“Seghe”, “labbrata”, “bischeri”. Una inchiesta che parla in fiorentino. “Roba da seghe”, dice Matteo Renzi per commentare il suo sospirato volo in America su invito della fondazione Kennedy. In tutta Italia significa una cosa da sfigati. Nel suo toscano invece significa una esperienza da urlo. Se c’è un protagonista invisibile nella lingua che il Giglio magico consegna alla storia è il dialetto. E con i lemmi e le costruzioni del “toscano rignanese” di Open la politica archivia il romanesco andreottiano (quello del celeberrimo “A’ fra che te serve” di Franco Evangelisti). Dimentica il ricucciano (nel senso di Stefano Ricucci) del “fare i froci con i buci di culo degli altri” o dei Furbetti del quartierino. Tra gli uomini di Open, ovviamente, impera il fiorentino renziano. E così è tutto un coro di verbi impersonali (“Con Buzzi s’è fatto!”, scrive ad esempio Bianchi a Lotti, parlando di soldi da restituire). Mentre il portavoce di Renzi Marco Agnoletti spiega a Patrizio Donnini (facendo impazzire chi trascrive il testo): “Se l’he lí tu gli devi lehhare il culo!”. Dolce stil novo.
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