Giuseppe Conte stavolta l’ha sparata proprio grossa: “Dialogo serrato coi talebani”. L’ex premier ha fatto sapere quello che pensava sull’Afghanistan, dopo giorni di silenzio, e ha fatto arrabbiare non poco Luigi Di Maio. Ma non soltanto lui.
Di Maio, che è anche ministro degli Esteri, aveva già il suo bel da fare per le foto in spiaggia mentre Kabul cadeva. Poi è arrivata l’uscita improvvida del suo nuovo capo partito, uscita che però non è piaciuta a nessuno nei Cinque Stelle, gruppi parlamentari compresi, che per tutta la giornata di ieri si sono chiusi in un “imbarazzatissimo silenzio” come spiegano fonti di primo piano M5S: “C’è stato molto disagio all’interno del Movimento per la presa di posizione di Conte”. E infatti nessuno l’ha rilanciata, nemmeno i fedelissimi dell’ex premier.
Fresco di nomina al vertice dei pentastellati, l’avvocato pugliese ha fatto il passo più lungo della gamba: “Necessità di un serrato dialogo con il nuovo regime talebano, che si è dimostrato abbastanza distensivo”. “Sarebbe come cercare di convincere Dracula a non bere più sangue”, chiosa un membro della maggioranza di governo.
Conte, però, sembra fidarsi dei fondamentalisti islamici, che hanno promesso amnistia per i nemici politici, diritti alle donne e nessuna caccia all’uomo, sebbene la rappresaglia sia già cominciata nel silenzio più assoluto. Ma, oltre a ai suoi gruppi parlamentari, il neo-presidente del M5S con la sua presa di posizione ha infastidito non poco anche il capo del governo Mario Draghi, che, tramite il solito giro di fedelissimi, ha fatto sapere a stretto giro di non aver apprezzato per niente l’uscita contiana, soprattutto nel momento in cui l’Italia sta facendo di tutto per cercare di riannodare i fili della questione afghana con una forte azione internazionale dopo una prima fase di stasi.
“Su questioni di questo tipo non sono ammesse distinzioni di sorta, la maggioranza deve essere unita”, è il refrain. Così, su sollecitazione di Palazzo Chigi ci ha pensato il grillino più ascoltato da super Mario, lo stesso Di Maio, a ribadire la posizione del premier: “È importante agire in maniera coordinata nei confronti dei talebani. Dobbiamo giudicarli dalle loro azioni, non dalle loro parole. Abbiamo a disposizione qualche leva, sia pur limitata, su di loro come l’isolamento dalla comunità internazionale e la prosecuzione dell’assistenza allo sviluppo fornita finora. Dobbiamo mantenere una posizione ferma sul rispetto dei diritti umani e delle libertà, e trasmettere messaggi chiari tutti insieme”. Insomma, con un colpo solo Giuseppe Conte è riuscito a “perdere” il partito e a far irritare Draghi.