Ieri, 23 luglio 2020, i tre giudici amministrativi del Tar del Lazio hanno emesso la sentenza che impone alla presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della protezione civile di rendere pubblici i verbali del Comitato tecnico scientifico (Cts) in base a cui sono state prese tutte le decisioni più importanti per affrontare l’emergenza Coronavirus. Il Tar ha infatti accolto il ricorso presentato dai giuristi della Fondazione Einaudi avverso il diniego di accesso agli atti, opposto dal Governo sui verbali del comitato tecnico scientifico, posti a base dei Dpcm emessi durante il lockdown, di cui avevano chiesto copia. Erano stati gli avvocati della Fondazione (Todero, Pruiti, Ciarello e Palumbo) a domandare che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte rendesse disponibili i verbali del comitato tecnico scientifico
I verbali che contengono quelle valutazioni, nonostante siano riportate in tutti i Dpcm come motivazione e giustificazione di quegli atti, non sono mai stati pubblicati dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Già mesi fa TPI aveva richiesto l’accesso ai documenti del Comitato tecnico scientifico, il cui interesse pubblico al fine di comprendere la più grave pandemia dell’ultimo secolo è sempre stato fuori discussione. Tra questi atti ci sono anche quelli relativi alla settimana che va dal 1 marzo all’8 marzo, periodo cruciale per la mancata chiusura dei due comuni della Bergamasca Alzano Lombardo e Nembro, diventati poi il peggiore focolaio d’Europa, su cui noi di TPI abbiamo pubblicato un’inchiesta in più parti. Tra quelle pagine c’è la nota dell’Istituto Superiore di Sanità in cui si chiedeva l’isolamento della Val Seriana già il 2 marzo e anche le ragioni del CTS per cui quest’ultima è stata ignorata. Nei mesi di lockdown, in diverse conferenze stampa della Protezione civile, TPI ha chiesto più volte spiegazioni sulla mancata pubblicazione di quei verbali e raccolto le versioni contrastanti del ministero della Salute e della Protezione Civile.
“Fin dall’inizio abbiamo criticato la scelta dello strumento adottato dal premier per poter incidere nella realtà con provvedimenti rapidi, uno strumento che toglieva podestà al Parlamento e che accentrava tutti i poteri in capo al presidente del Consiglio dei ministri, in modo del tutto scevro da qualsiasi controllo istituzionale. Atti di fonte normativa di carattere secondario sono strumenti opachi, non consentono controllo né politico né giuridico”, lo spiega a noi di TPI l’avvocato Andrea Pruiti di Fondazione Einaudi che ha partecipato al ricorso.
“Ci siamo chiesti, per comprendere se la visione del presidente del Consiglio durante l’emergenza sia stata adeguata, eccessiva, tempestiva piuttosto che ritardata, quali sono gli atti e quali erano le informazioni di cui si è avvalso per adottare quelle decisioni in quel momento? Questi atti sono i verbali del comitato tecnico scientifico che ha il compito di presentare al premier, al ministro della Salute, al capo della protezione civile la situazione oggettiva. Questi atti sono pur citati nelle motivazioni del dpcm, abbiamo fatto richiesta di averli in copia e ci è stato posto un diniego, un diniego che non stava in piedi e che noi abbiamo impugnato davanti al Tar”, prosegue Pruiti.
“L’impugnazione da noi fatta ha dato origine alla sentenza del Tar, che è una sentenza molto ampia perché non solo ci dà ragione, ma riconosce anche l’opacità dell’atteggiamento adottato dell’amministrazione. A livello giuridico ci sono 30 giorni che decorrono dal momento della notifica della sentenza per impugnarla. Notifica che abbiamo fatto il giorno stesso della pubblicazione. Il termine dei 30 giorni non è perentorio, è il termine ultimo. Teoricamente il governo potrebbe darci subito quegli atti, se volesse essere realmente trasparente. C’è una pronuncia che ci riconosce un diritto ad averli. Io auspico che il governo adempia spontaneamente a questo obbligo, sia per un discorso di etica giuridica che di merito politico. Se così non fosse, evidentemente sarebbe come confermare a tutti gli italiani che non c’è la volontà politica di renderli edotti di tutte le motivazioni. Non c’è la volontà di informarli”.
Pruiti spiega anche cosa avverrebbe nel caso in cui il governo non procedesse con la consegna degli atti: “A quel punto dovremmo fare un ulteriore passaggio e chiedere al Tar la nomina di un commissario ad Acta che si sostituisca al soggetto legittimato passivo e ci dia questi verbali. Non abbiamo interesse specifico personale, noi abbiamo fatto una battaglia di principio per i cittadini italiani. Per la trasparenza. Gli italiani devono essere informati sulle vere cause della limitazione dei diritti fondamentali avuti durante il Covid. La battaglia condotta è ideale fatta a beneficio di tutti gli italiani, avremmo preferito che a farla fossero stati i parlamentari, l’opposizione, tutte le forze che si richiamano ai principi liberali. A parole ce ne sono molte di forze politiche che si chiamano liberali, ma nei fatti tutti hanno accettato supinamente questa situazione. Per questo abbiamo deciso di agire personalmente”, conclude.