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    M5S, Conte dopo l’incontro con Draghi: “Restiamo nel governo ma serve discontinuità”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 6 Lug. 2022 alle 10:46 Aggiornato il 6 Lug. 2022 alle 15:19

    “Ho consegnato a Draghi un documento a nome di tutta la comunità del M5S , in cui sono riassunti le ragioni del disagio accumulato. Siamo disponibili a condividere responsabilità di governo ma occorre un forte segno di discontinuità“, sono le parole con cui Giuseppe Conte ha commentato fuori da Palazzo Chigi l’incontro con Mario Draghi, che si è tenuto nella tarda mattinata di martedì 6 luglio. Per ora il partito sembra intenzionato a restare nel governo, ma a condizione che l’esecutivo dia ascolto alle richieste dei pentastellati, che mirano fondamentalmente ad aiutare famiglie e imprese in vista del caro prezzi. Chiaro anche l’appello lanciato dal leader del Movimento a non mettere in discussione il reddito di cittadinanza.

    “Ieri sono raddoppiati i prezzi dell’elettricità e del gas – ha detto Conte ai giornalisti – un aumento incontrollabile. Serve intervento straordinarie per famiglie e imprese, il bonus una tantum non serve, serve il taglio al cuneo fiscale a beneficio dei lavoratori. Non possiamo continuare con buste paga da meno di otto euro lordi l’ora. Dobbiamo aiutare chi non arriva neanche a metà mese, dobbiamo portare a un piano di rateizzazione straordinaria. Sono alcune delle misure presentate e ovviamente non accettiamo più che il reddito di cittadinanza sia messo in discussione, vogliamo parole chiare anche su questo. Migliaia di imprese sono sull’orlo del fallimento, e tutto questo non lo possiamo permettere. Abbiamo bisogno di risposte chiare e impegni precisi in tempi ragionevoli”, ha aggiunto l’ex premier, chiarendo che Draghi nelle prossime ore valuterà le proposte presentate dal M5S.

    La rigidità con cui il leader del partito aveva parlato ieri del superbonus – misura distintiva del Movimento contenuta nel decreto aiuti – aveva svelato secondo alcuni il desiderio di Conte di cercare un pretesto per sfilarsi dall’esecutivo, da cui una parte del M5S sarebbe stato già pronta a uscire nonostante la resistenza dei cosiddetti governisti, che per giorni hanno cercato di evitare l’irreparabile. Come il capogruppo alla Camera Davide Crippa e il ministro per il Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, a cui si deve lo slittamento dell’incontro tra Conte e Draghi da ieri a oggi: 24 ore necessarie a “sminare il terreno” seminato da chi vorrebbe andare all’opposizione.

    Già nel corso del Consiglio nazionale allargato del M5S che ha preceduto il vertice a due ad avere la meglio era stata la linea governista, ma durante l’incontro era emerso “il disagio politico dell’intera comunità del M5s”. “La permanenza al Governo dipende dalle risposte concrete, nei fatti, che verranno date ai vari punti delle nostre richieste”, avevano dichiarato. In serata ci sarà la congiunta con i gruppi di Camera e Senato.

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