Dopo aver invocato a piena voce l’impeachment per il presidente della Repubblica, reo di essersi opposto alla nomina di Paolo Savona al ministero dell’Economia, Luigi Di Maio ha fatto inversione a U.
Nella serata di martedì 29 maggio il capo politico del M5s ha riaperto il dialogo con Mattarella: “L’impeachment non è più sul tavolo”, ha detto. Poco dopo, ha rilanciato sul governo con la Lega: “Una maggioranza c’è in Parlamento, fatelo partire quel governo, che ha già un programma chiaro”.
Del resto era apparso evidente anche nei giorni scorsi: chi bramava la formazione di un esecutivo gialloverde era proprio Di Maio. Per Salvini, in fondo, tornare a votare era una buona prospettiva, con i sondaggi che danno la Lega in fortissima crescita, a soli due punti percentuali dai pentastellati.
In molti hanno ipotizzato che sia stato lo stesso Salvini, con una manovra furbesca, a simulare la volontà di formare un governo con il M5s per poi far saltare tutto. Perché, altrimenti, intestardirsi così tanto su Savona, quando sarebbe bastato assecondare Mattarella e indicare il suo fedelissimo Giorgetti al Tesoro per far partire tutto?
Ora però, con il rilancio di Di Maio, la palla passa proprio al leader della Lega. Si tirerà indietro, confermando i sospetti di chi pensa che non abbia mai avuto la reale intenzione di governare, o appoggerà Di Maio in questo secondo tentativo?
In queste ore le ipotesi si rincorrono: se il governo M5s-Lega alla fine dovesse veramente farsi, il presidente del Consiglio potrebbe essere Conte, ma si fa il nome anche dello stesso Salvini.
Ovviamente, però, bisognerà prima attendere le decisioni di Mattarella, che stamattina ha ricevuto Carlo Cottarelli per un colloquio informale. Con nessun partito disposto a votargli la fiducia, è probabile che lo stesso Cottarelli preferisca temporeggiare e vedere se può partire un governo politico tra i partiti usciti vincitori dalle ultime elezioni.
Difficile che Mattarella, in questa situazione, possa rifiutarsi di ascoltare quanto detto da Di Maio e proseguire comunque col governo tecnico.
Ieri sera, tra l’altro anche Giorgia Meloni ha detto che Fratelli d’Italia è pronto ad appoggiare un esecutivo Lega-M5s.
Se non si dovesse trovare la quadra per un governo politico, e dovesse essere confermato l’incarico a Cottarelli (qui la lista dei suoi probabili ministri), a quest’ultimo, senza la fiducia del parlamento, non resterebbe che traghettare il paese verso nuove elezioni.
Se però, nel suo discorso al Quirinale dopo il conferimento dell’incarico, Cottarelli aveva parlato di voto a settembre, ieri i grandi partiti sono invece sembrati compatti nella richiesta di urne a luglio.
La data più probabile, al momento sembra quella del 29 luglio.
Per tornare alle urne in quella data sarebbe tuttavia necessario che le Camere venissero sciolte già venerdì 1 giugno, altrimenti i tempi tecnici sarebbero troppo stretti per rispettare il timing stabilito dalla legge.
A chiedere pubblicamente il ritorno alle urne a fine luglio è stato il Pd. Sia Lorenzo Guerini che Andrea Orlando hanno parlato esplicitamente della necessità che le forze politiche tutte insieme, assumendosi la responsabilità del momento delicato che si sta attraversando, chiedano di fissare le elezioni prima delle ferie di agosto.
“Per me va bene se si vota il prima possibile”, è stata la risposta di Luigi Di Maio. Che però, in serata, ha cambiato idea, e che ora sta aspettando di capire quali siano le reali intenzioni di Salvini.
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