Tra un viaggio in Iran e un corso di falegnameria a Viterbo, riecco Alessandro Di Battista, più in forma che mai, a proporre ai lettori del Fatto Quotidiano la chimera di una sorta di “patto d’acciaio” tra l’Italia e la Repubblica Popolare Cinese. “Ci spingeranno a indebitarci per poi passare all’incasso, ma abbiamo delle carte da giocare. In primis il fatto che senza l’Italia la Ue si scioglierebbe come neve al sole. Poi un rapporto privilegiato con Pechino che, piaccia o non piaccia, è anche merito del lavoro di Di Maio”, spiega l’attivista del Movimento 5 Stelle nel suo intervento. Insomma, se questa UE non ci piace, potremo sempre contare su Pechino, perché la Cina – scrive Di Battista – “vincerà la terza guerra mondiale senza sparare un colpo e l’Italia può mettere sul piatto delle contrattazioni europee tale relazione” (…tutto questo grazie a Di Maio).
L’articolo dell’attivista-travel blogger è un lungo j’accuse all’Europa, definita “una corporazione di rappresentanti del capitalismo finanziario che hanno come obiettivo la disgregazione degli Stati centrali a vantaggio delle privatizzazioni e dell’accentramento di ricchezze in poche mani”. Un’Europa “che ha strangolato la Grecia per depredarla” dove gli Stati del nord punterebbero ad “aumentare i debiti pubblici di tutti i Paesi europei costringendo presto al rientro i Paesi più esposti, a cominciare dall’Italia”. Una guerra a colpi di austerity, spiega ancora Dibba, dove “c’è chi si arricchisce e chi vive tra le macerie, c’è chi fa business e chi conta i morti”.
Non è la prima volta che il più ortodosso dei nipotini di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio irrompe nella scena politica dopo un periodo di silenzio, ma negli ultimi giorni è successo per ben due volte: prima con un lungo post-appello molto critico in cui ha chiesto di bloccare la nomina di Claudio Descalzi all’Eni – attaccando di fatto l’accordo tra Pd e M5S che prevede il congelamento e il rinnovo automatico di alcuni amministratori in carica – e poi con l’articolo anti-Ue e pro-Cina sul giornale diretto da Marco Travaglio. Sotto il primo appello, al momento figurano 29 firme tra cui quelle di alcuni “pezzi grossi” del Movimento come Ignazio Corrao, Giulia Grillo, Barbara Lezzi e Nicola Morra.
Due bombe lanciate sul Governo che hanno messo in subbuglio i Cinque Stelle, spaccando i suoi eletti. Come riporta l’AdnKronos, in queste ore le chat sono bollenti e c’è già chi parla di Dibba’s list: “Si tratta di un metodo che non porterà niente di buono”, commenta il deputato Francesco Berti. “Facciamo la lista dei puri e la lista dei coglioni, Di Battista fa l’opposizione dall’esterno e lo ha sempre fatto da due anni a questa parte”, attacca invece Gabriele Lorenzoni. Durissima Gilda Sportiello: “Esistono sciacalli e sciacalli. Chi come Salvini lo fa a modo suo e chi ogni tanto resuscita per tenere caldo il suo posto al sole”. Amaro il commento di Leonardo Donno: “Siamo fenomeni a darci martellate sulle palle anche in un momento storico come questo”.
Cosa ci sia dietro la Dibba’s list e se la piccola fronda di “ribelli” minerà la tenuta del Governo lo scopriremo solo nei prossimi giorni. Dispiace invece che dal 2013 i pentastellati abbiano smesso di mandare le riunioni in streaming, perché l’assemblea degli eletti in videoconferenza con il capo politico Vito Crimi per fare il punto della situazione, prevista nelle prossime ore, avrebbe decisamente spezzato la monotonia di questa quarantena.