“Sarebbe opportuno che il sottosegretario Armando Siri si dimetta”. È laconico il commento di Luigi Di Maio, leader del Movimento Cinque Stelle e vicepremier, alla notizia dell’indagine per corruzione a carico del sottosegretario leghista ai Trasporti.
“Gli auguro di risultare innocente – ha continuato il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico – e siamo pronti a riaccoglierlo nel governo quando la sua posizione sarà chiarita”.
“Non so se Salvini sia d’accordo – ha concluso Di Maio – con questa mia linea intransigente, ma è mio dovere tutelare il governo e l’integrità delle istituzioni. Un sottosegretario indagato per fatti legati alla mafia è un fatto grave. Non è più una questione tecnica giuridica, ma morale e politica. Va bene rispettare i tre gradi di giudizio, ma qui la questione è morale. Ma se i fatti dovessero essere questi, è chiaro che Siri dovrebbe dimettersi”.
Poco dopo è arrivata la secca replica del segretario della Lega, Matteo Salvini, che ha sottolineato la sua “piena fiducia” nei confronti di Siri.
La posizione di Siri, consigliere economico del ministro dell’Interno e firmatario della proposta di legge per l’introduzione della Flat tax, rischia dunque di alimentare lo scontro in seno alla maggioranza.
Non è un mistero che nelle ultime settimane ci siano stati moltissimi scontri in seno al governo giallo-verde, sui temi più disparati. Dalla politica estera, con il caos in Libia e la conseguente questione dei migranti in arrivo in Italia, fino agli aspetti economici, come la discussione sul Def e sulla flat tax.
Adesso l’inchiesta delle procure di Roma e Palermo su Armando Siri rischia dunque di alimentare un rapporto che sembra essere ai minimi storici.
Extraterrestri e carboni ardenti: il passato alchimista del leghista Siri, indagato per corruzione