Tra meno di una settimana, il 13 luglio 2021, è in programma in Senato la votazione sul ddl Zan. Il disegno di legge contro l’omotransfobia è stato approvato alla Camera lo scorso novembre con i voti di M5S, Pd, Leu e Italia Viva (che all’epoca costituivano la maggioranza di governo), ma a Palazzo Madama l’esito del voto è incerto. Come a Montecitorio voteranno sicuramente contro Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma anche negli altri partiti stanno emergendo voci di dissenso: si parla di una trentina di possibili franchi tiratori.
Nel Pd, ad esempio, il senatore piemontese Mino Taricco (ex Margherita) ha fatto sapere che non ha ancora deciso come voterà. “Sono convinto che ci sia spazio per un buon lavoro di mediazione sul ddl Zan, è importante farlo per una legge così delicata. Vedrò come comportarmi, ci penserò al momento”, spiega in una intervista al Corriere della Sera.
Taricco è dubbioso su tre punti in particolare. Il primo è l’articolo 1 del disegno di legge, nel quale si definisce l’identità di genere come “la percezione di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione“.
Per il senatore dem – che sottolinea la “dissonanza con recenti sentenze della Corte costituzionale” – si “approfondisce una discussione di natura antropologica, quando questa legge nasce invece per prevenire e sanzionare quegli atti che sono di discriminazione e di violenza legati all’omotransfobia”
“Ci troviamo di fronte a un utilizzo improprio di una sede dove si trattano le definizioni che non sono funzionali alla legge”, osserva Taricco. “Quello che stiamo facendo noi è una legge di natura penale. Questo aspetto di definizione apre, tra l’altro, un tema molto complesso che riguarda il fronte del rapporto uomo-donna”.
Il senatore del Pd non si scompone quando gli si fa notare che le sue obiezioni sono le stesse avanzate dalla Lega: “Sono semplicemente le modifiche di chi ha analizzato seriamente e a fondo questo disegno di legge”, risponde.
Altro nodo, per Taricco, è l’articolo 4 del ddl Zan, che limita la libertà di espressione quando idonea “a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
Questa previsione, secondo il senatore, “ridefinisce i confini di un diritto sancito dalla nostra Carta costituzionale, quello di espressione”. “Mette in correlazione affermazioni di una persona che non sono affermazioni di incitazione alla violenza con un comportamento di terzi”, precisa il parlamentare dem. Che fa un esempio: “Io affermo convinzioni che non sono violente. Poi alla luce delle mie affermazioni qualcuno, per suoi motivi, commette qualcosa di violento. Non posso essere punito io per il comportamento di altri. È inaccettabile”.
Taricco punta il dito, infine, anche contro l’articolo 7 del ddl Zan, quello che istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia: “Riguarda anche bambini molto piccoli – protesta il senatore – lì dove si prevede di divulgare e spiegare le teorie Lgbt nelle scuole”.
Leggi l'articolo originale su TPI.it