Scontro totale sul Ddl Zan. Il Pd non ne vuole sapere di prendere in considerazione modifiche al testo come proposto dalla Lega con il supporto di Italia Viva e Matteo Renzi. Nessun accordo, dunque: il testo finirà in aula così come è stato votato alla Camera. E così si procede verso il voto che si terrà il prossimo 13 luglio a Palazzo Madama, dove però i numeri difficilmente saranno sufficienti.
Il Nazareno, pur di non accettare alcun tipo di modifica al testo, rischia di andare a sbattere. “Se la legge verrà affossata in aula, la colpa è di Enrico Letta”, ha tuonato Matteo Salvini. “Letta insiste” e “si andrà in Parlamento”, ma “se la legge sarà affossata, il nome di chi ha impedito che si arrivasse all’unità è quello di Enrico Letta”.
Queste le parole del Capitano leghista al termine del vertice del centrodestra sulle amministrative, rispondendo a una domanda sul ddl Zan. Al segretario del Pd, dice Salvini, “è stata proposta una mediazione mille volte, anche dai renziani. Noi comunque continueremo ad insistere sul dialogo”. Muro contro muro e fine dei giochi, insomma.
La Lega avevano chiesto quanto segue: “Nel disegno di legge eliminare, ovunque ricorrano, le parole identità di genere”. Cambio voluto anche da Italia Viva, i cui voti potrebbero essere decisivi per l’approvazione finale del testo.
Il vero problema sono i numeri, appunto. Dopo il via libera della Camera, il testo non ha una maggioranza al Senato: i voti sicuri oscillano tra i 130 e i 145, insufficienti per blindare il provvedimento (i no sarebbero almeno 150). Determinanti, come detto, sono i voti di Italia Viva, che alla Camera aveva votato a favore ma che ora chiede correzioni.
Al Nazareno sono in fibrillazione: temono lo “stai sereno” di Renzi, l’ennesimo a Enrico Letta. Ma la preoccupazione più grande è un’altra: che i due Mattei (che vanno sempre più d’amore e d’accordo) stiano facendo le prove generali per la corsa al Quirinale e che il Pd resti totalmente fuori dai giochi e spiazzato.
“La partita del ddl Zan sarà l’antipasto di quello che accadrà nei prossimi mesi per il Colle”, spiega un big dem: Renzi in veste di king marker-guastatore pronto a tessere la tela con il centrodestra e un Partito democratico in balìa degli eventi e con un gravissimo deficit di iniziativa politica.
Sarebbe una Caporetto per chi, come Enrico Letta, fuori dalla porta ha la fila di candidati “quirinabili”, a cominciare dal suo mentore Romano Prodi.
“Si continuano a commettere errori tattici e strategici: bisognava prendere l’iniziativa senza lasciarla in mano ad altri (cioè a Renzi)”, è il refrain. “Per la prima volta nella storia della Repubblica italiana potrebbe essere il centrodestra a dare le carte e a decidere chi salirà al Quirinale”, continuano ancora dal Nazareno.
Uno scenario, per i dem, da scongiurare ad ogni costo. Ecco perché nel Pd le preoccupazioni vanno ben oltre il ddl Zan e si guarda con una certa preoccupazione anche alle elezioni amministrative di ottobre: se il responso delle urne, soprattutto a Roma, dovesse essere sfavorevole, potrebbero essere necessari provvedimenti forti per evitare che un partito indebolito e logorato dagli eventi (e con i Cinque Stelle perennemente in crisi) “regali” la presidenza della Repubblica al centrodestra.
Leggi l'articolo originale su TPI.it