che dietro alla cacciata ci siano in realtà ragioni di carattere politico. Alla famiglia Caltagirone non sarebbe piaciuto l’editoriale di Barbano del 3 giugno, in cui il direttore prendeva la difese del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, attaccato il giorno prima dalla Lega. Un’altra ipotesi è che la revoca dell’incarico sia stata decisa dopo che Barbano ha rifiutato di fare un’intervista alla premier Giorgia Meloni con domande anticipate per iscritto, ricostruzione – quest’ultima – che però lo stesso giornalista ha espressamente smentito.

    Prima di essere chiamato a Il Messaggero, Alessandro Barbano, 62 anni, leccese, era stato direttore per poche settimane anche a Il Riformista, dove era stato in carica da marzo a maggio 2024.

    Già nel 2018 il giornalista era stato licenziato dal Gruppo Caltagirone: all’epoca era direttore di un altro giornale di proprietà della potente famiglia romana, il quotidiano napoletano Il Mattino. Anche in quel caso i motivi della destituzione non furono chiariti e ci fu chi congetturò che il direttore fosse stato mandato via per la sua ostilità al Movimento 5 Stelle che stava formando un nuovo governo insieme alla Lega.

    Enrico Bellavia, L’Espresso
    Il 30 maggio Enrico Bellavia è stato sollevato dall’incarico di direttore del settimanale L’Espresso, di proprietà del Gruppo petrolifero Ludoil Energy della famiglia Ammaturo. Bellavia era in carica da cinque mesi: l’editore lo aveva nominato a gennaio, poche settimane dopo aver acquisto il controllo del giornale.

    In una nota, la proprietà lo ha ringraziato “per il lavoro svolto in un momento così importante di rilancio della storia de L’Espresso“. Bellavia, 59 anni, palermitano, in passato aveva a lungo lavorato per il quotidiano La Repubblica.

    Al suo posto a L’Espresso è stato chiamato Emilio Carelli, già vicedirettore del Tg5 e direttore di TgCom, fondatore ed ex direttore di Sky Tg 24, nonché ex parlamentare del M5S. La sua nomina, spiega l’editore, “rientra nel disegno strategico del Gruppo di posizionare L’Espresso sempre più all’insegna di un giornalismo di approfondimento di stampo anglosassone”.

    Ma l’avvicendamento è stato mal digerito dalla redazione del settimanale, che negli ultimi due anni – da quando cioè è stato venduto dal Gruppo Gedi – ha già dovuto assorbire vari cambiamenti di assetto sul piano sia aziendale sia giornalistico.

    Il Comitato di redazione de L’Espresso ha proclamato cinque giorni di sciopero a partire dal 31 maggio. “L’Espresso – si legge nella nota dei giornalisti – cambia il terzo direttore in meno di un anno. Un fatto grave perché dovuto all’ennesimo tentativo di intromissione dell’azienda sul contenuto degli articoli: tentativo a cui il direttore uscente Enrico Bellavia si è opposto garantendo la storia e la tradizione del nostro giornale. Il numero in edicola venerdì, per merito del lavoro della redazione e del direttore che ringraziamo, rappresenta il nostro modo di fare giornalismo. Una pratica che rischia di essere compromessa”.

    Cristina Sivieri Tagliabue, La Svolta
    Il 29 maggio Cristina Sivieri Tagliabue è stata licenziata “per giusta causa” dalla direzione del giornale online La Svolta, testata particolarmente attenta ai temi dell’ambiente e dei diritti, il cui editore è Piero Colucci, imprenditore campano che opera nel settore dei rifiuti.

    Silvieri Tagliabue, 51 anni, in passato giornalista all’Ansa, al Sole 24 Ore e a La Repubblica, è una “pioniera” di nuove iniziative editoriale ed è stata tra i fondatori de La Svolta.

    L’editore del giornale l’ha prima sospesa e poi silurata per aver pubblicato una breve nota, a firma della redazione, in cui si informavano i lettori del fatto che Colucci – che è anche direttore editoriale – è coinvolto nell’inchiesta per corruzione della Procura di Genova che ha investito anche il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Colucci, nello specifico, è indagato per alcuni finanziamenti elargiti al governatore.

    Nella nota ai lettori, la redazione de La Svolta si augurava che ogni fatto venga chiarito. Il comunicato, però, non è stato gradito dall’editore, che ha deciso di licenziare la direttrice.

    Dal momento della cacciata di Silvieri Tagliabue l’attività della testata è stata inoltre sospesa. “Il giornale sta vivendo un momento critico che ci costringe a limitare, finanche a sospendere, le pubblicazioni dei nostri usuali contributi informativi”, si legge in un messaggio pubblicato sulla homepage. “Non abbiamo voluto fare un giornale basato sul gossip e sul sensazionalismo, né accarezzare interessi economici di parte, e tali scelte non ci hanno ancora portato a trovare un sufficiente equilibrio finanziario dell’iniziativa”.

    L’ormai ex direttrice ha incassato la solidarietà ufficiale dell’Ordine dei Giornalisti, della Federazione Nazionale della Stampa, del sindacato Usigrai e dell’associazione Giulia Giornaliste. In un comunicato congiunto, le quattro organizzazioni parlano di “provvedimento disciplinare inaccettabile, nei confronti di una giornalista e direttrice che ha fatto il suo dovere: informare i lettori su una situazione peraltro già pubblica da giorni”.

    “Questa vicenda – si legge ancora nella nota – ha permesso anche di far emergere il gravissimo vuoto contrattuale nella testata, dove non esistono rapporti di lavoro dipendente, a parte quello della direttrice licenziata e quindi la totale assenza di una copertura sindacale”.

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