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    Elisabetta Gualmini a TPI: “Per la prima volta l’Ue interviene su un sistema dominato da algoritmi e I.A. a tutela dei lavoratori delle piattaforme digitali”

    Di Maurizio Tarantino
    Pubblicato il 19 Mar. 2024 alle 17:42 Aggiornato il 19 Mar. 2024 alle 18:28

    In un momento decisivo per il futuro del lavoro da piattaforma, il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva che si preannuncia come una pietra miliare nella legislazione mondiale, grazie all’impulso di Nicholas Schmit, candidato di punta dei Socialisti e democratici alle prossime elezioni europee. Questa direttiva mira a regolamentare un settore fino ad ora lasciato a se stesso, quello della gig economy, che conta circa 30 milioni di lavoratori in Europa, con una stima di almeno 5,5 milioni di falsi lavoratori autonomi. Dopo la direttiva sul salario minimo, l’Ue interviene con determinazione per disciplinare il mondo del precariato, spesso lasciato all’anarcocapitalismo, indicando delle linee guida forti verso i governi nazionali che avranno due anni per recepire quanto indicato nella direttiva.

    Elisabetta Gualmini, Relatrice per il Gruppo dei Socialisti e democratici su questa tematica, ha condiviso con noi le sue riflessioni su questo importante traguardo.

    Questa direttiva è stata definita uno statuto dei lavoratori da piattaforma. È d’accordo con questa definizione?

    “Sì, questa direttiva rappresenta un vero e proprio statuto per i lavoratori delle piattaforme digitali. Per la prima volta, l’Unione Europea ha deciso di intervenire su un sistema di lavoro dominato da algoritmi e intelligenza artificiale, cercando di obbligare i Paesi membri a implementare legislazioni forti e garantire una tutela efficace a categorie di lavoratori tra i più vulnerabili al mondo. Pensiamo ai rider ad esempio.”

    Durante l’iter di approvazione, avete incontrato resistenze?

    “L’iter non è stato semplice. È stato un percorso complesso, che ha richiesto di mediare tra le diverse posizioni all’interno del Parlamento Europeo, dei sindacati e dei governi nazionali, oltre a contrastare l’intensa attività di lobbying delle multinazionali del delivery. In particolare, all’inizio abbiamo incontrato l’opposizione di alcuni governi, tra cui Germania, Francia, Grecia ed Estonia, opposizione che ha trovato terreno fertile soprattutto nelle ali liberali dei loro parlamenti. Questi tentativi di influenzare la legislazione da parte delle piattaforme, che hanno cercato in molti modi di organizzare incontri bilaterali con i legislatori, sono stati spesso deviati verso sessioni collettive, dove sindacati e altri attori sociali hanno avuto la possibilità di partecipare attivamente al dibattito. Nonostante ciò, siamo riusciti a superare queste resistenze, grazie anche al cambiamento di posizione di alcuni Paesi chiave che hanno riconosciuto l’importanza di una regolamentazione equa e trasparente per questo settore”.

    Quali sono i punti chiave di questa direttiva?

    “Il principio fondamentale è l’obbligo per gli Stati nazionali di inserire la presunzione del vincolo di subordinazione nelle loro norme nazionali. Significa che se il lavoratore è completamente dipendente dall’algoritmo per l’organizzazione del suo lavoro, non può essere considerato un lavoratore autonomo nel pieno della sua libertà d’azione. Deve essere riclassificato e deve godere delle tutele sociali corrispondenti. Questo meccanismo è cruciale per affrontare il problema dei falsi lavoratori autonomi, 5,5 milioni in Europa. La riclassificazione da lavoratore autonomo a lavoro dipendente non sarà automatica, ma dipende dalle oggettive condizioni di lavoro. Nel caso, però, in cui le istituzioni, le parti sociali, o i singoli, richiedano la riclassificazione di uno o di un gruppo di lavoratori, il passaggio da lavoro autonomo a lavoro dipendente sarà automatico, a meno che le piattaforme dimostrino il contrario. Questo passaggio normativo è di fondamentale importanza perché permetterà a molti lavoratori, attualmente inquadrati come autonomi in maniera totalmente fittizia e sottoposti a una contrattazione spesso evanescente, di poter usufruire facilmente dei diritti spettanti ai lavoratori dipendenti: ferie, malattia, pause, tutela sindacale, ecc”.

    Ma a decidere saranno sempre gli algoritmi giusto? 

    “La questione degli algoritmi è stata centrale da subito. Teniamo conto che oggi gli algoritmi spesso vengono sviluppati e successivamente governati dall’intelligenza artificiale. La prima e sostanziale richiesta è stata quella di una supervisione umana su tutte le decisioni più importanti della vita lavorativa del lavoratore. Poi, rendiamo gli algoritmi soggetti a contrattazione collettiva. Vi sarà l’obbligo a che l’algoritmo venga messo a conoscenza del lavoratore e che il lavoratore, organizzato in rappresentanza, possa contrattarne il contenuto e l’architettura decisionale. È un passaggio molto importante perché starà ai governi locali favorire una contrattazione collettiva in grado di intervenire sulle regole. Teniamo conto che l’algoritmo oggi è in grado di decidere quando sospendere un lavoratore perché è ritenuto poco produttivo. In futuro potrà invece decidere quando il lavoratore è obbligato a fare una pausa per evitare che possano esserci incidenti sul lavoro; potrà adottare misure antidiscriminatorie; insomma potrà essere a beneficio del lavoratore. La tecnologia non è per forza un male; se usata bene può portare grandi risultati”.

    Ma non sarà troppo per lavoratori fragili e ricattabili come i riders o come l lavoratori che non hanno dalla loro alcuna leva contrattuale? Non crede che continueranno ad essere vittime per paura di ritorsione?

    “La direttiva prevede misure per proteggere i diritti dei lavoratori, compreso il diritto di fare reclami senza subire conseguenze negative, come il licenziamento. Inoltre, rafforza la possibilità di accedere a informazioni che possono servire come prova, richiedendo alle piattaforme di condividere dati rilevanti quando le autorità lo chiedono. Viene facilitata l’azione legale a favore dei lavoratori delle piattaforme, seguendo le leggi nazionali, e si richiede alle piattaforme di mettere a disposizione canali di comunicazione sicuri per i loro lavoratori e rappresentanti. La direttiva incoraggia anche la cooperazione tra le autorità nazionali e tra diversi Paesi membri per far sì che venga applicata efficacemente, specialmente in riferimento all’uso di sistemi automatizzati. Infine, impone agli Stati membri di stabilire sanzioni serie per chi non rispetta le regole, soprattutto se non si aderisce a decisioni legali che cambiano lo status dei lavoratori”.

    È stata la prima volta che una regolamentazione di questo tipo è stata introdotta a livello mondiale?

    “Sì, questa direttiva segna un primato per l’Europa, che si conferma pioniera nella regolamentazione degli algoritmi nel mercato del lavoro a livello mondiale. È un passo importante che dimostra l’importanza dell’Unione Europea su questioni fondamentali, come i diritti del lavoro e la regolamentazione dell’economia digitale”.

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