Al momento la soluzione della crisi ancora non c’è: gli argomenti divisivi rimangono tutti sul tappeto, dal Mes alle politiche sul lavoro, la sanità, le infrastrutture e persino il capitolo riforme con i renziani che vorrebbero una bicamerale dedicata, la cui guida potrebbe essere affidata all’opposizione. Insomma, la strada per un nuovo governo Conte è ancora in salita anche se i dem che siedono al tavolo delle trattative a microfoni spenti giurano che si chiuderà proprio sul Conte Ter “entro oggi o al massimo domani”. Sarà.
Intanto, però, monta l’irritazione del Colle per il protrarsi della situazione. La grande paura è che “l’eterno gioco del cerino finisca con i protagonisti che si bruciano le dita”: questo il refrain che circola ai piani altissimi del Quirinale dove la preoccupazione aumenta di ora in ora.
La delusione si taglia con il coltello al Quirinale: “Mattarella aveva chiesto a Fico di fargli sapere entro stasera se c’era la possibilità di incaricare un presidente del consiglio (il quale dovrà svolgere le sue trattative sui ministeri-condiviso dalle forze che hanno già espresso l’intendimento di fare insieme il governo). Se questo non accade, non ci sono proroghe”, avvertono dal Colle. La domanda è molto semplice, spiegano dal Quirinale: Renzi accetta l’incarico a Conte con cui trattare per i ministri? Questo è il lavoro che doveva svolgere Fico. E per rispondere a questa domanda i giorni che gli sono stati concessi sono anche eccessivi.
Il timore è che i partiti, continuando a girare a vuoto di tavolo in tavolo, non producano nessun risultato concreto e “costringano” poi il Colle, a togliere le castagne dal fuoco per tutti. Ancora una volta. Ma se così fosse, stavolta per i partiti non sarebbe indolore: “Non toccheranno più palla e non avranno più alcuna voce in capitolo” spiegano dal Quirinale. Insomma, si scordassero il “potere di veto”.
In ogni caso, poi, la volontà del “capo” (così chiamano confidenzialmente il Presidente i collaboratori più stretti) è quella di prendere una decisione definitiva (qualunque essa sia, dal governo istituzionale o del presidente financo alle eventuali elezioni anticipate) entro la fine di questa settimana. Non un giorno di più. La deadline è fissata.
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