I medici della Lombardia accusano Fontana
La Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia ha inviato una lettera al governatore Attilio Fontana, all’assessore al Welfare Giulio Gallera e ai direttore delle aziende sanitarie per mettere in evidenza i presunti errori commessi dalla Regione nella gestione dell’emergenza Coronavirus, che avrebbero contribuito a rendere la Lombardia, e in particolare la zona della bergamasca, il principale focolaio di contagio dell’epidemia in Italia. Come certificato dai dati Istat riportati da TPI in un’analisi, a Nembro, in provincia di Bergamo, nei primi 21 giorni di marzo si è registrato il 1000 per cento in più di morti rispetto al 2019. Nella vicina Alzano Lombardo si è arrivati a +1022 per cento. Il picco massimo si è raggiunto nel piccolo comune di San Pellegrino Terme, con un incremento del 2000 per cento. È una mortalità dell’1 per cento dell’intera popolazione di quei comuni, più alta di quella riscontrata a Wuhan, in Cina, e più alta che in qualsiasi altra parte del mondo.
La Federazione dei Medici “riunita in data 05/04/2020”, si legge nella lettera, “ha preso in esame la situazione relativa all’epidemia da COVID19 in corso” e ha ritenuto necessario elencare i “7 errori” commessi dall’amministrazione regionale perché ritiene che “può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi”. Gli errori imputati all’amministrazione riguardano la gestione del territorio, l’inadeguata protezione degli operatori sanitari, l’approssimazione nella mappatura del contagio dovuta in parte alla scelta di limitare il numero di tamponi e anche l’indecisione nella chiusura delle zone focolaio, come noi di TPI abbiamo svelato nell’inchiesta sulla mancata istituzione di una Zona Rossa, e conseguente chiusura, dei comuni di Alzano Lombardo e Nembro. La decisione di non dichiarare una Zona Rossa, che era stata fortemente raccomandata da una nota dell’Istituto superiore di sanità (ISS) già lo scorso due marzo (nota che noi di TPI abbiamo reso pubblica in esclusiva), ha causato un incremento considerevole di decessi in quel territorio, incrementati secondo l’Istat fino al 2.000 per cento proprio in concomitanza della mancata chiusura.
Gli errori messi in evidenza nella lettera inviata dalla Federazione degli Ordini dei Medici della Lombardia al governatore Fontana sono i seguenti:
“1) La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia dovuta alla decisione di eseguire i tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti.
2) L’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio. 3) La gestione confusa della realtà delle Rsa e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese). 4) La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.
5) La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti) 6) La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio. 7) Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero”.
Il punto due relativo all'”incertezza nella chiusura di alcune zone a rischio”, è stato oggetto di un rimpallo di responsabilità tra la Regione e il governo, con la prima che – in particolare attraverso le parole dell’Assessore al Welfare Giulio Gallera – accusava il secondo di aver ignorato la nota dell’Iss emersa attraverso l’inchiesta di TPI e non aver dunque provveduto alla chiusura tempestiva dei comuni di Alzano Lombardo e Nembro raccomandata dai medici dell’Istituto. Ma in una nota formale di risposta a TPI, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiarito che la Regione Lombardia aveva la facoltà di creare la zona rossa in autonomia.
“Non vi è argomento da parte della Regione Lombardia per muovere contestazioni al Governo nazionale o ad altre Autorità locali. Se la Regione Lombardia ritiene che la creazione di nuove zone rosse andava disposta prima, con riguardo all’intero territorio regionale o a singoli comuni, avrebbe potuto tranquillamente creare zone rosse’, in piena autonomia″, ha scritto Conte a TPI.
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