Il nuovo governo Draghi è diviso sulla linea da tenere rispetto alla gestione della pandemia. Da una parte Lega, Forza Italia e Italia Viva (e Fratelli d’Italia dagli scranni dell’opposizione) che hanno una posizione aperturista, dall’altra invece il ministro appena riconfermato Roberto Speranza che guida la parte della prudenza. I dati, bisogna dirlo, sono tutt’altro che rassicuranti: l’Iss colloca la diffusione della variante inglese al 17,8 per cento.
“Non si può allentare”
“Non possiamo allentare le misure. E vanno quantomeno conservate le attuali”, sostiene Speranza, facendo eco al premier Draghi, che è un rigorista e rimane della sua idee anche se Matteo Salvini sta postando da giorni foto con lo slogan #ioapro sulla maglietta.
Le restrizioni che si stanno attuando in questi giorni vanno nella direzione delle zone rosse territoriali e mirate: anche i governatori di centrodestra contattano il governo per trattare nuove restrizioni: Brescia, la Bassa Bergamasca, Ventimiglia, alcuni comuni in provincia di Ancona, senza dimenticare territori di Umbria, Abruzzo e la chiusura totale di Bolzano.
Le posizioni
Forza Italia e Lega attaccano l’esposizione mediatica del Cts e insistono per ridimensionarlo, “serve che parli una voce sola”. Matteo Renzi imbocca la sua ministra, Elena Bonetti, e le fa dire: “L’unica strada per uscire dal tunnel sono i vaccini, il resto è chiacchiera”. Giancarlo Giorgetti e Maria Stella Gelmini chiedono misure di ristoro immediate, anche quando i blocchi vengono decisi dalle Regioni. Dario Franceschini, che chiede di valutare il prima possibile la riapertura di teatri e cinema. Ma sia per lo spettacolo, che per la ristorazione, la risposta è univoca: No.
Il nuovo Dpcm
In tutto questo, anche Draghi è bloccato. Ha dato il via libera al prolungamento dello stop dei movimenti regionali, ma ancora non affronta il nodo del Dpcm che scade il 5 marzo. In quell’occasione il sistema dei colori delle Regione potrebbe scomparire, lasciando il posto a un’omogenea stretta a livello nazionale.
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